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“Lontano da Medina” di Assia Djebar: le figlie di Ismaele, le donne al tempo del Profeta

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Realtà o provocazione? È questo l’interrogativo che nasce dalla lettura di questo insolito romanzo della famosa scrittrice maghrebina Assia Djebar, edito in Italia da Giunti.

Lontano da Medina

Perché le storie che racconta, ambientate nell’undicesimo anno dell’Egira, narrano di donne ribelli, poetesse e guerriere, profetesse e regine che, lontane dalla tradizione classica che vuole le donne relegate a ruoli decisamente secondari nel panorama sociologico dell’universo islamico, assurgono invece a protagoniste della loro fede, della loro religiosità, profondendo passione e abnegazione nei momenti di sconforto e confusione che seguirono la scomparsa del Profeta.

L’autrice intreccia invenzione e cronaca in un susseguirsi di episodi avvincenti, dove suspense, ironia, storia e mito si cedono scambievolmente il passo.

È proprio a partire dal titolo Lontano da Medina” che iniziamo a capire quali sono le allocazioni di queste donne, donne che stanno fuori, sia geograficamente che simbolicamente, dai luoghi sacri per antonomasia, ma anche dai luoghi del potere temporale. Ed ecco allora comparire la regina yemenita chiamata a vendicare il suo popolo o solo a salvare se stessa. O ancora Salma la ribelle, una ragazzina tenuta prigioniera che si erge a capo dei ribelli, alla testa di un dissenso generale.

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“Per la prima volta una guerriera si staglia come capo d’armi contro l’Islam: Salma, in questo undicesimo anno dell’egira, annuncia altre donne indomite e ribelli, come la più irriducibile di esse, Kahina, la regina berbera”.

Vi è poi il capitolo dedicato alla cantatrice di satire, una poetessa dotata del dono di una favella ironica e tagliente, le cui poesie mettevano in discussione il potere costituito, ridicolizzavano la società, acquisendo popolarità di bocca in bocca.

Una donna colta, dunque, e in quanto tale ancora più pericolosa, perché oltre alle normali qualità femminili, già di per sé considerate nocive, assommava in sé l’intelligenza e la capacità di espressione. E che naturalmente, pagò a caro prezzo la sua sfrontatezza per aver irriso il Profeta, meritevole di una punizione esemplare.

“La poetessa non pare preoccupata, il suo viso resta impassibile. Si prepara alla morte (…) Accovacciata comincia a cercare dentro di sé le parole, il soffio che sta per esalare. Vuole aggredire la morte”.

Assia Djebar

Una donna coraggiosa, quindi, che non rinuncia alla sua libertà di espressione nemmeno sul punto di morte, pagando con la vita la passione per la verità e il suo dono poetico.

Di particolare interesse il capitolo dedicato alla “Liberata”, una schiava affrancata da A’isha. In questo harem di donne ribelli dare voce e risalto a una vecchia schiava è di per sé un atto rivoluzionario e in quanto tale viene raccontato ed esaltato dalla Djebar in questo suo lavoro: “Libera come essere umano e libera come donna, potere io stessa scegliere quale uomo voglio, oppure vivere da sola, o …”.

E così via, di donna in donna, di provocazione in provocazione, scorrendo fra le righe della storia dell’Islam le immagini di donne indomite e fiere della loro femminilità, che non si lasciano addomesticare e piegare sotto le regole, anche sanguinarie e violente, del dogma religioso.

Un libro che ci regala spunti di riflessione sull’attuale condizione delle donne in molti paesi di religione islamica, a cominciare dalla patria della mezza luna, quell’Arabia Saudita dove nascere femmina ha ancora una valenza negativa e la strada della vita per una donna è tutta in salita.

 

Written by Beatrice Tauro

 

 

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