FEFF 2017: Sezione Competition – “Mrs K” di Yuhang Ho
Udine. A metà giornata, in data lunedì 24, al Teatro Nuovo sede del Far East Film Festival è stata la volta dell’atteso “Mrs K”, presentato dal simpatico regista malese Yuhang Ho (unico inviato del proprio Paese) come un film d’ispirazione western (specialmente quello italiano, e in effetti lo si appura già udendo la ricorrente “Ballata” scritta da Roberto Pregadio per “Il pistolero dell’Ave Maria”, 1969).
È il racconto di una mamma (Kara Wai) che si vede rapire la figlia (Siow Li Xuan) avuta dopo aver portato a termine 15 anni prima un colpo grosso al casinò dall’esito non avallato da tutti i membri della banda.
Fra questi c’era lo Scarface di turno (Simon Yam), deciso a rovinare la nuova esistenza lungi dagli intrighi della malavita che l’ex complice s’era comodamente predisposta e in più a farle pagare la perdita dei propri familiari avvenuta in seguito alla débâcle criminale.
Madre e padre (ossia il musicista rock taiwanese Wu Bai) si mettono così alla ricerca dell’amata creatura, decisi a non perdere nemmeno uno scontro.
Da una trama simile ci si aspetterebbe un’indiavolata girandola di combattimenti marziali; eppure, più che un action tout court, l’opera si presenta come dramma con qualche valido ma rapido siparietto, maggiormente concentrato sulla dinamica thriller dell’hide and seek inscenato da vittima e rapitori, sulla cattura delle sofferenze genitoriali, sul sentimento di crudeltà nutrito da chi cerca una vendetta tutt’altro che improvvisata e, non ultima, sulla tenacia conservata nelle violenze subite dalla piccola ormai non così piccola.
“Mrs K” da eroina accreditata fornirà anche il titolo alla realizzazione, ma eccezion fatta per una prima aggressione ai suoi danni sventata con grazia felina Ho ce la mostra più umana di quanto probabilmente vorremmo, non di rado a un metro dal vero e proprio collasso.
In fondo, quest’inaspettata atipicità è il pregio e allo stesso tempo il difetto principale dell’intero lungo, il quale tutto sommato si lascia seguire volentieri, invitando inoltre gli spettatori a parteggiare, in certo qual modo proprio a motivo della vulnerabilità della protagonista, sia per i buoni che per i villain (da questa prospettiva fra tutti si distingue Faizal Hussein, il maledettamente attraente braccio destro rutilo del nemico numero uno).
È una storia del cinema d’azione, che pare miri a farsi considerare semplicemente, seppur con dignità, uno degli episodi fra tanti.
Da notare, piccola chicca, la partecipazione del regista Fruit Chan nei panni di uno dei vilmente assassinati, al centro delle dissertazioni sul Far East Film Festival in qualità di autore riscoperto grazie al restauro in 4K delle sue prime prove, “Made in Hong Kong” (1997), che Oubliette Magazine da buon web media partner non si lascerà certo sfuggire.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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