Oscar 2018: L’aria che tira – Pronostici sulle future nomination #1
Mancano 116 giorni alla 90esima Notte degli Oscar, 77 all’annuncio delle nomination. Un’edizione importante quella che ci attende, memorabile già in quanto “tonda” nel numero. Ma in fondo ognuna di esse, a modo proprio, lascia un segno indelebile nella storia e nella memoria collettiva.
All’89esima Warren Beatty al fianco di Faye Dunaway ha proclamato vincitore assoluto “La La Land” al posto di “Moonlight”, l’88esima ha visto finalmente trionfare la star più coccolata di tutte, Leonardo DiCaprio, nonché sfidarsi per la prima volta due titani da 8 candidature nei settori tecnici ciascuno (“Mad Max: Fury Road” e “Revenant – Redivivo”), l’87esima ha consacrato definitivamente il talento impetuoso di Alejandro González Iñárritu (profuso in quel “Birdman” che gli ha fatto guadagnare 3 statuette in un solo colpo), e via discorrendo.
Immaginare cosa ci attenderà il prossimo 4 marzo risulta accessibile se, debitamente condotti, ci si approccia al vasto mare dei pronostici cui si stanno votando gli appassionati più incalliti, chi per professione, chi per pura e semplice febbre amatoriale. Da una certa prospettiva il web appare tuttavia come un pozzo (o)scuro, una voragine dove in molti sul medesimo tema s’esprimono con precisione e compiutezza assai variabili.
Oubliette Magazine già da 2 anni tratta il caso Academy in maniera circostanziata, perseguendo l’obiettivo di fornire un quadro quanto più esaustivo proprio in virtù dell’instancabile operazione di raffronto fra fonti diverse ma parimenti attendibili, specializzate ed autorevoli.
Per questa ragione, come già in vista delle Notti del 2016 e 2017, conserviamo le opinioni riportate in AwardsCircuit (espressosi in merito a tutte le categorie qui considerate meno quella dedicata alla miglior canzone), nell’Hollywood Reporter (a cura esclusiva di Scott Feinberg che ad oggi difetta ancora nelle sue dissertazioni di 6 settori tecnici) e in GoldDerby (ora come ora il più carente nell’offerta scavalcando 4 classi tecniche oltre a quelle riservate alla musica, all’animazione, alle produzioni documentarie e in lingua straniera).
Volendo ulteriormente arricchire la selezione sin qui operata, e d’altra parte ancora in attesa di poter includere i ragionamenti di Indiewire (a cura di Anne Thompson, al solito in singolare ritardo rispetto a molte altre piattaforme), da oggi accogliamo nella rosa predisposta AwardsWatch (in cui sono state vagliate tutte le discipline coinvolte a eccezione di quella dei lungometraggi documentari).
La sovrapposizione degli scenari delineati, delle schiere di frontrunners, vale a dire “capilista”, e di “contendenti”, “seconde scelte”, genera l’indagine che segue, interessata ad avvicinare i lettori a chi si rivelerà protagonista al Dolby Theatre, in vista peraltro della distribuzione in suolo italiano di un gran numero di titoli ancora inediti assolutamente da non mancare.
Non ci sbilanceremo fin d’ora su chi potrebbe realmente primeggiare, tanto più che è da lungi nostra la consapevolezza della suscettibilità di sviluppi futuri (chissà, magari anche profondamente contrastanti) che contraddistingue le liste cui abbiamo sin qui introdotto il gentile pubblico: limitiamoci perciò ad accarezzare i concorrenti più appetibili, rimandando i vaticini a più propizie occasioni.
Muoviamo adesso da un primo elenco di lungometraggi caratterizzati da preannunciate copiose candidature, i cui elementi sono stati selezionati esclusivamente dai sopracitati frontrunners.
- 14 potenziali categorie – “The Shape of Water” (di Guillermo del Toro);
- 11 potenziali categorie – “L’ora più buia” (di Joe Wright);
- 10 potenziali categorie – “Dunkirk” (di Christopher Nolan);
- 8 potenziali categorie – “Chiamami col tuo nome” (di Luca Guadagnino);
- 7 potenziali categorie – “Blade Runner 2049” (di Denis Villeneuve) e “The Post” (di Steven Spielberg);
- 6 potenziali categorie – “Scappa – Get Out” (di Jordan Peele), “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi” (di Rian Johnson) e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (di Martin McDonagh);
- 5 potenziali categorie – “The Florida Project” (di Sean Baker) e “I, Tonya” (di Craig Gillespie);
- 4 potenziali categorie – “Detroit” (di Kathryn Bigelow), “Il filo nascosto” (di Paul Thomas Anderson), “Lady Bird” (di Greta Gerwig), “Last Flag Flying” (di Richard Linklater), “Mudbound” (di Dee Rees) e “La stanza delle meraviglie” (di Todd Haynes).
Poniamogli subito a confronto un’altra lista che attinga stavolta al bacino più ampio dei “contendenti”: osservando i casi più eclatanti, costituiti da “The Greatest Showman”, “La battaglia dei sessi” e “La bella e la bestia”, nomi assenti pocanzi, e “Il filo nascosto” e “Mudbound”, lievitati da 4 a 10 categorie, è facile appurare come le risorse della maggior parte dei concorrenti si gonfino in maniera appariscente, senza per questo abbandonare, stando all’affidabilità riconoscibile alle fonti, un proprio realistico profilo.
- 15 potenziali categorie – “The Shape of Water” (di Guillermo del Toro);
- 13 potenziali categorie – “L’ora più buia” (di Joe Wright);
- 12 potenziali categorie – “Dunkirk” (di Christopher Nolan);
- 11 potenziali categorie – “The Greatest Showman” (di Michael Gracey);
- 10 potenziali categorie – “Blade Runner 2049” (di Denis Villeneuve), “Il filo nascosto” (di Paul Thomas Anderson), “Mudbound” (di Dee Rees), “The Post” (di Steven Spielberg) e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (di Martin McDonagh);
- 8 potenziali categorie – “La battaglia dei sessi” (di Jonathan Dayton e Valerie Faris), “La bella e la bestia” (di Bill Condon), “Chiamami col tuo nome” (di Luca Guadagnino), “The Florida Project” (di Sean Baker), “Scappa – Get Out” (di Jordan Peele) e “La stanza delle meraviglie” (di Todd Haynes);
- 7 potenziali categorie – “Lady Bird” (di Greta Gerwig) e “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi” (di Rian Johnson);
- 6 potenziali categorie – “Detroit” (di Kathryn Bigelow), “Downsizing – Vivere alla grande” (di Alexander Payne), “I, Tonya” (di Craig Gillespie) e “Wonder Woman” (di Patty Jenkins);
- 5 potenziali categorie – “Coco” (di Lee Unkrich e Adrian Molina), “Last Flag Flying” (di Richard Linklater) e “Wonder Wheel” (di Woody Allen);
- 4 potenziali categorie – “Baby Driver – Il genio della fuga” (di Edgar Wright), “The Big Sick” (di Michael Showalter), “Molly’s Game” (di Aaron Sorkin), “Vittoria e Abdul” (di Stephen Frears) e “The War – Il pianeta delle scimmie” (di Matt Reeves).
