Giotto ed il superamento dello stile bizantino
Sviluppatasi a Costantinopoli presso la corte imperiale, tra il IV e il XV secolo, l’Arte Bizantina sintetizza in sé l’incontro-scontro delle civiltà barbariche con quella romana.

Alla tradizione classica di far uso dell’arte per magnificare ed esaltare i potenti, od omaggiare la divinità, unisce la primitiva semplicità dei barbari, oltre che gli elementi dell’horror vacui ereditati dall’arte di ispirazione cristiana.
L’horror vacui, locuzione latina, è da tradursi letteralmente con “terrore del vuoto”.
In ragione della teoria aristotelica secondo cui “la natura rifugge il vuoto”, la natura viene colmata costantemente. Teoria in contrapposizione al pensiero della Scuola Pitagorica antica e della filosofia atomista che affermava che l’esistenza del vuoto non solo era possibile, ma una necessità.
In arte, l’horror vacui spiega l’atto di riempire l’intera superficie di un’opera in maniera particolareggiata e nei minimi dettagli.
In seguito alle invasioni barbariche, in ragione dello stile bizantino, la tecnica dei grandi artisti della Roma classica viene abbandonata e superata da quella degli invasori.
Nonostante nel suo sviluppo, che si protrae per oltre mille anni di vita, l’arte bizantina abbia avuto espressioni stilistiche diverse fra loro, alcuni elementi di tutta la produzione artistica sono univoci e ricorrenti.
La predilezione per le immagini simboliche e allegoriche, per esempio, che si manifesta nelle rappresentazioni pittoriche o scultoree, le quali si limitano a rappresentare personaggi o eventi in maniera essenziale.
Vengono cancellati tutti i fronzoli, abbellimenti e quanto possa essere inteso come atto di concessione alla vanità; in ragione di ciò scompare la capacità di esprimere l’armonicità e l’elasticità dell’epoca classica.
Nelle figure prevale un frontalismo, che ne favorisce la fissità dei gesti e degli sguardi, quasi una tendenza a un’astrazione soprannaturale per descrivere l’aspirazione dell’uomo verso il divino, ma che realizza le figure in modo troppo schematico.
In conseguenza di ciò si perviene a un appiattimento delle forme che perdono il loro senso plastico, si spogliano di ogni movimento, anche a causa di scarsi riferimenti ambientali.

Il tutto viene collocato su sfondi monocromatici o fittamente dipinti con motivi geometrici, a detrazione del colore che perde di spessore e diviene puro, senza chiaroscuri o variazioni di tonalità. L’unica concessione all’importanza della sacralità dell’avvenimento o della persona è la colorazione vivace degli abiti nonché l’uso di una patina d’oro, sia per l’abbigliamento sia per lo sfondo pittorico.
A essere motivo caratterizzante dello stile bizantino è il Mosaico.
Ovvero l’uso di tessere policrome quale strumento ideale per coniugare le esigenze espressive di carattere visivo con il contenuto artistico, tanto da assurgere al ruolo di elemento per eccellenza nella Costantinopoli del VI secolo. Anche se già nel IV secolo il mosaico bizantino conosce un periodo di fioritura e innovazione. Perché animato da colori più brillanti che conferiscono atteggiamenti più umani alle composizioni.
Una testimonianza, fra le molte, della magnificenza dell’arte musiva bizantina, la si può rintracciare nella basilica di San Vitale a Ravenna.
Seguono poi le icone, altro fattore principe dell’arte bizantina.
Sono diverse le tecniche per produrre tale profilo artistico: encausto, mosaico, stese su tavola o su muro. Tutte dal chiaro contenuto religioso, talvolta associato a un significato civile.
Quindi, le miniature. Elemento di cui si riscontra un’eccellente qualità nei manoscritti.
Quelle più antiche rivelano tendenze orientaleggianti ed elleniche. Le più recenti evidenziano un’inclinazione legata agli scriptoria di Costantinopoli.
Infine, a proposito della scultura si può affermare che quelle a tutto tondo sono rare. La scultura lapidea ha un ruolo minore rispetto al rimanente universo artistico, perché è nelle decorazioni su smalto che lo stile bizantino raggiunge livelli qualitativi eccelsi.
Nel particolare è l’Avorio Barberini, collocato nella Cattedrale vescovile di Massimiano in Ravenna, l’opera in cui la scultura raggiunge le vette più alte.
La pittura italiana ricalcherà i modelli tardo bizantini fino al Duecento; da quel momento in poi nascono nuove forme di espressione artistica. Il compito di effettuare un vero e proprio distacco dal passato spetterà a Giotto, grande innovatore della pittura.
L’influenza di Giotto fra i suoi contemporanei determinerà gli sviluppi successivi di tutta l’arte italiana, tale da poterlo considerare il rinnovatore del linguaggio figurativo: alla pari di Dante Alighieri in campo poetico.

