Meditazioni Metafisiche #1: l’epoca del capitalismo assoluto

La nostra è l’epoca del capitalismo assoluto e la filosofia oggi non può ignorare questo problema sociale oramai globalizzato. La filosofia deve prendere in seria considerazione (come non ha mai fatto in passato) il dramma odierno della società ingabbiata dentro la forma merce, che ha invaso ogni ganglio dei sistemi.

Meditazioni Metafisiche #1

Mi permetto però di osservare che personaggi come Hegel e Marx, ai quali molti si richiamano, sono i pensatori meno adatti a supportarci in questa operazione, mentre l’unico pensatore che ci può effettivamente soccorrere fino in fondo è Arthur Schopenhauer – l’antihegeliano per antonomasia.

Hegel, ad esempio, è l’astrattismo personificato, colui che ha ignorato tutto, persino la natura, sollevandosi come un pallone gonfiato sopra tutti i mondi e tutti gli uomini (così diversi fra loro e che in sé sono fenomeni individuali e relativi), per assolutizzare ogni fatto, finanche la storia, attraverso quella sua nefasta quanto assurda idea dell’assoluto nel divenire; mentre Schopenhauer rappresenta la concretezza filosofica come pochi altri.

Marx, per contro, sebbene sia stato uno dei primi che abbia criticato il capitalismo in maniera acuta – sviscerandone le contraddizioni interne – ha sorvolato le considerazioni sulla natura intima dell’uomo (cosa imperdonabile per un filosofo), limitandosi alle analisi delle classi e le categorie sociali; inoltre egli difetta della pars construens, fermandosi alla critica.

Cerchiamo ora di ragionare con Schopenhauer.

Che cos’è l’uomo, che cos’è la storia e che cos’è il capitalismo?

L’uomo è un animale egoico, sostanzialmente immerso nel suo egoismo, esattamente come ogni ente della natura, frutto di una relazione amoroso-sessuale, la quale è la prima espressione di quell’impulso – sempre di carattere particolare – che si manifesta come attrazione dell’elemento maschile e femminile della natura animale. Ebbene quest’impulso – anche se si fa difficoltà a crederlo – è ciò che rappresenta l’uomo nel profondo, lo spinge da dentro e lo tiene sotto scacco; la sua potenza è strabordante poiché, in effetti, muove l’intero l’universo.

Si tratta del primo grande inganno: l’inganno della natura, un inganno ante reflexionem. Ora, essendo l’uomo l’essere più volitivo del creato, nonché un animale sociale che tende alla vita collettiva per i numerosi vantaggi che ricava dalla comunità, unendo le sue forze con quelle altrui, quell’egoismo raggiunge in lui il grado massimo, ragion per cui la vita degli uomini – così diversi fra loro – non può che esprimersi in lotte, contese, guerre e sopraffazioni, pur con tutta l’apparenza del bene di cui è animata e con cui viene presentata.

Ecco le società; ecco ciò che fa da substrato alla storia umana, – non diversa nella sua essenza da quella degli animali. La vita è ricerca e l’uomo è un esploratore animato da mille urgenze, prima fra tutte quella della fame, che lo spinge ansiosamente a bramare le avare risorse della Terra. L’uomo dunque esplora, scopre, progredisce; e in questa sua disperata ricerca conquista il mondo attraverso una lotta sempre serrata e drammatica, tanto da manifestarsi come un vero e proprio inferno, con mezzi e sistemi sempre più sofisticati e subdoli, con la raffinatezza delle tecniche e la tecnologia avanzata.

Willelm Reich – energia orgonica

Questo è il mondo odierno. Quando quest’epoca sarà finita, se sopravvivrà un germe dell’umanità, si darà vita ad una nuova era, dove ci si avvarrà di altre risorse energetiche, certamente rinnovabili, che daranno modo – alla nuova umanità – di “progredire” ancor di più nel senso materiale, risolvendo problemi che oggi ci appaiono insormontabili. Si potrà, ad esempio, ovviare alla sovrappopolazione mondiale, attraverso la costruzione di città spaziali artificiali autoalimentate (con energia orgonica), ed altri sistemi simili. E così per tutti gli altri crucci. Ci si accorgerà però, che così operando, non si risolvono i problemi, bensì li si sposta semplicemente più in là, trasportandoli su un altro piano, attraverso società ancora più complesse della nostra, sì che le lotte e le guerre si faranno – ad esempio – nello spazio cosmico, in contesti e situazioni ancora più stridenti e gravi: le fiamme dell’inferno si espanderanno sempre più.

Ogni soluzione che l’uomo cerca inevitabilmente per via dell’affermazione positiva della volontà, ovvero del proprio ego, è falsa ed ingannevole, dà all’uomo solo l’illusione di raggiungere il bene al quale egli aspira: è invece il male intrappolato nel suo inganno.