È chiaro che pochi fra i titoli riportati riusciranno a spuntare la concorrenza avvicinandosi al numero massimo di categorie previste: chi entra in cinquina scalza necessariamente qualcun altro. La storia ad ogni modo ci insegna che è atteggiamento perspicace considerare anche le “retrovie”, costituite da quelle produzioni dal pregio apparentemente meno seducente in seno alla corsa alla statuetta le quali non di rado invece sanno regalare sorprese ed insperate soddisfazioni. Va puntualizzato inoltre: quante le occasioni in cui i gusti degli specialisti e degli stessi spettatori non hanno collimato con quelle dei membri Academy…
Concluso questo doveroso preambolo, ne usciamo senz’altro agevolati all’ingresso di un’analisi più dettagliata che enucleerà una per una le peculiarità di ogni categoria. Andiamo a trattare di…
Miglior film
Ai 90esimi Academy Awards i fari saranno puntati quasi senz’ombra di dubbio primariamente su “Dunkirk” (distribuito dalla Warner Bros.; produttori Christopher Nolan ed Emma Thomas, già nominati per “Inception”), per le tecniche utilizzate nell’edificazione drammaturgica monumento d’indiscutibile rilevanza nella storia del cinema tout-court, valutato 94/100 su Metacritic (52 i critici chiamati al voto), fresco al 92% con un punteggio pari a 8.6/10 su Rotten Tomatoes (in base al pensiero di 354 critici), e “The Shape of Water” (distribuito dalla Fox Searchlight Pictures; produttori J. Miles Dale e il regista Guillermo del Toro), 87/100 su Metacritic (18 critici), 97% di freschezza-8.6/10 su Rotten Tomatoes (66 critici): entrambi i titoli sono inclusi da tutte e quattro le fonti nelle loro top 5.
Seguono immediatamente “L’ora più buia” (distribuito dalla Focus Features; produttori Tim Bevan, Lisa Bruce, Eric Fellner, Anthony McCarten e Douglas Urbanski), 72/100 su Metacritic (9 critici), 81% di freschezza-7.1/10 su Rotten Tomatoes (31 critici), presente in tre top 5 su quattro, “Chiamami col tuo nome” (distribuito dalla Sony Pictures Classics; produttori Emilie Georges, il regista Luca Guadagnino, James Ivory, Howard Rosenman e Peter Spears), 95/100 su Metacritic (16 critici), 98% di freschezza-9.1/10 su Rotten Tomatoes (86 critici), e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (distribuito dalla Fox Searchlight Pictures; produttori Graham Broadbent, Peter Czemin e il regista Martin McDonagh), 89/100 su Metacritic (16 critici), 96% di freschezza-8.8/10 su Rotten Tomatoes (57 critici), inseriti in due top 5.
Nelle loro top 10 tutte e quattro le fonti tengono poi in debita considerazione “Lady Bird” (distribuito dalla A24; produttori Eli Bush, Evelyn O’Neill e Scott Rudin), 93/100 su Metacritic (26 critici), 100% di freschezza-8.7/10 su Rotten Tomatoes (82 critici). Tre su quattro credono fermamente in “The Florida Project” (distribuito dalla A24; produttori il regista Sean Baker, Chris Bergoch, Kevin Chinoy, Andrew Duncan, Alex Saks, Francesca Silvestri e Shih-Ching Tsou), 92/100 su Metacritic (41 critici), 95% di freschezza-8.6/10 su Rotten Tomatoes (150 critici), e sull’horror rivelazione della stagione, “Scappa – Get Out” (distribuito dalla Universal Pictures; produttori Jason Blum, Edward H. Hamm Jr., Sean McKittrick e il regista Jordan Peele), 84/100 su Metacritic (48 critici), 99% di freschezza-8.3/10 su Rotten Tomatoes (288 critici), assai più avvalorato rispetto al pur notevole “It” di Andy Muschietti.
Già più lontano dalla statuetta si trova “The Post” (distribuito dalla 20th Century Fox; produttori Kristie Macosko Krieger, Amy Pascal e il regista Steven Spielberg), per quanto le uniche due fonti che al momento lo scelgono per la loro top 10 lo collochino direttamente in top 5 (si tenga presente che Scott Feinberg non ammette “ai giochi” alcun film che non sia già stato distribuito, come per l’appunto accade a “The Post”, programmato in uscita limitata sul suolo americano per il 22 dicembre); anche “I, Tonya” (distribuito dalla NEON; produttore Steven Rogers), 77/100 su Metacritic (10 critici), 91% di freschezza-7.8/10 su Rotten Tomatoes (34 critici), non dovrebbe nutrire eccessive speranze.
Entusiasmi sparuti sono riservati da AwardsCircuit a “Mudbound” (distribuito da Netflix; produttori Carl e Sally Jo Effenson, Cassian Elwes, Charles King, Christopher Lemole, Kom Roth e Tim Zajaros), 81/100 su Metacritic (13 critici), 95% di freschezza-8.3/10 su Rotten Tomatoes (44 critici), e “Last Flag Flying” (distribuito dagli Amazon Studios; produttori il regista Richard Linklater, Ginger Sledge e John Sloss), 64/100 su Metacritic (23 critici), 74% di freschezza-7/10 su Rotten Tomatoes (68 critici).
“The Big Sick” (distribuito dagli Amazon Studios; produttori Judd Apatow e Barry Mendel), 86/100 su Metacritic (47 critici), 98% di freschezza-8.2/10 su Rotten Tomatoes (230 critici), è in nona posizione nella lista dell’Hollywood Reporter, seguito alla decima da “Molly’s Game” (distribuito dalla STX Entertainment; produttori Mark Gordon e Amy Pascal), 74/100 su Metacritic (14 critici), 94% di freschezza-7.1/10 su Rotten Tomatoes (32 critici); “Blade Runner 2049” (distribuito dalla Warner Bros.; produttori Andrew A. Kosove, Broderick Johnson, Cynthia Sikes Yorkin), 81/100 su Metacritic (51 critici), 88% di freschezza-8.2/10 su Rotten Tomatoes (320 critici), vanta il decimo posto nel raggruppamento di AwardsCircuit.
