Genova: la magnificenza dei palazzi dei Rolli tra arte, storia e bellezza

“Le maggiori dimore, varie per forme e distribuzione, erano sorteggiate in liste ufficiali per ospitare le visite di Stato. I palazzi, spesso eretti su suolo declive, articolati in sequenza atrio-cortile-scalone-giardino e ricchi di decorazioni interne, esprimono una singolare identità sociale ed economica che inaugura l’architettura urbana di età moderna in Europa.”

Rolli days

Nel 2006 l’UNESCO dà un importante riconoscimento a Genova: i palazzi situati in Strada Nuova sono Patrimonio dell’umanità. Al capoluogo ligure, viene così assegnata la connotazione di città, non solo di navigatori e mercanti, ma anche di sito custode di valenti opere artistiche, e che ha dato i natali a grandi pittori. Genova, quindi, è uno scrigno colmo di tesori d’arte.

Ed è nella sua nuova veste che si è aperta al pubblico in queste tiepide giornate ottobrine, spalancando i suoi palazzi gentilizi, un tempo inclusi nei Rolli. Con la sua consueta riservatezza Genova ha accolto numerosi visitatori, tutti pronti a testimoniare con la loro presenza le attrattive di questa città dal fascino tutto mediterraneo.

Ma cosa sono i Rolli? Si sono chiesti in molti.

Elenchi di residenze d’eccellenza, destinate, nel secolo d’oro di Genova, a ospitare sovrani e uomini di Stato in occasione di visite ufficiali.

Conservati nell’Archivio di Stato di Genova, tali registri costituiscono un unicum dei palazzi più prestigiosi del centro storico genovese. La meticolosità con cui sono stati compilati costituisce una puntuale documentazione, tale da consegnare all’antica Repubblica marinara sia un ruolo di assoluta predominanza politico-commerciale sul Mar Mediterraneo, sia di crocevia di incontri per intrecciare alleanze di varia natura.

Come già accaduto, anche in quest’inizio di autunno, nel contesto dell’evento denominato Rolli days, la città ha mostrato ai suoi ospiti un aspetto privato: quello delle collezioni d’arte conservate nelle antiche dimore poste nella via Garibaldi.

La risposta dei genovesi e dei molti turisti, sopraggiunti anche da località straniere, è stata stimata in una ragguardevole entità, tanto da riempire con passi affrettati e rumorosi Strada Nuova, considerata in passato simbolo di modernità. E, Strada Nuova, oggi via Garibaldi, innovativa lo è stata per davvero. Tanto che il Rubens la definì, da un punto di vista architettonico, esempio di rinnovamento, soprattutto per il suo aprirsi verso il centro storico della città, dove l’intrigo dei “carruggi”, microcosmo di arruffati vicoli e vicoletti, si interseca in una sorta di dedalo che va a degradare verso il porto.

Ed è proprio sulla via Garibaldi che si aprono i più importanti palazzi patrizi che, con i loro interni sfarzosi racchiudono un tesoro d’altri tempi; nella fattispecie, opere datate a partire dal Quattrocento fino all’Ottocento.

Ad accogliere i visitatori ampie scale, decorate con eccellente intuito creativo, tali da incantare gli appassionati che, con occhi estasiati, si ritrovano ad ammirare la genialità degli uomini dell’epoca.

All’esterno, cortili e logge, con ninfee e cascatelle, atte a ricreare un’antica atmosfera.

Palazzo Rosso – Genova

Costruiti con materiali pregiati e finemente decorati a stucco o affrescati, pur mantenendo intatto il fascino di un tempo, oggi, i palazzi non sono più le cinquecentesche residenze nelle quali dimoravano le più illustri famiglie genovesi. Ma, grazie alle celebri collezioni serbate, si sono trasformate in musei, dando vita a quella magia che solo l’arte può compiere: le parole, infatti, non sono sufficienti per raccontare ciò che l’occhio umano è in grado di percepire.

