Donne contro il Femminicidio #32: le parole che cambiano il mondo con Palma Gallana
Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile.
Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, varie Donne che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.
Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo. Non sono intervenuta chiedendo ulteriori specificazioni né offrendo un canovaccio.
Alcune hanno scritto molto, raccontando e raccontandosi; altre sono state sintetiche e precise; altre hanno cavalcato la pagina con piglio narrativo, creando un discorso senza soluzione di continuità.
Non tutte hanno espresso opinioni univoche, contribuendo, così, in modo personale alla “ricerca sul campo”, ma tutti si sono dimostrati concordi nell’esigenza di un’educazione sentimentale e di una presa di coscienza in merito a un fenomeno orribile contro le donne, che necessita di un impegno collettivo.
Oggi è il turno per “Donne contro il Femminicidio” di Palma Gallana, insegnante di russo, autrice di vari dizionari e manuali in merito e di un romanzo, “Il prezzo delle ali”, incentrato sulla violenza domestica, i cui proventi sono devoluti alla Onlus SVS Donna Aiuta Donna, associazione di avvocati che supporta il centro antiviolenza di Milano.
A seguire, il suo intervento.
Femmina
“La lingua è un’arma potente, prerogativa dell’essere umano, con il quale vive simbioticamente una relazione di dare e avere. La parola nasce su richiesta dell’uomo, all’insorgere di una specifica esigenza, ma nel momento stesso in cui nasce acquista un’esistenza propria e un potere causativo. Le parole sono esseri viventi, si modificano, si moltiplicano per scissione o fusione, si evolvono, degenerano, muoiono, spesso risorgono, ma soprattutto agiscono, partecipano attivamente alla costruzione del mondo, alla nostra evoluzione, alla nostra storia. Veicolano mentalità, talvolta le impongono. Oppure sopravvivono sotto forma di estrema fogliolina, che dell’albero originario ha perso tutto, dalle radici in su. Per me, che da sempre mi occupo di lingue, è un vero piacere commentare le parole proposte. Partiamo da Femmina: è un termine primordiale che esprime un concetto primordiale, circoscritto alla sessualità, è il gamete ovocita, portatore di X, nel quale è racchiuso molto, ma dal quale è tagliato fuori tanto. In femmina manca la connotazione «essere umano» che appartiene invece a «donna», e ciò costituisce un’arma a doppio taglio. Con valenza positiva, «femmina» valorizza tutte quelle prerogative legate al sesso femminile (colei che detiene la natività, che accudisce la prole, la longa manus di madre natura), mentre nella sua valenza negativa, connota la persona limitatamente a quelle prerogative. Pertanto la femmina diventa l’essere che ha attributi sessuali evidenti e prorompenti, sempre in calore per attirare il maschio nella sua maglia e farsi inseminare. Nella mezza via, «femmina» si riduce a strumento linguistico funzionale atto a definire il contrario di «maschio».
Femminismo
La parola Femminismo, come tutti gli –ismi, ha un retrogusto di ribellione ma anche di polemica, perché non ci può essere rottura senza polemica. Occorre prendere atto di questo aspetto quando si valuta il movimento femminista per apprezzarne la reale portata. Della medaglia, non amo il lato estremista, fanatico, parossista. Tuttavia, senza femminismo non esisterebbero le donne di oggi: autonome, autosufficienti, libere di scegliere e di vivere come loro meglio aggrada. Perché questo è quello che va riconosciuto alla donna, così come all’uomo: la libertà di esistere senza dover essere ingabbiati in schemi e ruoli preconfezionati. Pur con tutte le difficoltà, sempre lottando contro pregiudizi e preconcetti, oggi la donna, se vuole, può essere artefice del proprio destino, grazie al potenziale che la rende speciale in quanto diversa dall’uomo, proprio perché non è uomo. Questo è il punto di forza della donna, che non deve pertanto aspirare a uguagliare l’uomo, tutt’altro, deve marcare ancora più energicamente la propria unicità. In un mondo che, lo diciamo spesso, è governato dagli uomini, la donna può ristabilire l’ago della bilancia portando avanti i propri progetti, le proprie imprese, le proprie realizzazioni con il marchio made by woman. Questo è l’approccio costruttivo che va oltre la competizione.