Gli esperti di GoldDerby scommettono anche su “Il filo nascosto” (distribuito dalla Focus Features; produttori il regista Paul Thomas Anderson, Megan Ellison, Daniel Lupi e JoAnne Sellar). Per quanto riguarda le retrovie (dall’11esima alla 15esima performance in classifica) brilla “La battaglia dei sessi” (distribuito dalla Fox Searchlight Pictures), 73/100 su Metacritic (44 critici), 85% di freschezza-7.2/10 su Rotten Tomatoes (195 critici), appoggiato da tre fonti, tenendo a distanza il “Detroit” (Annapurna Pictures), 78/100 su Metacritic (48 critici), 82% di freschezza-7.5/10 su Rotten Tomatoes (221 critici), di AwardsCircuit, i “Downsizing – Vivere alla grande” (Paramount Pictures), 74/100 su Metacritic (17 critici), 65% di freschezza-6.3/10 su Rotten Tomatoes (54 critici), e “La stanza delle meraviglie” (Amazon Studios), 72/100 su Metacritic (39 critici), 70% di freschezza-6.7/10 su Rotten Tomatoes (121 critici), dell’Hollywood Reporter, e il “The Greatest Showman” (distribuito dalla 20th Century Fox) di GoldDerby.
Miglior regista
Scenario speculare per quanto concerne il premio al miglior director: conducono la sfida nell’ordine Christopher Nolan (“Dunkirk”) e Guillermo del Toro (“The Shape of Water”), di casa in quattro top 5, Joe Wright (“L’ora più buia”) in tre, Luca Guadagnino (“Chiamami col tuo nome”) e Martin McDonagh (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”) in due; subito dopo, per l’appunto, si inserisce Greta Gerwig con “Lady Bird”.
Steven Spielberg (“The Post”) lo si trova nuovamente in due top 5 ma non nelle altre due top 10, tallonato dal sorprendente ma meno favorito Jordan Peele alla conduzione di “Scappa – Get Out”; meno rosee le aspettative su Paul Thomas Anderson (“Il filo nascosto”), Sean Baker (“The Florida Project”) e Dee Rees (“Mudbound”). Ancora più ardui i tentativi di Denis Villeneuve (“Blade Runner 2049”) e Richard Linklater (“Last Flag Flying”), avanzati da AwardsCircuit, e Aaron Sorkin (“Molly’s Game”) e Alexander Payne (“Downsizing – Vivere alla grande”) rintracciabili nell’Hollywood Reporter.
Miglior attore protagonista
I primattori più accreditati sono Jake Gyllenhaal (“Stronger”) e Gary Oldman (“L’ora più buia”), sempre in top 5, subito seguiti dal 21enne Timothée Chalamet di “Chiamami col tuo nome”. James Franco (“The Disaster Artist”) e Andrew Garfield (“Ogni tuo respiro”) si distinguono quali ultimi due ospiti fissi delle top 10. A questo segno non può che entrare in competizione un ossequiato gigante del calibro di Daniel Day-Lewis (“Il filo nascosto”), da considerarsi effettivamente al pari di Gyllenhaal e Oldman. Buone speranze nutre anche (“The Post”), come prevedibile accolto nelle due top 5 di cui sopra, senz’altro più del Denzel Washington di “Roman J. Israel, Esq.”.
Due top 10 per Christian Bale (“Hostiles”), Hugh Jackman (“The Greatest Showman”) e Robert Pattinson (“Good Time”); una sola, di AwardsCircuit, per Steve Carell (“Last Flag Flying”), dell’Hollywood Reporter per Jeremy Renner (“Wind River”) e Matt Damon (“Downsizing – Vivere alla grande”), di GoldDerby per Chadwick Boseman (“Marshall”) e di AwardsWatch per Daniel Kaluuya (“Scappa – Get Out”).
Miglior attrice protagonista
Se dovessimo basarci essenzialmente sulle assai omogenee top 5, il confronto sarebbe probabilmente da tenersi fra Sally Hawkins (“The Shape of Water”), Frances McDormand (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”), Jessica Chastain (“Molly’s Game”), Margot Robbie (“I, Tonya”) e Saoirse Ronan (“Lady Bird”). Alcune fra queste potrebbero essere rimpiazzate da Emma Stone (“La battaglia dei sessi”) o Judi Dench (“Vittoria e Abdul”), costantemente in top 10; è poi lecito il timore reverenziale verso la Meryl Streep di “The Post”, piuttosto che la Kate Winslet per “Wonder Wheel”.
Minor fiducia è accordata a Vicky Krieps per “Il filo nascosto” (almeno per ora, essendo l’opera di Anderson rilasciata non prima del prossimo Natale) e alla giovanissima Brooklynn Prince di “The Florida Project”; Scott Feinberg ipotizza addirittura Diane Kruger, che in “In the Fade” recita in lingua tedesca, mentre gli esperti di GoldDerby optano per Annette Bening (“Film Stars Don’t Die in Liverpool”).
Miglior attore non protagonista
Anche in questa sezione i pronostici suonano abbastanza persuasivi: dominano la scena Willem Dafoe (“The Florida Project”) e Sam Rockwell (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”), seguiti a breve distanza da una coppia insolita perché afferente allo stesso lungometraggio, vale a dire Armie Hammer e Michael Stuhlbarg (“Chiamami col tuo nome”). L’ultimo esponente condiviso da tutte e quattro le fonti, nonché da due di esse nella top 5, è il Mark Rylance di “Dunkirk”. Un altro duo da tenere sott’occhio è quello costituito da Michael Shannon e Richard Jenkins (“The Shape of Water”), magari osteggiato da Jason Mitchell (“Mudbound”).
Due voci condividono Ben Mendelsohn (“L’ora più buia”) e Ray Romano (“The Big Sick”); i più autorevoli restanti si distribuiscono fra AwardsCircuit (Bryan Cranston in “Last Flag Flying”, Garrett Hedlund in “Mudbound”, Kevin Spacey in “Tutti i soldi del mondo”), Hollywood Reporter (Steve Carell ne “La battaglia dei sessi”, Jim Belushi in “Wonder Wheel”), GoldDerby (Woody Harrelson in “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”) e AwardsWatch (Dustin Hoffman in “The Meyerowitz Stories”).
Miglior attrice non protagonista
Allison Janney (“I, Tonya”) e Laurie Metcalf (“Lady Bird”) si aggiudicano un posto in tutte le top 5, Holly Hunter (“The Big Sick”) in tre, Melissa Leo (“Novitiate”) in due; Mary J. Blige (“Mudbound”) e Hong Chau (“Downsizing – Vivere alla grande”) completano la rosa di coloro che ricorrono in ogni top 10. Fiera avversaria si rivela anche Octavia Spencer in “The Shape of Water”, che precede la Kristin Scott Thomas de “L’ora più buia”.