I palazzi più conosciuti al grande pubblico sono Palazzo Rosso e Palazzo Bianco, collegati a Palazzo Doria Tursi, sede del Municipio, attraverso un percorso guidato sia da una ricca iconografia sia da collezioni storiche e di arti applicate.

“Il primo Palazzo che ho visto è stato il Palazzo Brignole, facciata rossa, scalone di marmo. Le statue non sono grandi come in altri palazzi ma la manutenzione, i mosaici dei pavimenti e soprattutto i quadri lo rendono uno dei più ricchi di Genova.” ‒ Gustave Flaubert, 1845

Uno dei palazzi che si affaccia sulla rinascimentale e barocca Strada Nuova è Palazzo Rosso, edificio di proprietà della famiglia Brignole Sale fino al 1874. In quello stesso anno è stato poi devoluto dalla Duchessa di Galliera, ultima erede del casato, con l’auspicio di lasciare un segno della propria stirpe.

Costruito fra il 1671 e il 1677, i primi interventi decorativi risalgono al 1679 a opera di Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, rappresentanti del barocco genovese.

La nobile dimora, abbellita da affreschi di altri importanti pittori del Seicento ligure, ospita una ricca quadreria, donata sempre dalla Duchessa, la quale comprende dipinti raccolti in oltre due secoli dai Brignole Sale, a cui si sono aggiunte eredità di altri illustri genovesi che ne hanno permesso un significativo ampliamento. La quadreria si caratterizza per i ritratti fiamminghi, per i dipinti di Guido Reni, di Bernardo Strozzi, del Grechetto, del Veronese, del Guercino e di Orazio Gentileschi.

Accanto a italiani celebri, seppur diversi nella rappresentazione delle loro tecniche espressive, artisti stranieri quali Durer e Van Dick. La Duchessa di Galliera non ha offerto al pubblico solo i dipinti, ma ha donato anche gli arredi compresi nel palazzo, che hanno formato il primo nucleo delle collezioni.

“Per la formazione di una pubblica galleria…”

Con queste parole la Duchessa di Galliera ha testimoniato la sua volontà di destinare il palazzo a spazio pubblico, con il desiderio di veder potenziato il numero delle opere d’arte già presenti in esso.

Palazzo Bianco Genova

Di origine cinquecentesca, Palazzo Bianco è stato edificato per Luca Grimaldi, membro di una delle più importanti famiglie genovesi; successivamente è passato in proprietà ai Brignole-Sale.

La pinacoteca custodisce un’importante raccolta di arte italiana ed europea dei secoli XVI e XVIII secolo, con opere di pittori genovesi, fiamminghi, francesi e spagnoli.

In esposizione si trovano dipinti cinquecenteschi del Veronese, di Filippino Lippi, di Luca Cambiaso e un importante documentazione della pittura fiamminga e olandese del XVI e XVIII secolo, che include opere di Rubens, Van Dick e David.

Oltre a pittura del genovesato del ‘500 e del ‘700, in Palazzo Bianco sono esposte opere del Grechetto, Bernardo Strozzi, Valerio Castello e Alessandro Magnasco, accostate a due dipinti di scuola veneziana del Bordon.

E, per concludere con slancio, dal 2009, in Palazzo Bianco trova spazio anche La maddalena penitente del Canova. Ad accogliere il tutto, il soffitto, adornato da figure femminili che suonano uno strumento musicale.

Il percorso espositivo prosegue con Palazzo Doria Tursi, di elegante costruzione manierista, un tempo residenza privata edificata all’interno delle cinquecentesche mura cittadine.

Costruito nel secolo d’oro di Genova, oltre a ospitare le sale di rappresentanza del sindaco, accoglie l’espansione della galleria di Palazzo Bianco. Fra molti pezzi celeberrimi, un oggetto, più prezioso di altri: il violino appartenuto a Niccolò Paganini, il Guarneri del Gesù, definito il “cannone” per la potenza del suo suono. Infine, opere d’arte decorativa e applicata: arazzi, ceramiche, raccolte di monete, e pesi e misure dell’antica Repubblica marinara.