Il sostantivo Femminicidio l’abbiamo dovuto inventare, perché non esisteva parola in grado di definire l’omicidio di una donna in quanto donna. L’omicidio è l’uccisone di un essere umano, ma se questo essere umano deve essere necessariamente di sesso femminile, perché ciò costituisce l’elemento primo, e tante volte unico, che lo rende meritevole di morte, allora sì che ci vuole un termine ad hoc. Femminicidio è un neologismo sollecitato dalla bisogna, non ci vedo in esso elemento spregiativo. Orribile, invece, è il fenomeno in sé, l’uccisione di una donna per mano, spesso, di chi dovrebbe amarla o dice di amarla. Il fatto che si dica «femminicidio» e non omicidio (per uguaglianza con gli uomini) dà il giusto peso alla questione, perché sottolinea la componente razzista, misogina e maschilista del crimine perpetrato, non del termine usato.
Educazione sentimentale
L’Educazione sentimentale è la panacea di cui abbiamo estremamente bisogno tutti, maschi e femmine, e che manca nella vita di oggi. Non mi riferisco solamente al rapporto uomo-donna, ma anche a quello genitori-figli, e ai rapporti interpersonali in genere. Se ci prendessimo più cura di noi sotto il profilo sentimentale, le cose andrebbero meglio a livello personale e nella società. La mia generazione è quella che ha preso coscienza della necessità di una cura sentimentale, ma non l’ha saputa gestire. Si è passati, senza esserne preparati, dal matrimonio senza possibilità di interruzione, a quello con soluzione di continuità e il risultato è stato il disastro più totale. Incapaci di tamponare una realtà che fa acqua da ogni parte, corriamo ai ripari da psicologi e psichiatri. A mio avviso solo l’educazione sentimentale può salvarci, e se per la mia generazione i giochi sono in parte fatti, occorre puntare sulle nuove generazioni, sui giovani, sui nostri figli, perché non si trasmettano più modelli sbagliati e devianti, ma si dia loro in mano consapevolezza e capacità di analisi. Occorre educare ad amarsi e ad esigere il rispetto di se stessi, prima di tutto, perché solo in questo modo manterremo il nostro pieno potenziale la nostra salute sentimentale e saremo in grado di amare altri e di dare il meglio di noi. Una donna che permette a un uomo di svuotarla e indebolirla giorno dopo giorno, non solo cronicizza un malessere affettivo, ma perde lucidità e capacità reattive, rimanendo intrappolata in una paralisi spesso senza ritorno. Se Ilaria B., la protagonista del mio romanzo, avesse affrontato a tempo debito un corso di educazione sentimentale, non si sarebbe arresa così facilmente alla violenza psicologica dell’uomo che poco alla volta l’ha incatenata in un rapporto malato, fatto di svilimento e sopraffazione. Non l’avrebbe permesso. Ecco perché auspico che nelle scuole si introduca un percorso su più anni, che formi i ragazzi sulla tematica della relazione sentimentale, perché ne hanno un bisogno estremo. Sembra paradossale, ma la tecnologia avanzata dei giorni nostri anziché proteggerci, ci espone a maggiori minacce. Applicazioni, social, condivisione di contenuti e immagini, tutto ci rende più vulnerabili e facilmente controllabili, pertanto deboli. La gelosia, e di conseguenza il controllo morboso della nostra persona, dei nostri spostamenti, delle nostre attività, vengono fraintesi e interpretati come interessamento nei nostri confronti, addirittura come «amore». Tra gli adolescenti, ma non solo, il fatto che un ragazzo sia geloso e possessivo viene giustificato come legittima conseguenza di un amore esclusivo. Legittimata la gelosia, si passa sopra a tutto il resto, la possessività, il controllo ossessivo, i ricatti morali, la pressione psicologica e in ultimo la violenza, anche fisica. Ritengo che una gestione professionale in ambito scolastico dell’educazione sentimentale, come si è tentato di fare con quella sessuale, al di fuori della famiglia, sia la soluzione migliore, in quanto il messaggio più oggettivo e tecnico che arriva da una istituzione ha un peso specifico diverso ed è scevro di fardelli emotivi propri del contesto familiare.”
Written by Emma Fenu
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Emma ti ringrazio per questa rubrica che seguo ogni mercoledì.
La signora Palma Gallana è stata meravigliosa, ottime riflessioni!
Aspetto con curiosità la nuova intervista.
Grazie.