Sfavorite le altre concorrenti, a partire da Claire Foy (“Ogni tuo respiro”) e Lois Smith (“Marjorie Prime”), fino ad arrivare alla 24enne Bria Vinaite, esordiente di “The Florida Project” e a Julianne Moore (“La stanza delle meraviglie”), proposte da Scott Feinberg, a Michelle Pfeiffer (“madre!”) e Carrie Coon (“The Post”), predilette dagli esperti di GoldDerby, a Tatiana Maslany (“Stronger”) e infine Catherine Keener (“Scappa – Get Out”), seduttrici di AwardsWatch.
Miglior sceneggiatura originale
Le idee paiono alquanto chiare anche in fatto di copioni non adattati: dominano lo scenario “Lady Bird” (Greta Gerwig), “The Shape of Water” (Guillermo del Toro e Vanessa Taylor) e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (Martin McDonagh), onnipresenti nelle top 5, tallonati dall’anomalo “Scappa – Get Out” ideato da Jordan Peele e ancora da “The Big Sick” (Emily V. Gordon e Kumail Nanjani). Due alternative plausibili si riconoscono in “The Florida Project” (Sean Baker e Chris Bergoch) e “L’ora più buia” (Anthony McCarten).
Ci potrebbe essere spazio però anche per “I, Tonya” (Steven Rogers) e “The Post” (Liz Hannah e Josh Singer), o con minor probabilità per “Dunkirk” (Christopher Nolan) e “Il filo nascosto” (Paul Thomas Anderson). Il gioco si fa arduo invece per “The Greatest Showman” (Jenny Bicks e Bill Condon), immaginato in nona posizione dagli esperti di GoldDerby, e “Downsizing – Vivere alla grande” (Alexander Payne e Jim Taylor), stazionante in decima posizione nell’Hollywood Reporter.
Miglior sceneggiatura non originale
Magari les jeux sont faits anche quando si sfidano “Chiamami col tuo nome” (James Ivory), “The Disaster Artist” (Scott Neustadter e Michael H. Weber), “Molly’s Game” (Aaron Sorkin) e “Mudbound” (Dee Rees e Virgil Williams), ognuno in top 5, affiancati da “Last Flag Flying” (Richard Linklater e Darryl Ponicsan), in tre occasioni classificato come super favorito. Abitano tutte le top 10 anche “La stanza delle meraviglie” (Brian Selznick) e “Vittoria e Abdul” (Lee Hall), a una certa distanza da “L’inganno” (Sofia Coppola), “Stronger” (John Pollono) e “Wonder Woman” (Jason Fuchs, Allan Heinberg e Zack Snyder).
Lungi dalla candidatura stanno “Tutti i soldi del mondo” (David Scarpa) di AwardsCircuit, l’ottavo, il nono e il decimo di Scott Feinberg, ossia “Per primo hanno ucciso mio padre” (Angelina Jolie e Loung Ung), scritto nelle lingue khmer e inglese, “The War – Il pianeta delle scimmie” (Mark Bomback e Matt Reeves) e “La bella e la bestia” (Stephen Chbosky e Evan Spiliotopoulos), “Logan” (Scott Frank, James Mangold e Michael Green) e “Film Stars Don’t Die in Liverpool” (Matt Greenhalgh) di GoldDerby, nonché il settimo elemento di AwardsWatch, “Blade Runner 2049” (Hampton Fancher e Michael Green).
Miglior film d’animazione
Si candidano per la vittoria anzitutto “Coco” (di Lee Unkrich e Adrian Molina, produttrice Darla K. Anderson; Pixar), 82/100 su Metacritic (4 critici), 93% di freschezza-7.9/10 su Rotten Tomatoes (14 critici), finora arrivato solo nell’esotico Messico che descrive, e “The Breadwinner” (di Nora Twomey, produttori Angelina Jolie, Anthony Leo, Tomm Moore, Jordan Peele, Andrew Rosen, Paul Young; Gkids), 88/100 su Metacritic (5 critici), 88% di freschezza-7.5/10 su Rotten Tomatoes (8 critici), seguiti da “Lego Batman – Il Film” (di Chris McKay, produttore Roy Lee; Warner Bros. Animation), 75/100 su Metacritic (48 critici), 91% di freschezza-7.5/10 su Rotten Tomatoes (264 critici), e “Loving Vincent” (di Dorota Kobiela e Hugh Welchman, produttori Sean M. Bobbitt e Ivan Mactaggart; Odra Film), 62/100 su Metacritic (21 critici), 78% di freschezza-6.8/10 su Rotten Tomatoes (91 critici). Meno appetibile si rivela invece “Lego Ninjago – Il Film” (di Charlie Bean, Paul Fisher e Bob Logan, produttori Roy Lee, Dan Lin, Phil Lord, Chris McKay e Christopher Miller; Warner Bros. Animation), 55/100 su Metacritic (33 critici), 54% di freschezza-5.8/10 su Rotten Tomatoes (114 critici), comunque come i precedenti incluso da tutt’e tre le fonti che si sono interrogate sulla categoria.
Due sostenitori li trovano “Baby Boss” (di Tom McGrath, produttrice Ramsey Ann Naito; DreamWorks), 50/100 su Metacritic (32 critici), 52% di freschezza-5.5/10 su Rotten Tomatoes (157 critici), “Capitan Mutanda” (di David Soren, produttori Mireille Soria e Mark Swift; DreamWorks), 69/100 su Metacritic (25 critici), 86% di freschezza-6.8/10 su Rotten Tomatoes (113 critici), “Cattivissimo Me 3” (di Kyle Balda, Pierre Coffin ed Eric Guillon, produttori Janet Healy e Christopher Meledandri; Illumination Entertainment), 49/100 su Metacritic (37 critici), 60% di freschezza-5.7/10 su Rotten Tomatoes (165 critici), e “Il toro Ferdinando” (di Carlos Saldanha, produttori Bruce Anderson e Lori Forte; Blue Sky), in uscita il prossimo dicembre.
