Contest di poesia e prosa “Il trono del padre” – partecipazione gratuita
“Complici gli studi liceali di filosofia e di scienze, l’interesse verso le nuove conquiste spaziali, ma anche l’antico influsso dei principi religiosi della madre, da lui tanto introitati nel tempo lontano della prima comunione, Fausto si avventurava spesso, sempre nel solito terrazzino dove studiava, lungo tortuosi percorsi che desideravano disvelare i destini del mondo e i misteri dell’uomo. Cominciò dai concetti di “illusione” e di “impermanenza”.” – “Il trono del padre – (L’innocenza)“ –
Regolamento:
1. Il Contest letterario gratuito di prosa e poesia “Il trono del padre” è promosso dalla web-magazine Oubliette Magazine e dall’autore Massimo Pinto. Il Contest letterario è riservata ai maggiori di 16 anni.
Il Contest è gratuito. Il tema è libero.
2. Articolato in 2 sezioni:
A. Short Story in 200 parole (un racconto breve avente come limite massimo di partecipazione 200 parole, e come limite minimo 30 parole)
B. Poesia (limite 80 versi)
3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo di scrivere la short story in un documento word e cliccare in alto Revisione, e Conteggio parole in alto a sinistra.
Per la sezione B si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite.
Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email ma nel modo sopra indicato.
Ogni concorrente può partecipare in entrambe le sezioni e con una sola opera per sezione.
4. Premio:
N° 1 copia del romanzo “Il trono del padre – (L’innocenza)”, di Massimo Pinto, edita dalla casa editrice Bastogi Libri.
Saranno premiati i primi tre classificati della sezione A, ed i primi due classificati della sezione B.
5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 29 aprile 2017 a mezzanotte.
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta da:
Alessia Mocci (Editor in Chief)
Massimo Pinto (Scrittore)
Emma Fenu (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)
Katia Debora Melis (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)
Elisa Longo (Collaboratrice Oubliette)
Carina Spurio (Poetessa e Collaboratrice Oubliette)
Marzia Carocci (Poetessa e Collaboratrice Oubliette)
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti per un invio sollecito senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione per email: oubliettemagazine@hotmail.it indicando nell’oggetto “Info Contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando), in alternativa all’email si può comunicare attraverso la pagina fan di Facebook:
https://www.facebook.com/OublietteMagazin
10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti al Contest Letterario; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.
11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
BUONA PARTECIPAZIONE E BUONA LETTURA DELLE OPERE PARTECIPANTI!!!
E’ SERA
Quante stelle in cielo, ma non si vedono.
Quanto bagliore in quella luna, che non c’è.
Quanto bianco fumeggia nel vuoto
trasformando il suo alito
in leggera brezza notturna.
E tutto tace
è sera…
E’ la breccia che s’apre
per offrire un po’ di compagnia.
E’ una tazza di caffè
a quell’uniforme buia e silenziosa.
E’ sera nel tempo
è sera nel cuore,
è sera in me…
Ma domani sarà giorno,
domani
sarà luce!
Sezione B Poesia – accetto il Regolamento
Ines Zanotti
Daniela Giorgini – Sezione B Poesia – Accetto il regolamento
Informe e conforme
Ingobbita, zoppa, deforme,
sotto il peso della vita.
Ho desideri e sogni
che cercano di mantenere
dritto il cuore,
ma tutto ciò che è
fuori da me
mi fa deviare.
Cerco uno specchio,
ma non mi trovo.
Vedo solo gli altri e so
di essere lì,
da qualche parte.
Informe e conforme.
Wolfgang Pili – sezione B poesia – accetto il regolamento
Metamorfosi di felicità
Cummenti
funt
is pisittus
candu
pappant mera?
Perdingianus
prenus.
Enrico James Scano – Sez. A SHORT STORY – Accetto il regolamento del concorso.
