Uomini contro il Femminicidio #6: le parole che cambiano il mondo con Stefano Marullo
Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile. Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, vari Uomini che si sono distinti nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.
Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo. Non sono intervenuta chiedendo ulteriori specificazioni né offrendo un canovaccio.
Alcuni hanno scritto molto, raccontando e raccontandosi; altri sono stati sintetici e precisi; altri hanno cavalcato la pagina con piglio narrativo, creando un discorso senza soluzione di continuità.
Non tutti hanno espresso opinioni univoche, contribuendo, così, in modo personale alla “ricerca sul campo”, ma tutti si sono dimostrati concordi nell’esigenza di un’educazione sentimentale e di una presa di coscienza in merito a un fenomeno orribile contro le donne, che necessita di un impegno collettivo.
Oggi ad intervenire è Stefano Marullo, autore di monologhi, racconti e articoli, nato ad Agrigento e residente a Padova. Ha collaborato con varie riviste, tra cui NonCredo e L’Ateo, e con vari blog, tra cui A ragion Veduta, Sitosophia e DiogeneMagazine. Scrive per Marea, trimestrale femminista, e recensisce libri per il sito Cultura al Femminile. Ha composto le pièces W le mestruazioni e L’uomo nasce femmina.
Femmina
Il termine è sempre stato demonizzato in chiave patriarcale e misogina. Due celebri teologi domenicani, Jakob Sprenger ed Heinrich Kramer, tristemente noti per avere scritto il Malleus Maleficarum, libro che ebbe non poca responsabilità nella cosiddetta “Caccia alle streghe” e che venne raccomandato da Papa Innocenzo VIII nel 1484, scrivevano a proposito di questo lemma che esso deriva dal latino femina e lo scomponevano in fe (fede) e minus (meno). Intendevano, così, dimostrare come la donna avesse meno fede di un uomo e che, quindi, era un essere debole ed imperfetto. Un mio monologo si intitola L’uomo nasce femmina: non appaia questa una provocazione. Uno studio pubblicato tempo fa su Nature Genetics, infatto, riportava i risultati di una ricerca da parte di un gruppo di ricercatori americani dell’Università di Stanford che conferma l’ipotesi secondo la quale tutti discendiamo da un’antenata femmina, probabilmente vissuta in Africa 143 mila anni fa. La cosa interessante di questa scoperta. che si basa sui marcatori della sessualità, precisamente sul DNA mitocondriale per la donna e sul cromosoma Y per l’uomo, è che il primo si è affermato inalterato, trasferendosi da donna a donna, mentre il secondo è arrivato con ritardo circa 84.000 anni. In parole povere, e con buona pace della Genesi e di altri testi sacri, non la donna deriva dalla “costola” dell’uomo ma è vero il contrario, il maschio è arrivato dopo: forse, ironicamente, è un tentativo di migliorare la specie, con risultati modesti.
Femminismo
È un movimento di liberazione globale del genere umano che fa bene alle donne ma anche agli uomini. Pur contenendo un “ismo” , è un termine non ideologico e valoriale: non è affatto il contrario del maschilismo, come erroneamente o in malafede si vuole contrapporlo. Il maschilismo, infatti, è il portato della (sotto) cultura patriarcale millenaria e fa male sia alle donne che agli uomini. L’uomo che opprime l’altra sua metà, non può che abbruttire il mondo. C’è una bellissima immagine, nel Simposio di Platone: volendo castigare l’uomo, Zeus lo tagliò in due; l’uomo si “ricompone” solo quando trova l’altra sua metà. Mi piace usare questa simbologia per definire il rapporto tra i due sessi, paritario e complementare. Come dicono gli U2 in una famosa canzone: “We are one but we are not the same”, siamo uno ma non siamo la stessa cosa. Il femminismo autentico non predica la superiorità della donna sull’uomo ma semplicemente l’uguaglianza tra i sessi, l’uguale dignità. Una lezione che tante ideologie con vocazioni totalitariste e le religioni monoteistiche faticano ad assimilare.
Femminicidio
Un termine che abbiamo cominciato a sentire nei telegiornali non da molto tempo. Una vera piaga che investe interi Paesi. Le cifre sono impressionanti. Dati ufficiali parlano di almeno 66.000 donne e bambine che vengono uccise ogni anno nel mondo, una cifra enorme, che rappresenta un quinto di tutti gli omicidi (indagine relativa al periodo 2004-2009), arrotondata per difetto. Ci sono posti in cui nascere donna è quasi una “iattura”. Penso a Ciudad Juarez, nello stato messicano del Rio Grande, dove in un solo anno sono state 370 le donne assassinate. Penso al dramma delle spose bambine che muoiono durante la prima notte di “nozze” come è successo a Rawan, una bambina di otto anni in Yemen. E chiamo femminicidio anche il suicidio di donne come Pavitra Bhardwaj, che in India faceva l’assistente universitaria prima di essere violentata da un gruppo di colleghi. Dopo aver denunciato, venne licenziata perché la sua parola di donna non contava rispetto a quello degli uomini. Dopo un anno e mezzo si diede fuoco davanti al tribunale che avrebbe dovuto darle giustizia. Le donne scesero in piazza quella volta e anche la legislazione venne parzialmente rivisitata. L’Italia, dove una donna muore per mano di un uomo ogni tre giorni, non può entrare nell’alveo dei Paesi civili.
Educazione sentimentale
È la grande assente nelle scuole di ogni ordine e grado. Il primo, e spesso Unico, approccio che hanno moltissimi adolescenti maschi con il sesso è dato dalla pornografia, che dà una lettura unidirezionale, sessista e maschilista del rapporto tra i sessi. I testi scolastici sono obsoleti, in Italia mi risulta esistere una sola università, a Trento, che tratta di questioni di genere. Il sesso e i sentimenti sono ancora tabù. Quando si è cercato di affrontarli è venuta fuori tutta la polemica sull’ideologia gender, una polemica pretestuosa ed eterodiretta per dire, in soldoni, che di certi argomenti non si può e non si deve parlare. Non sottovalutiamo anche la pregnanza delle parole. Ogni rivoluzione comincia sempre dal lessico: donne con le ovaie va meglio che dire donne con le palle; un maschietto che piange non è una femminuccia. C’è ancora moltissimo da fare. Oggi donne come la Boldrini o la Boschi diventano bersagli per il solo fatto di essere donne a prescindere dalle loro idee politiche: l’essere donne è un’aggravante nell’immaginario collettivo.
Written by Emma Fenu
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