Meno incisivi agli occhi dei giurati americani “Le Grand Méchant Renard et autres contes…” (aka “The Big Bad Fox and Other Tales…”, di Patrick Imbert e Benjamin Renner, produttori Damien e Didier Brunner e Vincent Tavier; StudioCanal) e l’ammaliante “La jeune fille sans mains” (aka “The Girl Without Hands”, di Sébastian Laudenbach, produttore Jean-Christophe Soulageon; Les Films Sauvages/Les Films Pelléas), 82/100 su Metacritic (8 critici), 100% di freschezza-6.9/10 su Rotten Tomatoes (13 critici), individuati da AwardsCircuit, “Psiconautas, los niños olvidados” (aka “Birdboy: The Forgotten Children”, di Pedro Rivero e Alberto Vázquez, produttore Luis Tosar; Abrakan Estudio/ZircoZine) e lo zoppicante “Cars 3” (di Brian Fee, produttore Kevin Reher; Pixar), 59/100 su Metacritic (41 critici), 68% di freschezza-6/10 su Rotten Tomatoes (182 critici), ipotizzati da Scott Feinberg, infine i nipponici “In questo angolo di mondo” (di Sunao Katabuchi, produttori Tarô Maki e Masao Maruyama; Mappa/Genco), 73/100 su Metacritic (21 critici), 98% di freschezza-7.7/10 su Rotten Tomatoes (55 critici), e “Meari to majo no hana” (aka “Mary and the Witch’s Flower”, di Hiromasa Yonebayashi, produttori Yoshiaki Nishimura e Geoffrey Wexler; Toho), amati da AwardsWatch.
Postilla di rilievo: i produttori per i film di animazione possono oscillare da uno finanche sei, similmente a quanto accade coi film in live action; tuttavia, mentre questi ultimi in passato hanno visto trionfare pure cinque propri rappresentanti, per i lungometraggi animati oltre al regista l’Academy ammette una sola altra personalità eleggibile in qualità di produttore, la cui presentazione spetta esclusivamente ai membri responsabili all’opera stessa. Ciò significa che, stando all’ultimo regolamento redatto nel 2017, la maggior parte dei nomi sopraelencati (ad ora è impossibile stabilire quali) non potrà in alcun modo essere udita alla proclamazione delle nomination.
Miglior film straniero
Non era mai successo prima: per quest’edizione degli Oscar i Paesi partecipanti sono ben 92, 3 in più rispetto all’anno passato (e non 7: ricordiamo che 4 sono stati squalificati dall’Academy!), con l’ingresso di Haiti, dell’Honduras, del Laos (uno Stato dalla cultura cinematografica radissima, che presenta un originale dramma proteso verso l’horror, “Dearest Sister”), del Mozambico, del Senegal e della Siria.
Come spesso accade in presenza di tanti candidati, le idee sulle tendenze imperanti risultano abbastanza divergenti: ad oggi in testa alla corsa stanno “In the Fade” (di Fatih Akin; Germania), 60/100 su Metacritic (8 critici), 52% di freschezza-5.7/10 su Rotten Tomatoes (25 critici), “Loveless” (di Andrej Zvjagincev aka Andrey Zvyagintsev; Russia), 88/100 su Metacritic (11 critici), 92% di freschezza-8.1/10 su Rotten Tomatoes (36 critici), e “Per primo hanno ucciso mio padre” (di Angelina Jolie; Cambogia), 72/100 su Metacritic (21 critici), 89% di freschezza-7.8/10 su Rotten Tomatoes (53 critici), ospitati nelle 3 top 5 consultabili. Tutte le top 10 includono “120 battiti al minuto” (di Robin Campillo; Francia), 85/100 su Metacritic (21 critici), 98% di freschezza-7.6/10 su Rotten Tomatoes (59 critici), “Una donna fantastica” (di Sebastián Lelio; Cile), 96/100 su Metacritic (8 critici), 93% di freschezza-8.2/10 su Rotten Tomatoes (29 critici), e “The Square” (di Ruben Östlund; Svezia), 71/100 su Metacritic (26 critici), 77% di freschezza-7.2/10 su Rotten Tomatoes (86 critici).
Meno citati appaiono “Foxtrot” (di Samuel Maoz; Israele), 94/100 su Metacritic (8 critici), 100% di freschezza-8.7/10 su Rotten Tomatoes (15 critici), purtuttavia in due top 5, “Happy End” (di Michael Haneke; Austria), 75/100 su Metacritic (14 critici), 64% di freschezza-7.3/10 su Rotten Tomatoes (42 critici), e “L’insulto” (di Ziad Doueiri; Libano), 67/100 su Metacritic (6 critici), 100% di freschezza-6.8/10 su Rotten Tomatoes (8 critici).
Scemano quindi le aspettative dimostrate da AwardsCircuit su “Tom of Finland” (di Dome Karukoski; Finlandia), 54/100 su Metacritic (11 critici), 83% di freschezza-6.5/10 su Rotten Tomatoes (40 critici), “Thelma” (di Joachim Trier; Norvegia), 74/100 su Metacritic (9 critici), 87% di freschezza-7.2/10 su Rotten Tomatoes (45 critici), e “Sheikh Jackson” (di Amr Salama; Egitto), 83% di freschezza-6.7/10 su Rotten Tomatoes (6 critici), dall’Hollywood Reporter su “Pokot” (aka “Spoor”, di Agnieszka Holland e Kasia Adamik; Polonia), 61/100 su Metacritic (6 critici), 79% di freschezza-7.1/10 su Rotten Tomatoes (14 critici), da AwardsWatch su “Inxeba” (aka “The Wound”, di John Trengove; Sudafrica), 80/100 su Metacritic (12 critici), 88% di freschezza-7.1/10 su Rotten Tomatoes (16 critici), e “Nafas” (aka “Breath”, di Narges Abyar; Iran).
Meritano almeno una rapida menzione i titoli proposti dalla Cina (quel “Wolf Warrior 2” di Jing Wu da 870 milioni d’incasso worldwide), dall’Ungheria (“Teströl és lélekröl, aka “On Body and Soul”, che ha fatto guadagnare al regista Ildikó Enyedi l’Orso d’oro a Berlino), e ovviamente dall’Italia (“A Ciambra”, di Jonas Carpignano, scelta tutt’altro che à la page avendo sbaragliato una concorrenza capitanata da “La tenerezza” di Gianni Amelio e “Fortunata” di Sergio Castellitto).
Miglior film documentario
Fra i 170 lungometraggi ammessi alla competizione, 25 in più rispetto al 2016, al momento l’unico ad essere condiviso nella top 5 delle due sole fonti che hanno trattato la categoria è “Jane” (di Brett Morgen, produttori Bryan Burk, Tony Gerber, Brett Morgen e James A. Smith), 88/100 su Metacritic (19 critici), 100% di freschezza-8.6/10 su Rotten Tomatoes (41 critici); presenziano in entrambe le top 10 “Cries from Syria” (di Evgeny Afineevsky, produttori Evgeny Afineevsky, Aaron I. Butler e Den Tolmor), 76/100 su Metacritic (6 critici), 100% di freschezza-8.2/10 su Rotten Tomatoes (13 critici), e “City of Ghosts” (di Matthew Heineman, anche produttore), 86/100 su Metacritic (31 critici), 99% di freschezza-8.3/10 su Rotten Tomatoes (85 critici).