La sua opera rappresenta una sintesi delle diverse visioni artistiche della sua epoca: della tradizione bizantina e romanica fino al gusto gotico, del recupero dell’arte classica e paleocristiana, disegnando infine il superamento di tutto ciò.
“Il più grande dipintore del mondo.” Ebbe da dire di lui il Boccaccio.
Nato probabilmente nel 1267, presso Vicchio del Mugello, Giotto è simbolo della tradizione artistica medioevale, e figura massima dell’arte non solo italiana ma dell’intero Occidente.
Di lui si raccontano episodi che sfiorano la leggenda.
Che Cimabue fosse il suo maestro, per esempio, e che fosse rimasto sorpreso dall’abilità del giovinetto di tratteggiare un gregge di pecore su un masso. O ancora della perfezione con cui Giotto tracciava la circonferenza senza l’utilizzo del compasso.
Di altri fatti, invece, si ha certezza. Che, attraverso la sua pittura, si attua una grande rivoluzione nell’arte, che non solo rompe gli schemi con quella del passato, ma diventa motivo di ispirazione per gli artisti coevi.
La sua arte, infatti, segna il passaggio dal medioevo all’umanesimo, tracciando un percorso pittorico evolutivo che avrà il suo compimento nell’epoca rinascimentale.
Come già ricordato, prima di Giotto in Italia imperava un modo di dipingere del tutto improntato alla Scuola Bizantina. Inizialmente autodidatta, si stacca dagli schemi fissi seguiti in tutta la penisola, e recupera alla pittura la dimensione spaziale, oltre che pathos e umanità.
Le sue rappresentazioni infatti non sono piatte e i suoi colori non sono puri, ma animati dai chiaroscuri.
Le svariate tonalità, il panneggio degli abiti danno volume e corporeità non solo ai personaggi, ma anche all’insieme della composizione pittorica.
Giotto, infatti, non colloca più le figure umane su sfondi monocromatici, ma rappresenta gli elementi con una plastica descrizione del reale, della natura, offrendone un’interpretazione tale da divenire mezzo per tradurre emozioni e sentimenti in immagini di diverse gradazioni di colore.
I personaggi non appaiono più come sospesi nel vuoto, ma si collocano nello spazio occupandolo con la loro corporeità: si muovono e interagiscono con la realtà che li circonda.
Ne è esempio eccellente il busto chinato di San Francesco verso il basso, nell’affresco di Giotto denominato il “Ciclo delle storie di San Francesco”, nella Basilica di Assisi; anche se alcuni studiosi sostengono che non sia del tutto opera dell’artista toscano.

Uno dei suoi più celebri capolavori è il Crocifisso di Santa Maria Novella in Firenze, oltre che il ciclo di affreschi nella Cappella degli Scrovegni a Padova.
Qui è anche ritratto il primo bacio dell’arte italiana: quello tra Gioacchino ed Anna, nella scena dell’Incontro alla Porta d’oro.
Le braccia spalancate di San Giovanni, i volti della Madonna, la Maddalena, gli Apostoli, composizioni che trovano posto nella stessa cappella patavina, sono opere che attribuiscono alla pittura giottesca un inedito dinamismo e vitalità per l’epoca. Gli si può quindi attribuire una rara capacità di esprimere e trasmettere sensazioni e sentimenti quali gioia e dolore, superando l’immobilismo bizantino.
“Credette Cimabue nella pintura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura.” Scriveva Dante Alighieri nella sua Divina Commedia.
La profonda trasformazione operata da Giotto riguarda anche la figura dell’artista di cui, superate le concezioni del passato, viene esaltata la capacità inventiva.
Ma, evento straordinario, grazie alle sue geniali intuizioni, Giotto introduce nell’arte medievale l’invenzione della prospettiva. L’uso della prospettiva permette di superare la bidimensionalità dell’arte bizantina e ottenere così un maggiore realismo della composizione. La prospettiva di Giotto è detta “a spina di pesce”, perché le linee di fuga non convergono su di un unico punto, ma su vari punti disposti lungo un’asse.
Inoltre, è il primo a rappresentare nelle sue opere la borghesia medievale, una classe sociale emergente all’epoca, offrendo così motivo per un’identificazione tra l’opera e il fruitore che si riconosce nei personaggi raffigurati.
Comunque, Giotto non solo è riconosciuto come il più grande pittore, ma anche artista dalle notevoli doti di architetto: gli è attribuito infatti il progetto e la costruzione del Duomo di Firenze.
Non si deve però pensare che Giotto non sia debitore alla scuola bizantina. Si ritiene infatti, che la sensibilità coloristica l’abbia acquisita grazie all’osservazione e allo studio anche degli artisti bizantini.
Per concludere due curiosità.
A Giotto è stato intitolato un cratere sulla superficie di Mercurio e gli è stato dedicato un asteroide: il 7367 Giotto.
Written by Carolina Colombi