Titolo: PROFUMO
Ho sentito il tuo profumo, questa mattina. L’ho avvertito forte quando ho affondato il viso nell’asciugamano fresco di bucato. Odorava di buono, di tempi felici, di sole e di mare. Sapeva delle nostre lunghe passeggiate in campagna. Aveva il gusto vivace di menta e limone, i tuoi preferiti. Aveva la leggerezza di questo cielo azzurro che è arrivato con la primavera, di questa luce nuova che mi circonda. Tutto sapeva di te oggi, perfino la voce della gente, il miagolio di un gatto, le lettere sul frigo e i clacson delle auto. Le fresie che ho nel vaso sono tornate a sbocciare, ancora una volta in tua assenza ma è chiara la tua impronta. I rami dei nostri alberi mi salutano ogniqualvolta questa brezza li attraversa. Non puoi essere che tu e ancora tu, sempre tu con noi, anima guardiana delle nostre anime. Mi addormento così, col tuo profumo, fuori e dentro di me. Mi sorridi da una mensola ma so che sei qui, accanto a me. Ne sono certo, staremo di nuovo assieme nei miei sogni, questa notte.
EJS
È nata…
Eccoti, finalmente sei nata,
in una fredda serata d’autunno, scaldandomi il cuore d’amore e tenerezza infinite.
Le tue manine minuscole s’aggrappano
al camice bianco che ti adagia piano sul seno materno: il tuo primo contatto alla vita.
Proteggerti dal mondo è il mio primo pensiero, allontanare qualsiasi paura dai tuoi occhi innocenti e comprendere il tuo pianto in ogni momento.
Quando non sarò insieme a te, ti sarò vicina ugualmente, con il cuore e il pensiero.
Benvenuta!
Accetto il regolamento. Sezione B – poesia
Fernanda Raineri
Silvano Calzini – Sezione A Short Story – Accetto il regolamento del concorso
Anni fa, per ragioni imperscrutabili, un signore molto piccolo di Salò si trovò ad avere contemporaneamente una 500 Fiat e una morosa altissima. Per fortuna aveva il tettuccio apribile (la 500 non la morosa), così d’estate il signore molto piccolo di Salò e la morosa altissima lo aprivano, guardavano il cielo stellato ed erano felici. Poi arrivò l’autunno con le sue piogge, il tettuccio rimase chiuso e la 500 cominciò ad andare stretta (più alla morosa altissima a causa della lunghezza delle sue gambe che al signore molto piccolo di Salò per la verità). Pensa qui, pensa là, il signore molto piccolo di Salò immaginò persino di tagliare le gambe alla morosa altissima, ma sarebbe stato un peccato. Pensa qui, pensa là finì che i due non si videro più.
Anni dopo il signore molto piccolo di Salò venne a sapere che la morosa altissima aveva sposato un tizio con una macchina enorme e che se ne è sempre strafregato del cielo stellato. Oggi la morosa altissima è una bella signora affascinate ed elegante e che soprattutto si annoia a morte. Proprio come il signore molto piccolo di Salò. Il cielo stellato è sempre lì.
Per amore della linfa
Potevo dirti che non esistevo
Ci avresti creduto perché l’estasi
non è mai stata tangibile
Ma ho finito col mostrarmi viva
sulla tua terra
per amore della linfa
Poi ci ho messo la grazia
per viaggiarti di spirito ancora più
una sola con te
Mai brillato così tanto
in verità
pur non vedendomi
se non quando il tuo sguardo
mi puntava dritta
Accetto il regolamento. Sezione B – poesia
Rita Stanzione
Partecipo alla sezione B, poesia. Accetto il regolamento del bando.
Cielo
Stavamo distanti
sulla Terra
a guardare il cielo.
I pensieri
si elevavano nell’immenso
celeste.
Le emozioni ci esiliavano
dalla vita comune.
Le nuvole,
disegni divini,
crollavano in immagini
a noi familiari.
E solo il vento
ci ricordava del corpo
lambendoci i confini.
Dalla terra
il cielo pare senza tempo
e lo spazio è senza confini.
Ho scorto l’infinito.
Partecipo alla sezione A, breve racconto. Accetto il regolamento.
“Cielo”
Io e lei ci siamo amati sin dal primo sguardo. Entrambi stavamo scrutando il cielo al parco, camminando senza tener conto della via o delle altre persone presenti. Ci sono fili invisibili che ci tengono stretti sin dalla nascita ma non sempre questi fili vengono percepiti.
