Sardegna da scoprire #7: le antiche fiabe raccontate dai nonni
È bello sentire antiche fiabe dalle bocche dei nonni, quando si è bambini. Anche io ebbi questa fortuna, le notti di estate, quando, dopo la fine della scuola, i miei genitori mi spedivano dai nonni paterni.

In teoria ero lì per aiutarli, e lo facevo, per qualche minuto al giorno. Poi correvo a giocare con i miei cuginetti e gli amici del vicinato, affrontando i riti di passaggio che, da sempre, dovevano superare i ragazzi del paese nella difficile strada da percorrere per diventare adulti.
Sono cresciuto, come il tempo obbliga a fare alle cose vive, ma le fiabe ed i riti me li ricordo, anzi sono parte di me.
Le fiabe del nonno, che parlavano di Fate e di Giganti, estremamente precisi, mi hanno permesso di trovare Domus de Janas ormai dimenticate, o Tombe dei Giganti sepolte sotto colline di terra depositata dai secoli.
Ero un ragazzino quando, per la prima volta, seguendo le fiabe del nonno, insieme al mio cugino, scoprimmo una Domus. Era piovuto molto, mi ricordo, come succedeva sempre quando il mese di agosto declina, in Sardegna.
L’acqua fece tutto il lavoro, in verità, scoperchiando una tomba antica. Mio cugino ci mise accidentalmente il piede dentro e così, tra l’erba secca, bagnata dal temporale, iniziò la mia avventura. Il buco era stretto, l’ingresso era parzialmente occluso da un cumulo di terra, frutto del lavoro di una volpe che aveva eletto a dimora quell’antica grotticella.
Dentro trovammo della ceramica, delle pietre lavorate e un teschio che ci terrorizzò così tanto da spingerci a fuggire così velocemente da superare ogni record di velocità nella corsa campestre. Credo che teschio, ceramica e, ora lo so, antiche Dee Madri, siano ancora lì, sepolti nel limo.

Poi, seguendo le indicazioni di mio padre che conosceva perfettamente i dintorni del paesello dove sono nato, ormai grande, vidi il cimitero, enorme, dei legionari romani che, di stanza a Castrum, morivano come mosche, di malaria o per gli agguati dei Balari, fieri signori del territorio, dalle mie parti.
Poi la lapide del Signifer, che la leggenda vuole sia stato l’amante di Atte, a sua volta amante e liberta di Nerone, lapide mortuaria a lui dedicata, appunto, da Atte. Signifer della II coorte dei Liguri, morto in battaglia a pochi metri dall’attuale cimitero di Tula.
E la Tomba dei Giganti, costruita allungando un antichissimo Dolmen, tomba a cui l’antico Sopraintendente di Sassari, l’indimenticabile Francesco Nicosia, voleva dare il mio nome. Tutto grazie ai racconti dei vecchi.
E poi la nonna, che mi raccontava le fiabe di Processioni dei Morti, nelle notti attorno al 24 giugno, processione che lei giurava di avere incrociato, una notte ventosa d’inizio estate e di essere stata rimandata a casa da una sua parente, morta da tempo, con un benevolo “Questa non è per te, la Processione. Torna a casa!” E i racconti sulle Cogas, le Vampire sarde, che succhiavano il sangue dei bambini.
E le minacce, Maria Fressada, che soffoca chi non dorme, il pomeriggio delle roventi giornate della stagione calda. E il Signore delle Mosche che comanda alle sue suddite di divorarti, se “faghes su fizzu malu” se sei cattivo.
E le Strie, che ti fanno i malefici, mentre le Majalzas te li tolgono. Poi il Rito dei Riti, la “cattura” dei fuochi fatui, al cimitero, in una calda notte di luglio.
Provate voi a catturare una fiammella che danza sopra una tomba, sotto la pallida luce della Luna piena. Molti fuggono, tutti, lo confessino o meno, hanno paura. Ma bisognava fare anche questo, per diventare uomini di valore, nella Sardegna di qualche decennio orsono.

Poi sono cresciuto ma ancora vedo, in ogni Nuraghe, i Giganti che lo costruirono ancora al lavoro, nelle Domus, eterna dimora dei miei antenati, la casa delle Fate, intente a filare i loro preziosi tessuti.
Confesso che, ancora oggi, come mi hanno insegnato mio nonno e mio padre, porto con me una manciata di grano, da offrire alle poche Fate rimaste. Un chicco di grano davanti ad ogni Domus, per farle vivere un anno intero. Lascio il grano davanti alle groticelle più celate, perché le Fate sono esseri timidi e si nascondono lontane dagli Uomini, sempre di meno, sempre in luoghi più impervi. Nelle Tombe dei Giganti immagino le grandi ossa dei mitici Costruttori di Torri, quelli che tennero prigioniero Cronos, all’inizio dei secoli.
Anche l’Archeologia, in Sardegna, ha un sapore diverso: il sapore dei ricordi.
E voi, quando visiterete un monumento qualsiasi, in questa antica terra, se c’è un vecchio lì accanto, chiedetegli di chi abita quelle rovine. Tutte hanno una leggenda, un padrone, un fantasma a tenerle vive.
Written by Salvatore Barrocu
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