“L’ora di pietra” di Margherita Oggero: quel momento in cui tutto sembra fermarsi e ogni cosa si pietrifica
“La zia scaduta non è buona e neppure cattiva, più che tutto è scontenta e qualche volta arrabbiata. Io non so come sono, so soltanto che vorrei non essere io ma un’altra persona e avere un’altra vita. Oppure non averla avuta, perché prima, cioè prima di nascere non si sta male, non si sta e basta. Quando mi metto a pensare a queste cose mi viene la gola stretta e voglia di piangere, però non piango perché non serve, mi metto invece seduta dietro alla finestra che dà sulla via e guardo giù. Intanto il tempo passa.”
Pubblicato da Mondadori nel 2011, L’ora di pietra di Margherita Oggero è romanzo dall’approccio non propriamente facile, almeno in un primo momento. Infatti, è soltanto quando la narrazione va avanti per un certo numero di pagine che si svela al lettore la protagonista. Che è una tredicenne di nome Imma, la quale vive a Torino presso una zia, la “zia scaduta” come dalla stessa viene definita.
Sradicata dalla sua terra d’origine, le giornate di Imma sono vuote e tutte proiettate nell’attesa del ritorno serale della zia. Il suo unico diversivo è affacciarsi a una finestra, la quale le permette di guardare lo scorrere delle vite altrui, e diventa ponte fra il mondo esterno e la sua realtà interiore.
Perché a causa di un segreto, nascosto nel suo travagliato passato, Imma conduce una vita da reclusa. Proveniente da un sud arretrato, dove l’imperativo è rispondere alla legge del boss, Imma si è ribellata a tale consuetudine, tanto che i suoi familiari si sono visti costretti a farla trasferire al nord.
La giovane è sgomenta, smarrita, perché le sue giornate sono colme soltanto di una sconfinata solitudine.
Ma, per sottrarsi al suo forzato isolamento, la giovanissima Imma decide di inventarsi qualcosa.
E, stanca della coercizione cui è costretta, in un giorno qualsiasi, viola il dettame che le è stato imposto e azzarda un’uscita, che però le costerà cara. All’insaputa della zia si allontana da casa per andare incontro alla vita, quella vita che le è stata negata, ma che le sarebbe d’obbligo vivere. Se non altro per la voglia di esistere che la sua giovanissima età le impone.
“Da piccola dormivo nel lettone grande quando papà non c’era, ma non c’era quasi mai e io respiravo il calore e l’odore di mamma, un odore buono di pelle e di terra e di foglie e di limoni e di fiori, un odore che anche adesso riconoscerei tra mille altri e che qualche volta sento ancora come se ce l’avessi sotto il naso.”
La sua uscita sarà l’occasione per incontrare Paolo, venditore di libri usati, e con cui intreccerà un rapporto limpido. L’incontro la spingerà a fare della lettura il suo interesse primario, con l’intento soprattutto di tenere lontana l’ora di pietra. Che altro non è se non il momento in cui Imma avverte forte il vuoto e la silenzio della casa, quel momento in cui tutto sembra fermarsi e ogni cosa si pietrifica in una sorta di immobilità. Ma la vita reale non è immobile, avanza, portandosi via l’adolescenza di Imma; perché lo sradicamento non è soltanto dal suo sud, ma anche da se stessa, da quel sé nel quale si identifica a fatica.
Ed è attraverso la lettura, il diario di Anna Frank nello specifico, che ha modo di scandagliare il proprio animo e di evolversi. La tragica esperienza di Anna Frank, la sua reclusione nel particolare, sarà punto di incontro fra Imma e la vittima dell’Olocausto, e diventerà anche spinta propulsiva per infondere in Imma determinazione e coraggio. I quali saranno elementi fondamentali per quello slancio di libertà che le permetteranno di proseguire nel suo non facile cammino di vita.
“Dovevo raccontare tutto subito. Non lo feci perché ero stordita e febbricitante, perché quello che avevo visto e sentito era troppa cosa e non avevo la forza di parlane. La nonna mi chiese un paio di volte se per caso avevo visto Marika e io per due volte scossi la testa, che a dire forte No non ci riuscivo.”
Romanzo di formazione, L’ora di pietra è libro toccante, anche per la grave tematica che si cela dietro ai fatti raccontati con una sorta di candore: il ruolo della donna in un sud antiquato, dove le femmine sono considerate oggetti a uso e consumo dei prepotenti del paese.
Narrato in maniera semplice, dal registro ricco e fluente, L’ora di pietra contempla anche inserimenti dialettali tali da dare maggior realismo al racconto.
Sviluppato in capitoli brevi, come istantanee che il lettore può visualizzare nella propria mente, è romanzo che si fa amare, grazie anche ai numerosi flashback i quali permettono una maggior comprensione del personaggio di Imma e del suo background. Perché la nostalgia che la ragazza si porta appresso per l’abbandono degli intrecci familiari, dà una connotazione intimistica a L’ora di pietra, tale da confezionare un testo da apprezzare nella sua interezza.
“Zia Rosaria arriva a casa prima del previsto: doveva andare a fare un po’ di spesa e invece non ha nessuna borsa di nylon appesa al braccio. Ha però la faccia stralunata e io penso che sia a causa di una nuova telefonata di Alfonso.”
Written by Carolina Colombi