Le società sono insidiose, e la prima insidia è la famiglia, nucleo fondamentale e primario della collettività, nella quale si devono mantenere in equilibrio rapporti di forza tra i suoi vari componenti (altro che alcova di amore!). La famiglia si crea con uno scopo ben preciso, la procreazione, vale a dire la nascita della prossima generazione, ciò che deve rendere immortale l’uomo mortale. La natura ci ha reso mortali, e l’uomo invece, come tutti gli animali, aspira all’immortalità, a vivere in eterno su questo pianeta.

Come fa allora a soddisfare tale desiderio? Sfruttando la natura stessa, in una forma però che si manifesta attraverso una mutua assistenza (se così vogliamo dire), in cui non solo l’uomo si serve della natura ma anche la natura dell’uomo. La natura ha messo a disposizione dell’uomo l’abbondanza dei semi (spermatozoi) e la forza della fecondità (potenza dell’istinto sessuale), con il fine ultimo della procreazione e della perpetuazione della specie.

Alla sessualità è associato il piacere dell’orgasmo, e a questo processo naturale, finalizzato alla procreazione, l’uomo gli costruisce una sovrastruttura artificiale che è la famiglia, dove l’unione matrimoniale uomo-donna rappresenta la prima forma istituzionalizzata e riconosciuta di società. Da ciò segue che un matrimonio senza figli è un ibrido, quasi un non-sense, un voler soddisfare solo il desiderio effimero di una generazione destinata a perire. La natura dunque parla chiaro, e ci dice che una sessualità non finalizzata alla procreazione porterebbe in breve tempo il genere umano all’estinzione. Nulla di ideale, dunque, nella famiglia e nelle società.

Platone, quando nella sua Politeia dipinse magistralmente il ritratto della sua città ideale, ci mostrò il trionfo del bene attraverso la dialettica della ragione, ma un trionfo – a dire la verità – visto come ipotetico e non attuabile nel mondo sensibile, possibile solamente nel cielo, nel mondo iperuranico.

Schopenhauer ci ha mostrato che l’unica vera e autentica soluzione ai problemi dell’uomo non si trova sulla via dell’affermazione della volontà, bensì su quella della negazione, vista cristianamente come ascesi, redenzione del mondo. Esso è un percorso di abbandono, un rientrare in sé della volontà, un ritirarsi con un atto di contrizione e di amore che trascende il mondo della fisicità e della materia.

Arthur Schopenhauer – Ritratto di Ludwig Sigismund Ruhl – 1815

Si tratta di un percorso esoterico-iniziatico di natura non sociale o collettiva, ma strettamente individuale a cui pochi accedono. Ecco ciò che la filosofia oggi deve riprendere a dire! Questa è una verità molto antica che si rinnova eternamente solo nel linguaggio. Da questo discorso è dunque esclusa la storia, la quale non è mai stata presa in considerazione da nessun pensatore serio, perché la storia degli uomini ci presenta sempre la stessa cosa in infinite facce. La storia è un multiforme Proteo dai mille volti cangianti, e pur tuttavia sempre identica a se stessa.

La storia, inoltre, è per la maggior parte scritta dai vincitori, e, come tale, già distorta in origine, falsata dalle ricostruzioni a posteriori dei sopraffattori. Essa, in aggiunta, il più delle volte viene anche letta con gli occhi nostalgici del presente, sicché si ha l’impressione che il passato sia sempre migliore, esattamente come, attraverso l’alibi della speranza, si tende a costruire il futuro sempre idilliaco rispetto ad un presente amaro. Bisognerebbe sforzarsi di vedere ogni periodo storico con gli occhi del suo tempo, e non con quelli del tempo successivo, e allora si vedrà che ogni epoca ha le sue inquietudini e i suoi drammi, e non esiste perciò un tempo migliore di un altro, giacché le sofferenze non si mitigano ma si trasformano: i problemi sono una costante della vita umana.

Alla storia è associato il potere (e la guerra), il quale teoricamente andrebbe distrutto nelle sue basi concettuali ed etiche, per realizzare una forma sana di anarchia (autarchica), in cui ognuno basterebbe a se stesso (come l’ideale del saggio). Ma ciò è utopia, richiede una morale e un uomo nuovo, ovvero un’umanità che sappia riconoscere un unico principio etico fondato sulla solidarietà, sull’amore e sulla compassione: una cosa impossibile!