Non fu il nostro caso. Un attimo e poi l’amore giunse a noi.
Son trascorsi tre anni da quell’incontro ed ancora i nostri occhi puntano in alto, ad osservare l’immenso che sovrasta le nostre teste, i nostri corpi. La nostra è una ricerca di infinito esterno, la nostra è semplicemente una ricerca.
Paola Pittalis -Sez. A SHORT STORY – Accetto il regolamento del concorso. Conflitti (titolo) Ma gli eventi della vita sono imprevedibili e ad un certo punto ti trovi ad un bivio. E ti rendi conto che tutto quello in cui credevi è senza fondamenta e crolla. Quando attraversi la strada del dolore e non vedi via d’uscita, quando ti rendi conto che il tuo Dio non ascolta le tue preghiere ti senti sola, abbandonata al tuo destino. Ti fai mille domande e tutte rimangono senza risposta, sì perché non ci sarà mai una risposta al dolore che vedi negli occhi di un bimbo ammalato di tumore, non c’è una risposta al dolore che tocchi con mano quando lo vedi negli occhi di tuo figlio. Ed è allora che la rabbia esplode con tutta la sua violenza, una rabbia interiore, una rabbia che chiude lo stomaco e ti piega. Te la prendi con te stessa perché non riesci a proteggere tuo figlio, a difenderlo dal male e la tua impotenza ti svuota di linfa vitale lasciandoti l’amaro in bocca. La tua fede che fino ad allora pensavi fosse Invulnerabile vacilla.
IL VIZIO
Quando il vizio entra,
tutta la vita lo adora
e lo ricerca
e lo assorbe
e lo dilata
e lo gode
e lo ringrazia.
Quando il vizio entra,
mutando te stesso
diventerà Natura,
impadronendosi del “Passato”
lo farà diventare tempo perso,
di un futuro
ammaestrato all’eterno suo ritorno.
Quando il vizio entra,
è difficile da ripudiare.
Quando il vizio entra,
le emozioni sono in suo nome.
Quando il vizio entra.
Sezione B Accetto il regolamento
Marco Bertoli – Sezione A. Short Story – Accetto il regolamento del concorso.
Sguardi
Quanti sentimenti contrastanti sanno esprimere gli sguardi di una donna! Basta il solo ravvivarsi o affievolirsi delle fiamme che li animano ed ecco che appare la pazienza nei confronti di un bambino chiacchierone o l’insofferenza per un semaforo ostinato a non concedere il via libera. Il fastidio per un vaso che sgocciola dal terrazzo di sopra oppure il sollievo per la sufficienza conquistata nel compito in classe di matematica. La speranza che un’amicizia nasconda qualcosa di più profondo o la delusione per un colloquio di lavoro annullato. La tranquillità nell’ascoltare il complesso preferito o il nervosismo che accompagna l’attesa di una punizione. L’aggressività contro un impiegato lento a scrivere o la dolcezza verso un cucciolo abbandonato.
Amore come quello di cui mi abbeveravo e saziavo e godevo sino a poco prima dell’altro ieri oppure… Odio ci si aspetterebbe a logica, invece fu di semplice e crudele indifferenza l’espressione che suggellò la morte del nostro rapporto.
Adesso è un terrore di purezza cristallina che congela le sfumature viola delle tue iridi. Nelle mie, al contrario, so che trionfa il fulgore dell’onnipotenza divina.
Assaporo ogni attimo mentre premo il grilletto.
SAPERE DI TE
Curioso sapere di te
da due strisce decise, un rosso acceso
su uno stick di plastica bianca
cartina di tornasole, alchimia
di non so quale imprevisto demiurgo.
Sei attesa, radice di silenzio
principio di ogni possibile giorno
ma breve è la misura del tuo esistere
già strappi istanti al corso del tuo tempo,
oggi solo una fitta impercettibile
poi trepido sfarfallio d’ecografo
polline di fiato, quieta distanza
che attimo su attimo si colma.
Io ti crescerò battito su battito
con la perizia attenta d’un orefice
a mani nude ti consegnerò
quell’ingombrante vita che pretendi.