“Le tenute a giardino, fra edifici e edifici… con le viti che formano arcate verdi, coi boschetti di aranci e con gli oleandri fioriti…”

Così si esprimeva Charles Dickens, nel 1816, dopo aver visitato i palazzi genovesi.

Oltre a residenze dai nomi altisonanti, ve ne sono altre che comprendono testimonianze artistiche di altrettanto interesse.

Per esempio il Palazzo Pallavicino, situato anch’esso in via Garibaldi. Che dire di quest’ulteriore documentazione storica?

Edificato tra il 1558 e il 1561 dal marchese Tobia Pallavicino, commerciante e patrizio genovese, e senatore della Repubblica e ambasciatore presso la corte di Francia, è stato costruito sotto la direzione dell’architetto Giambattista Castello detto il Bergamasco, nell’ambito della più importante realizzazione urbanistica del Cinquecento a Genova.

In seguito, nel 1704, Gian Filippo Carega ha dato il via a lavori di ampliamento che ne hanno completato la struttura originaria. Il palazzo è ricco di affreschi, ma essenzialmente di stucchi, tali da lasciare il visitatore di stucco anch’esso, per la perfezione con cui sono stati realizzati. La decorazione della Galleria Dorata, affidata a Lorenzo De Ferrari, è un’eccellente espressione del rococò genovese.

Per concludere questa breve carrellata delle antiche dimore genovesi, è opportuno ricordare anche il Palazzo De Franchi il quale sorge su di una proprietà appartenente all’epoca agli Spinola e ai Grimaldi.

In seguito fu ricostruito per ospitare la dimora del De Franchi, doge di Genova dal 1581 al 1583.

Palazzo Bianco – Palazzo Rosso – Genova

L’edificio ha un portale dorico che, attraverso l’atrio tramezzato di una bottega, introduce su un ampio cortile loggiato. Scene della Gerusalemme Liberata di Bernardo Castello, poste accanto a un affresco di Domenico Fiasella raffigurante Sansone che stermina i Filistei sono state miracolosamente risparmiate dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

E, per finire, il Palazzo Brancaleone Grillo. Edificio di grandi dimensioni, rispetto ai canoni della Genova tardomedievale, è da sottolineare l’introduzione di una scala loggiata, a conferma dell’intuito creativo dell’epoca. Gli affreschi degli appartamenti, raffiguranti Le nozze di Amore e Psiche sono di Luca Cambiaso, di Lazzaro Tavarone, invece, è La raccolta della manna e Mosè con gli Ebrei nel deserto. Opere che aggiungono al palazzo un attestato dell’elevato livello artistico posseduto. In facciata, un bassorilievo raffigurante San Giovanni nel deserto che presenta a Dio la famiglia, anteriore al secolo XVI.

“Ho cercato di andare a visitare tre gallerie di quadri famosi in via Balbi. Siccome i proprietari hanno la bella abitudine di abitare negli appartamenti dove sono i quadri, bisogna ripassare diverse volte; e spesso l’impazienza che desta in me il rifiuto altezzoso dei valletti mi toglie la gioia davanti ai quadri. I ricchi di Genova occupano quasi sempre il terzo piano pe poter vedere il mare. I gradini delle scale sono di marmo ma quando, dopo aver salito cento di quei gradini, un valletto, dopo avevi fatto aspettare un quarto d’ora viene a dirvi: “sua eccellenza è ancora nella sua stanza, ripassi domani”, è permesso avere uno scatto d’umore, soprattutto quando si deve ripartire la sera…”

Così affermava Stendhal, nel 1837, in Memoire d’un touriste.

 

Written by Carolina Colombi 

 

 

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