“Grande nudo”, di Gianni Tetti: l’apocalisse sarda del mondo e dell’umano
Gianni Tetti è nato a Sassari nel 1980. Laureato in Lingue e Letterature Straniere, specializzato in tecniche di narrazione per cinema e tv, ha conseguito un dottorato in Storia e Critica del Cinema. Sceneggiatore e registra di cortometraggi; è autore di racconti che sono stati pubblicati su Frigidaire, Il Male, Atti Impuri, Prospektiva e in diverse antologie.

Per Neo Edizioni ha pubblicato tre romanzi che, sebbene intimamente legati, sono comunque sostanzialmente e formalmente indipendenti: I cani là fuori nel 2010, Mette pioggia nel 2014 e da ultimo, a dicembre 2016, a chiudere la cosiddetta Trilogia del vento, Grande nudo, attualmente tra i candidati all’ambitissimo Premio Strega.
Quasi settecento pagine, disponibili sia in formato cartaceo che in ebook, per chiudere il cerchio di un discorso che ha come ambientazione la Sardegna, Sassari, e come elemento costante il vento dell’isola, il famigerato maestrale sardo. Uno scenario apocalittico di forte suggestione, che ci catapulta in un mondo legato al passato, alle tradizioni, alle radici primordiali, fra religione, mito, superstizione, e di un’umanità depredata, mutilata da odio, egoismo, violenza, guerre, esperimenti di ogni sorta, in una spirale di progresso senza scrupoli che ingenera una morte intesa ampiamente come prezzo da pagare. Tra violenza pura, esasperata, grottesca, si muovono numerosi personaggi, spesso ombre umane, caricature, deformazioni e distorsioni di ciò che, una volta, era l’essere umano. Una volta… quando?
Siamo in un tempo attuale, ma tristemente proiettato verso un futuro che pare senza luce. La vita umana disprezzata, vituperata, violata in ogni suo aspetto, è ridotta a grumo di funzioni vitali da soddisfare, pulsioni, perversioni, animalità. La storia principale all’inizio non esiste: essa si forma, si compone, pian piano, entro un ordine cronologico scardinato, dove si viaggia come dentro un grande incubo, in una visione allucinata della realtà. È il XXI secolo, non un futuro lontanissimo il protagonista assoluto, siamo Noi quello che è rimasto. Dopo le guerre, dopo gli attentati. Dopo i virus. Dopo la grande depressione. Dopo la grande ripresa che ne ha ammazzato più di tutti.
Cronaca e attualità, la storia contemporanea, quotidiana, tutto sta dentro questa grande storia che ha come limite, orizzonte e fine, l’autodistruzione. Denso e diluito, fortemente variato è lo scriverne, al modo di Gianni Tetti. Modus scribendi personalissimo, maturo, consapevole e completo.
Le frasi sono brevi, a volte brevissime; spezzato e ansimante il ritmo, martellante. È una scrittura tagliata e tagliente, capace di vivisezionare sia il narrato che le molteplici voci narranti che continuamente variano, variando pure la prospettiva e mostrando le differenti facies della realtà. Scrittura capace, nel contempo, di penetrare a fondo le emozioni del lettore, creare interstizi dove annidarsi, prendendone possesso.

E così si resta storditi, come colpiti in pieno volto da un maglio, eppure ammaliati, completamente catturati nella storia che crea, dal tutto e dal nulla, dall’oggi onnipresente, dal nulla dell’increato narrativo, per produrre qualcosa d’imponente, importante, originale.
Non sto a dire del genere, ché siamo di fronte a opera troppo complessa e variegata per sottostare a strette classificazioni, nemmeno dirò dei vari personaggi, maschili e femminile, nemmeno di quelli dai ruoli chiave, di Maria la cagna o del majarzu, dei cattivi e dei buoni che, forse, poi così buoni non sono, di chi fugge, di chi bracca e insegue, di chi ammorba e infetta e di chi è infettato, della ribellione dei cani che straziano e divorano i padroni e di uomini che mangiano altri uomini, dei bambini e del diluvio universale e di una nuova salvifica Arca di Noè.
No. Non avrebbe senso perché dentro tutto questo si deve per forza entrare, cadere a precipizio: se lo fai, hai addosso la loro stessa paura, e corri, scappi, ti manca il respiro, ti acquatti, ti nascondi, piangi, urli, maledici e speri. Senti addosso tutto il peso di un’eredità malconcia. Sei dentro. Per uscirne certamente diverso, con le ossa un po’ rotte, col coraggio di guardarsi allo specchio e riconoscersi ancora.
Questo è uno dei pregi dell’opera: Grande nudo è così grande da contenere, nella sua IsolaMondo, potenzialmente tutto e tutti. Un libro grande non è sempre un grande male, ma un male e un malessere tanto profondo, enorme, può diventare un grande libro. Con Gianni Tetti è successo.
Written by Katia Debora Melis