Donne contro il Femminicidio #27: le parole che cambiano il mondo con Valeria Bianchi Mian

Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile.

 

Femminicidio

Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, varie Donne che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.

Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo. Non sono intervenuta chiedendo ulteriori specificazioni né offrendo un canovaccio. Alcune hanno scritto molto, raccontando e raccontandosi; altre sono state sintetiche e precise; altre hanno cavalcato la pagina con piglio narrativo, creando un discorso senza soluzione di continuità.

Non tutte hanno espresso opinioni univoche, contribuendo, così, in modo personale alla “ricerca sul campo”, ma tutti si sono dimostrati concordi nell’esigenza di un’educazione sentimentale e di una presa di coscienza in merito a un fenomeno orribile contro le donne, che necessita di un impegno collettivo.

Oggi è il turno, per “Donne contro il femminicidio”, di Valeria Bianchi Mian, psicoterapeuta e psicodrammatista di orientamento junghiano. Vive a Torino e conduce gruppi di vario genere: supervisione, formazione, terapeutici, laboratori espressivi. Ha pubblicato poesie, filastrocche per adulti, saggi sulla donna e sulla femminilità. È redattrice per la rivista Niederngasse.it e per Psiconline.it. Illustra articoli e libri con i suoi sketches. Con Silvia Rosa ha creato “Medicamenta- lingua di donna e altre scritture”: laboratori, reading, eventi. È attiva contro la violenza di genere.

Femmina

Lo dico così, quasi poeticamente: Femmina è Mercurio incompleto, è la metà di un androgino, un errante spirito inquieto. Femmina è la penna d’uccello che Ermete ha perduto, è la “saggia parola di Eva” (C.G. Jung). Femmina è controparte, opposto pronto per l’alchemica congiunzione con il maschile, la Venere di Marte, la Luna del Sole. In ogni donna, la femmina è una parte importante – ha a che fare con i volti delle dee nel “Sé”, il centro della personalità di ogni donna, e può indubbiamente essere un abito ad hoc per un “Io” femminile. Ma in ogni donna c’è anche un compagno interiore, il principio maschile dentro di noi, quello che Jung chiama “Animus”. Un buon rapporto tra la femmina e il maschio interiori, una relazione di “fratellanza inquieta” (Nadia Fusini) è, a parer mio, una risorsa che ogni umano – donna o uomo che sia – dovrebbe  poter contemplare. Se femmina nell’uomo è aspetto dell’animo, intuito e arte, nella donna è umore, è ormoni e corpo, è seno e glutei. È un mondo di odori, è istinto e latte nutriente. Femmina è l’energia vitale e ferina che può risplendere anche nelle donne in menopausa. Femmina, in realtà, più che utilizzare parole tenderebbe al gesto, all’anima animale, quella vita in contatto con le profondità psichiche che non è il caso di dimenticare nelle stanze più remote dietro la nostra Neocorteccia.

Femminismo

Senza, non potremmo nemmeno parlare di noi qui, oggi, adesso, liberamente, con coscienza. Se non ci fosse stato movimento, se non si fosse attivata una nuova dinamica tra e per le donne occidentali, non potremmo discutere delle differenze tra maschilismo e femminismo. Patisco quando le femministe contemporanee spingono in direzioni non dialoganti – con le altre donne, con gli uomini. Non ritengo inoltre femminista un pensiero estremista, talvolta identificato con la manipolazione (a volte negazione) del corpo femminile come grande conquista dei diritti – ho un’età che mi consente di amare il mio corpo senza fargli male per dichiarare alcunché (penso alle cyber-femministe dei ’90). D’accordo, è importante non essere obbligate dalla storia, dalla società, da noi stesse al corpo “naturale”, al ruolo di madre (o, al contrario, il non avere figli come libera scelta) ecc., ma per lo meno riconoscere queste potenzialità come risorse – e la tecnologia come mero strumento, senza divinizzare – mi pare d’uopo. Oggi, con le tematiche in auge – GPA, fecondazione assisitita – trovo che il dibattito abbia assunto spesso toni aggressivi e unilaterali. Nel mio libro sulla maternità surrogata, scritto con le psicologhe analiste Silvana Graziella Ceresa e Simonetta Putti, cerco di riflettere sul tema a partire da un’analisi delle politiche sociali del desiderio verso un confronto con le risorse interiori individuali, il limite e la responsabilità. Se dovessi indicare una dea di riferimento per un femminismo che mi piace, che sento vicino, direi Minerva che ci guida alla saggezza (ed è la dea che in “Utero in anima” abbiamo infatti privilegiato).

Femminicidio

Valeria Bianchi Mian

La realtà quotidiana. La continua azione del patriarcato contro le donne. Un reato da condannare, i casi innumerevoli in cui gli uomini – amici, amanti, mariti, compagni, sconosciuti – uccidono le donne per disamore delle stesse, per disprezzo. I femminicidi uccidono quelle donne perché le ritengono di volta in volta abbandoniche, troppo forti, eccessivamente autonome, virago, iperseduttive, ingrate nei loro confronti, e via discorrendo, in un tripudio di giudizi perentori: sono loro, gli uomini, a voler decidere come le donne dovrebbero comportarsi. Le ammazzano perché è il “maschio” che afferra il potere della vita e della morte sulla “femmina”. Si ode l’eco dell’Antico Testamento: “Maschio e femmina li creò”, ed ecco che il maschio imperava e ancora imperò. Non si può chiamare omicidio un femminicidio, quando il secondo è oggettivamente una categoria specifica, relativa all’uccisione di un essere umano di sesso femminile in quanto tale (con tutte le sottili sfumature tra caso e caso, ruotanti intorno al concetto “se non sei mia, così come voglio io, sei morta”).

Educazione sentimentale

Si comincia da piccoli, è indubbio. In quanto madre di un figlio maschio, mi rendo conto di come certi atteggiamenti siano attivi sin dall’infanzia – non si direbbe, eppure è così, lo vedo ogni giorno nel modo di porsi del bambino verso di me, mamma, e verso il suo papà – e di come occorra, attraverso un atteggiamento autorevole e al contempo affettivo, coinvolgere i futuri uomini nel riconoscimento e nel rispetto dei sentimenti. Non si finisce mai: mi capita di lavorare su queste tematiche anche nei gruppi di formazione e supervisione con operatori maschi e femmine. È un tema sempre presente nelle nostre relazioni: amicali, sentimentali, sociali e professionali. Ed è giusto che sia così. Che sia come l’acqua, fondamentale.

 

Written by Emma Fenu

 

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