Resta aperto il confronto fra gli altri contendenti più solidi: completano la top 5 di AwardsCircuit “Joan Didion: The Center Will Not Hold” (di Griffin Dunne, produttori Annabelle e Griffin Dunne, Mary Recine e Susanne Rostock), 72/100 su Metacritic (9 critici), 91% di freschezza-7.4/10 su Rotten Tomatoes (22 critici), “Long Strange Trip” (di Amir Bar-Lev, produttori Alex Blavatnik, Ken Dornstein, Eric Eisner, Nick Koskoff e Justin Kreutzmann), 78/100 su Metacritic (13 critici), 100% di freschezza-8.4/10 su Rotten Tomatoes (24 critici), e “Una scomoda verità 2” (di Bonni Cohen e Jon Shenk, produttori Richard Berge, Jeff Skoll e Diane Weyermann), 68/100 su Metacritic (36 critici), 79% di freschezza-6.5/10 su Rotten Tomatoes (140 critici); quella dell’Hollywood Reporter invece preferisce “Icarus” (di Bryan Fogel, produttori Dan Cogan, David Fialkow, Bryan Fogel, Jim Swartz e Tessa Treadway), 68/100 su Metacritic (15 critici), 91% di freschezza-7.1/10 su Rotten Tomatoes (33 critici), “Risk” (di Laura Poitras, produttori Brenda Coughlin, Yoni Golijov e Laura Poitras), 72/100 su Metacritic (27 critici), 81% di freschezza-7/10 su Rotten Tomatoes (86 critici), e “Step” (di Amanda Lipitz, produttori Steven Cantor e Amanda Lipitz), 81/100 su Metacritic (27 critici), 95% di freschezza-7.8/10 su Rotten Tomatoes (80 critici).
Il primo sito elenca poi “Strong Island” (di Yance Ford, produttori Joslyn Barnes, Yance Ford ed Esther Robinson), 86/100 su Metacritic (16 critici), 100% di freschezza-8.5/10 su Rotten Tomatoes (30 critici), “Jim & Andy: The Great Beyond – Featuring a Very Special, Contractually Obligated Mention of Tony Clifton” (di Chris Smith, produttori Brendan Fitzgerald, Danny Gabai, Spike Jonze e Chris Smith), 81/100 su Metacritic (5 critici), 100% di freschezza-7.2/10 su Rotten Tomatoes (6 critici), “One of Us” (di Heidi Ewing e Rachel Grady, anche produttori), 79/100 su Metacritic (8 critici), 94% di freschezza-7.4/10 su Rotten Tomatoes (18 critici), e “Visages, villages” (di JR e Agnès Varda, quest’ultima insignita dell’Oscar alla carriera proprio in seno a quest’edizione, produttrice Rosalie Varda), 95/100 su Metacritic (19 critici), 100% di freschezza-8.7/10 su Rotten Tomatoes (61 critici).
Il secondo invece punta maggiormente su “The Final Year” (di Greg Barker, produttori John Battsek e Julie Goldman), 88% di freschezza-6.8/10 su Rotten Tomatoes (8 critici), “Kedi” (di Ceyda Torun, produttori Ceyda Torun e Charlie Wuppermann), 78/100 su Metacritic (23 critici), 98% di freschezza-7.8/10 su Rotten Tomatoes (97 critici), “Let It Fall: Los Angeles 1982-1992” (di John Ridley, produttori Jeanmarie Condon e Melia Patria), 92/100 su Metacritic (6 critici), 100% di freschezza-8.4/10 su Rotten Tomatoes (15 critici), e “Dina” (di Antonio Santini e Dan Sickles, anche produttori), 74/100 su Metacritic (20 critici), 98% di freschezza-7.4/10 su Rotten Tomatoes (42 critici).
Per chi si stesse domandando perché “Human” (2015), il capolavoro di Yann Arthus-Bertrand, continui a non essere incluso in alcun pronostico, specifichiamo che il mercato USA non dà alcun segno di volerlo accogliere.
Postilla di rilievo, ai documentari è applicabile un discorso simile a quello riguardante i film d’animazione: è ammessa una sola altra personalità eleggibile in qualità di produttore affianco al regista, ma può assieme a questo costituire una coppia effettiva di directors; la presentazione dei nominativi spetta nuovamente ai membri responsabili all’opera stessa. Ciò significa che, stando sempre all’ultimo regolamento redatto nel 2017, la maggior parte dei nomi sopraelencati non potrà essere udita alla proclamazione delle nomination.
Miglior colonna sonora
Tornando a categorie in cui gli schieramenti sembrano in buona sostanza già definiti, le partiture più convincenti si rivelano essere quelle nate dalle menti di Hans Zimmer (“Dunkirk” è costantemente servito dai suoi climax di tensione), Dario Marianelli (“L’ora più buia”), Alexandre Desplat (“The Shape of Water”) e Carter Burwell (“La stanza delle meraviglie”), tutti fissi in top 5.
Su ogni altro aleggia una nube di incertezza, a cominciare dai vari Benjamin Wallfisch e ancora Hans Zimmer (“Blade Runner 2049”), Michael Giacchino (“Coco”), John Williams (“The Post” e “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi”), Carter Burwell di nuovo (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”) e Thomas Newman (“Vittoria e Abdul”), fino a James Newton Howard (“Detroit”), Rupert Gregson-Williams (“Wonder Woman”), Nicholas Britell (“La battaglia dei sessi”) e Michael Giacchino (“The War – Il pianeta delle scimmie”), sostenuti da Scott Feinberg, e Jonny Greenwood (“Il filo nascosto”) e John Debney, Benj Pasek e Justin Paul (“The Greatest Showman”), promossi da AwardsWatch.
Miglior canzone
Incerto al contrario il destino degli sfidanti in questo settore, avendo a disposizione i ragionamenti di due sole fonti: queste si trovano concordi nell’inserire in top 5 “Evermore” (da “La bella e la bestia”), musica di Alan Menken, testo di Tim Rice, e “I Don’t Wanna Live Forever” (da “Cinquanta sfumature di nero”), musica e testo di Jack Antonoff, Sam Drew e Taylor Swift, e in top 10 “Prayers For This World” (da “Cries from Syria”), musica e testo di Diane Warren, e “Come Alive” e “This Is Me” (da “The Greatest Showman”), musiche e testi di Benj Pasek e Justin Paul.