A causa di questa impossibilità, abbiamo che il potere ha sempre avuto i suoi vari rappresentanti. Un tempo era rappresentato dalla monarchia, dalla chiesa, dalla borghesia, dalle varie forme di aristocrazia etc., oggi, mercé l’abnorme sviluppo tecnologico (indubbiamente favorito dall’era del petrolio), è rappresentato dal capitale e la finanza, ovvero dall’oligarchia dei plutocrati che esprime la sua totale anarchia, con la complicità dell’ignoranza e l’incoscienza della folla che più o meno inconsapevolmente vuole e alimenta il sistema (non potendo fare altro).

Il capitalismo, come è stato più volte detto, è la sistematizzazione sociale dell’innato egoismo umano, regolamentato e portato alle estreme conseguenze; dunque non potrà crollare, poiché affonda le radici nell’essenza della natura, come legge di sopraffazione dell’animale più forte sul più debole.

È impossibile decretarne la fine, poiché esso è nato con le prime società storiche (quando l’uomo passò dalla caccia all’agricoltura, per essere più precisi), sebbene in forme rudimentali e non sistematiche (come quella odierna), come un tropo artificiale del meccanismo della natura. In ogni società umana non si è mai realizzato alcunché di alternativo al capitalismo, bensì si sono avute forme di esso mascherate da socialismo o comunismo, le quali, come si sa, si sono presentate subdolamente come un capitalismo di Stato.

Lo strumento finanziario (il denaro, per intenderci) è il suo lubrificante, di modo che un capitalismo senza la finanza è come un motore di un’automobile senza olio: non si può metterlo in moto senza bruciarlo. È da ritenere probabile piuttosto che se non si prendono seri provvedimenti, il capitalismo si acutizzerà a tal punto da far diventare questo mondo un inferno ancora più terribile di quello che è.

Infatti, lo sviluppo tecnologico in progressione geometrica, farà sì che le energie per la produzione di oggetti (inutili) se ne troveranno a iosa e anche a buon mercato, di modo da soppiantare il petrolio come unica fonte energetica non rinnovabile. Avverrà così la follia che la cosiddetta crescita sarà veramente infinita ed i consumi illimitati; perché questo è ciò che l’uomo inconsciamente vuole.

La morte del capitalismo potrà aversi solamente cambiando l’idea di progresso, ma soprattutto attraverso un grosso processo di moralizzazione che metta l’uomo eticamente al centro del mondo; processo che ci faccia capire cos’è la vita e quali sono i valori su cui puntare; il che è un’impresa titanica per una siffatta umanità. A causa dello sviluppo incontrollato della tecnologia, infatti, e di una tale cultura messa al centro della vita e delle attività umane, abbiamo sviluppato un sistema che ha completamente dimenticato l’uomo, ponendolo al servizio della macchina, facendolo diventare un suo insulso ingranaggio, con il risultato che ha portato alla morte di ogni aspetto spirituale della vita.

Dunque, per risolvere realmente il problema, bisogna auspicare una palingenesi dell’uomo; palingenesi che va aiutata con una massiccia opera di educazione culturale, spirituale e ascetica. Tutto questo discorso è valido sempre se non sarà prima il pianeta Terra a decretare la fine del capitalismo, a causa della distruzione ambientale: in tal caso con il capitalismo si estinguerà anche l’umanità.

 

Written by Andrea Grieco

 

 

Info

Il quadro ripreso nel manifesto visivo Μεταφυσικοί Διαλογισμοί è un prestito dall’opera Over the town di Marc Chagall (Vitebsk, 7 luglio 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 28 marzo 1985).

Rubrica Meditazioni Metafisiche

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4 pensieri su “Meditazioni Metafisiche #1: l’epoca del capitalismo assoluto

  1. Secondo me il capitalismo non ha soluzione. L’uomo è per natura consumista, il primo scopo è quello di consumare, e poi, forse, quello di interrogarsi sui perché della vita.

  2. Non può essere una giustificazione, però se siamo così egoisti è soprattutto perché (per una questione fisiologica) siamo sempre cosi dentro noi stessi; e ci vuole molta volontà per uscirne, anche se per pochi secondi.
    E forse non abbiamo dimenticato l’uomo, non credo che egli non sia posto al centro al giorno d’oggi; anzi! Dire questo contraddice sia l’aver detto in precedenza che l’uomo è egoista per natura, sia il fatto che ogni epoca ha gli stessi problemi e non ne esiste una migliore dell’altra.
    Probabilmente gli interessi dell’uomo sono sempre stati al centro, ma come uomo SINGOLO, che brama la scalata sociale… l’esser figo, invidiabile, ricco, potente, ubbidito, imitato ecc. (da qui deriva il capitalismo).
    Quindi, o è cosi e basta e dobbiamo accettare questa porcheria; o impicchiamoci al primo albero.
    Oppure, rivoluzione totale.

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