Seguono cinque canzoni avanzate dall’Hollywood Reporter, “Stand Up for Something” (da “Marshall”), musica e testo di Diane Warren e Common (in pole position), “Truth to Power” (da “Una scomoda verità 2”), musica e testo di T-Bone Burnett e Ryan Tedder, “It Ain’t Fair” (da “Detroit”), musica e testo dei The Roots, “Jump” (da “Step”), musica e testo di Laura Karpman, Raphael Saadiq e Taura Stinson, e “There’s Something Special” (da “Cattivissimo Me 3”), musica e testo di Pharrell Williams; e tre suggerite da AwardsWatch, “Remember Me” (da “Coco”), musica e testo di Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez (ad aprire la classifica), “The Mistery of Love” (da “Chiamami col tuo nome”), musica e testo di Sufjan Stevens, e “If I Dare” (da “La battaglia dei sessi”), musica e testo di Sara Bareilles e Nicholas Britell.
Migliori effetti speciali
Veniamo ai cosiddetti premi tecnici, ad oggi generalmente ancora i meno indagati. Basandoci sulle due fonti che si sono espresse, i titoli più spettacolari sarebbero “Blade Runner 2049” (Richard R. Hoover, Paul Lambert, Gerd Nefzer e John Nelson), “The Shape of Water” (Dennis Berardi, Mike Hill e Shane Mahan), “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi” (Richard Bain, Ben Morris e Michael Mulholland) e “The War – Il pianeta delle scimmie” (Daniel Barrett, Dan Lemmon, Joe Letteri e Joel Whist), tutti in ambo le top 5.
Ad essi seguirebbero immediatamente “La bella e la bestia” (Kyle McCulloch, Steve Preeg, Kelly Port e Glen Pratt), “Dunkirk” (Paul Corbould, Scott Fisher, Andrew Jackson e Andrew Lockley), “Guardiani delle Galassia Vol. 2” (Jonathan Fawkner, Dan Sudick, Christopher Townsend e Guy Williams), “Thor: Ragnarok” (Kyle McCulloch, Jake Morrison, Bruce Steinheimer e Chad Wiebe) e “Wonder Woman” (Frazer Churchill, Viktor Muller, Jessica Norman, Bill Westenhofer). AwardsCircuit crede fermamente in “Spider-Man: Homecoming” (Dan Bethell, Theodore Bialek, Vincent Cirelli, Lou Pecora, Doug Spilatro), mentre AwardsWatch tiene in considerazione pure “Kong: Skull Island” (Ara Khanikian, Alexandre Lafortune, Stephen Rosnbaum, Robert Weaver e Jeff White).
Miglior montaggio
I montatori più accreditati li troviamo in Lee Smith (“Dunkirk”) e Sidney Wolinsky (“The Shape of Water”), scelti per tre top 5 su tre, quindi in Joe Walker (“Blade Runner 2049”) e Valerio Bonelli (“L’ora più buia”). Il nome di Michael Kahn (“The Post”) ricorre più spesso ma con minor incisività di quanto non faccia Gregory Plotkin (“Scappa – Get Out”), favorito quanto Walker e il nostro Bonelli. Si accodano Walter Fasano (“Chiamami col tuo nome”), Bob Ducsay (“Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi”) e Jon Gregory (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”).
AwardsCircuit suggerisce solitario Tatiana S. Riegel (“I, Tonya”), Mako Kamitsuna (“Mudbound”) e Nick Houy (“Lady Bird”), GoldDerby Jonathan Amos e Paul Machliss (“Baby Driver – Il genio della fuga”), Virginia Katz (“La bella e la bestia”) e Affonso Gonçalves (“La stanza delle meraviglie”), AwardsWatch Sean Baker (“The Florida Project”).
Miglior fotografia
Lo schieramento maggiormente serrato è composto da Roger Deakins (“Blade Runner 2049”), Hoyte Van Hoytema (“Dunkirk”), Bruno Delbonnel (“L’ora più buia”) e Dan Laustsen (“The Shape of Water”), tutti costantemente in top 5, subito tallonati da Edward Lachman (“La stanza delle meraviglie”) e Sayombhu Mukdeeprom (“Chiamami col tuo nome”). La sorte potrebbe arridere anche all’instancabile Vittorio Storaro, in servizio con “Wonder Wheel”, o con minor probabilità a Paul Thomas Anderson, coinvolto ne “Il filo nascosto” per l’appunto non solo in qualità di regista, sceneggiatore e produttore, o ancora ad Alexis Zabe (“The Florida Project”) e Sam Levy (“Lady Bird”).
Lontani dalla statuetta dorata si posizionano Rachel Morrison (“Mudbound”) e Ben Davis (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”) secondo AwardsCircuit, Barry Ackroyd (“Detroit”) e Matthew Libatique (“madre!”) secondo Scott Feinberg, John Mathieson (“Logan”), Seamus McGarvey (“The Greatest Showman”) e Sean Bobbitt (“Stronger”) secondo gli esperti di GoldDerby, e infine Darius Khondji (“Civiltà perduta”) secondo AwardsWatch.
Miglior scenografia
Anche per quanto riguarda le ricostruzioni d’ambiente si è abbastanza sicuri sui talenti di Dennis Gassner e Alessandra Querzola (“Blade Runner 2049”) e Paul D. Austerberry (“The Shape of Water”) in primis, come di Sarah Greenwood (“L’ora più buia”), Nathan Crowley (“Dunkirk”) e Mark Tidesley e Véronique Melery (“Il filo nascosto”). In due top 10 su tre sono rintracciabili ancora Sarah Greenwood affiancata da Katie Spencer (“La bella e la bestia”), Mark Friedberg (“La stanza delle meraviglie”) e Rick Heinrichs (“Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi”).
All’ottavo, nono e decimo posto nella lista di AwardsCircuit stanno David J. Bomba (“Mudbound”), Santo Loquasto e Regina Graves (“Wonder Wheel”) e Judy Becker (“La battaglia dei sessi”); parallelamente nell’Hollywood Reporter si trovano Stefania Cella (“Downsizing – Vivere alla grande”), Inbal Weinberg (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”), Rusty Smith (“Scappa – Get Out”), Aline Bonetto (“Wonder Woman”) e Marcus Rowland (“Baby Driver – Il genio della fuga”), mentre in AwardsWatch c’è spazio per Nathan Crowley (“The Greatest Showman”) e Rick Carter (“The Post”).
Migliori costumi
In tre top 5 stazionano Jacqueline Durran (“La bella e la bestia” e “L’ora più buia”) e Mark Bridges (“Il filo nascosto”), in due Ellen Mirojnick (“The Greatest Showman”) e Luis Sequiera (“The Shape of Water”). L’ipotetica cinquina così formata potrebbe essere forzata anzitutto da Sandy Powell (“La stanza delle meraviglie”) e Consolata Boyle (“Vittoria e Abdul”), sempre in top 10, oppure da Renée April (“Blade Runner 2049”) e Stacey Battat (“L’inganno”).
Più difficile che ci riescano Michael T. Boyd (“Mudbound”), Suzy Benzinger (“Wonder Wheel”) e Mary Zophres (“La battaglia dei sessi”), sostenuti da AwardsCircuit, Jeffrey Kurland (“Dunkirk”), avanzato da GoldDerby, Alexandra Byrne (“Assassinio sull’Orient Express”) e Ann Roth (“The Post”), proposte da AwardsWatch.
Migliori trucco e acconciatura
Ad oggi sembra improbabile che la terzina d’elezione non includa almeno “L’ora più buia” (Anita Burger, David Malinkowski e Lucy Sibbick) e “The Shape of Water” (Paula Fleet, Mike Hill, Shane Mahan e Jordan Samuel), e che il terzo incomodo possa essere scelto fra “La bella e la bestia” (Jenny Shircore) e “I, Tonya” (Mary Everett, Bill Myer e Teresa Vest). Si presentano comunque distintamente anche “Il filo nascosto” (Paul Engelen e Jon Henry Gordon), “The Greatest Showman” (Sunday Englis, Gary English, Nicki Ledermann, Gary Martori, Angela Levin, Jerry Popolis, Tania Ribalow, Pamela S. Westmore, Nakoya Yancey), “Logan” (Gloria Pasqua Casny e Joel Harlow) e “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi” (Flora Moody e Allison Sing).
Scarse le speranze da riporre in “Thor: Ragnarok” (Vincenzo Mastrantonio e Luca Vannella), presente in AwardsCircuit, “Guardiani della Galassia Vol. 2” (John Blake, Camille Friend e Brian Sipe), in GoldDerby, e “Tutti i soldi del mondo” (Jana Carboni e Tina Earnshaw), in AwardsWatch.
Postilla di rilievo, stando ancora una volta all’ultimo regolamento redatto nel 2017: un massimo di tre personalità può essere eletta, ragion per cui alcuni dei nomi sopraelencati non potranno essere uditi alla proclamazione delle nomination.
Miglior sonoro
In capo alla piramide, con due top 5 di buon auspicio, sono posti “Blade Runner 2049” (Ron Bartlett, Doug Hemphill e Mac Ruth), “Dunkirk” (Gregg Landaker, Gary Rizzo e Mark Weingarten) e “The Shape of Water” (Christian T. Cooke, Filip Hosek e Brad Zoern); al livello successivo troviamo “Baby Driver – Il genio della fuga” (Tim Cavagin e Julian Slater), “Coco” (Christopher Boyes, Michael Semanchick e Vince Caro), “The Greatest Showman” (Tod A. Maitland, Jason Stasium e Dan White) e “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi” (David Parker e Michael Semanchick).
Scendendo ulteriormente s’incontrano “Detroit” (Paul N.J. Ottoson e Tom Burns), “Transformers – L’ultimo cavaliere” (Eric Flickinger, Jeffrey J. Haboush, Greg P. Russell e Gary Summers) e “L’ora più buia” (Craig Berkey e Roger J. Sacdalan) con Awards Circuit, “Scappa – Get Out” (A.A.V.V.), “La bella e la bestia” (Christian P. e Michael Minkler e John Casali) e “Wonder Woman” (A.A.V.V.) con AwardsWatch.
Miglior montaggio sonoro
Simile ma non identico il panorama che interessa l’ultima categoria, per la quale si candidano anzitutto “Blade Runner 2049” (Mark A. Mangini e Theo Green), “Dunkirk” (Alex Gibson e Richard King) e “Star Wars: Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi” (Matthew Wood), dietro i quali spingono “Coco” (Christopher Boyes e JR Grubbs), “Detroit” (Paul N.J. Ottoson), “The Shape of Water” (Nathan Robitaille) e “Wonder Woman” (James Mather).
La frontiera resta aperta ma distante per “Transformers – L’ultimo cavaliere” (Ethan Van der Ryn e Joel Erickson), “Spider-Man: Homecoming” (Eric A. Norris e Steven Ticknor) e “La battaglia dei sessi” (Mildred Iatrou e Ai-Ling Lee), presentati da AwardsCircuit, e “Baby Driver – Il genio della fuga” (Julian Slater), “Scappa – Get Out” (A.A.V.V.) e “The War – Il pianeta delle scimmie” (William Files e Douglas Murray), prediletti invece da AwardsWatch.
L’Italia agli Oscar
Chiudiamo a questo segno con un celere e debito riepilogo dei non pochi cineasti italiani in lizza, almeno sulla carta: abbiamo la facoltà di puntare su Luca Guadagnino, produttore e regista di “Chiamami col tuo nome”, su Dario Marianelli, autore delle musiche de “L’ora più buia”, sui montatori Valerio Bonelli (“L’ora più buia”), napoletano, e Walter Fasano (“Chiamami col tuo nome”), barese, sul leggendario direttore della fotografia Vittorio Storaro, rinnovato grazie a “Wonder Wheel” il contratto con Woody Allen dopo “Café Society”, sulla scenografa triestina di “Blade Runner 2049” Alessandra Querzola, triestina, e di “Downsizing” Stefania Cella, milanese, e per concludere sui truccatori Vincenzo Mastrantonio e Luca Vannella, reclutati per “Thor: Ragnarok”.
Poche invece le speranze da riporre nell’“A Ciambra” di Jonas Carpignano, come già rilevato in rappresentanza dell’Italia quest’anno per la sezione riservata ai film in lingua straniera, e in “Al di qua”, documentario di Corrado Franco ammesso ufficialmente alla corsa dedicata.
Al momento non sono rintracciabili notizie certe sulla nazionalità di Francesca Silvestri, produttrice di “The Florida Project”. Antonio Santini, regista e produttore del documentario “Dina”, è “purtroppo” portoricano, mentre Santo Loquasto, scenografo di “Wonder Wheel”, americano della Pennsylvania.
La rubrica “Oscar 2018: L’aria che tira” si rinnoverà grazie ad un aggiornamento fra un mese esatto.
Vi lasciamo con due tabelle riassuntive redatte dal sottoscritto, in cui a colpo d’occhio è possibile individuare le aree di influenza esercitate dai film più chiacchierati.
Written by Raffaele Lazzaroni
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