Non avere fretta di essere mondo
nulla andrà perduto, ti tratterrò
l’effimero d’un fiore
l’angusto spazio d’una neve.
Non avere fretta, qui tutto scalcia
conoscerai astio, menzogne d’uomini
impietoso linciaggio d’anni, tu
fanne limo profondo di sapienza
verità, come di provvida pioggia
rettitudine e inalterato amore.
Sezione B – accetto il regolamento del concorso
Fabrizio Bregoli
sez. B accetto il regolamento Tania Scavolini
UN FILO D’ERBA SOLTANTO
Un filo d’erba tra i sassi
o al ciglio di una strada
rinuncia al verde d’un prato
nel rigoglio della primavera,
standosene in disparte fiero
come un albero maturo
Un filo d’erba soltanto
a creare primavera
sull’asfalto della vita
che passa e si consuma.
Basta guardarlo un attimo
che gli sorridi a denti stretti
tra i capitomboli dell’animo
al bivio tra forza e debolezza,
tra rabbia e delusione…
E stringi i pugni e attingi
alla sua determinazione
Di essere grande nella sua esiguità.
LA COPERTA A SCACCHI ROSA E BLU
Un sottopassaggio sporco che puzza di latrina, bottiglie dimenticate anche dall’ultimo sorso per sopravvivere. Cartoni che nascondono un fagotto a forma umana, avvoltolato in una coperta a scacchi rosa e blu.
Ilaria anche questa mattina attraversa quel sottopassaggio e non può fare a meno di notarla.
Quella coperta!
Uguale alla sua che serve la sera a riscaldare lei e il fidanzato e che avvolge quell’amore al dolce riparo dal mondo esterno, una coperta quasi magica che capisce e conosce i loro reciproci umori, le loro reciproche attenzioni.
Una riflessione colpisce profondamente la ragazza:
“Ma che contraddizione è la vita?
Due stesse coperte forse acquistate in quei negozi che si trovano ormai un po’ dappertutto: una però più fortunata, profumata di tenere promesse avvolge l’amore che nasce e si rinnova, l’altra puzzolente di emarginazione, avvolge la morte di un barbone nell’alba nascente di un ordinario giorno di città.”
Tania Scavolini
Sezione A accetto il regolamento
Sez. B – accetto il regolamento
Felice Serino
Conosco le voci
conosco le voci che muoiono
agli angoli delle sere
conosco le braccia appoggiate
sui tavoli nel risucchio
delle ore piccole
l’aria densa e le luci
che lacrimano fumo
e lo sferragliare dell’ultimo tram
la nebbia che mura le strade
conosco
i lampi intermittenti della mente
i singulti che accompagnano
quel salire pesante le scale
la morsa che afferra e non sai
risponderti se la vita ti scava
e il freddo letto poi fuori
dal tunnel
un altro mattino
per risorgere o morire
Lodovico Ferrari – Sezione A – Accetto il regolamento
Lei non sa cos’è il dolore.
Lei non sa cos’è il dolore.
Non è quel male cupo della solitudine, nemmeno la depressione per un amore finito. Quello passa com’è venuto, se ne va, lo si ricorda quasi con nostalgia, ma non è quello il dolore.
Lei non sa.
Il vero dolore scorre sotto la pelle, scivola sullo stomaco, striscia sulle circonvoluzioni del cervello.
Non ne ricordi l’inizio, pare non avere fine. Il dolore è l’attesa, l’attesa di qualcosa che, forse, mai accadrà.
È quello che ti bacia di notte e ti taglia il respiro. Che ti accompagna di giorno, tutto il giorno. E cerchi di velarlo di lavoro e di chiacchiere. Ma lui si attorciglia su di te come una serpe. Non ti morde, ma ti opprime. È quello che pensi di sciogliere con le lacrime, ma proprio di lacrime si disseta.
A volte fa gridare, altre fissare il muro bianco per ore.
È quello che maledici ogni singolo minuto e lui ride di te.
No, lei non sa cos’è il dolore, signor dentista della ASL.
Altrimenti non avrebbe fissato il mio appuntamento tra tre settimane.
Anna Paola Lacatena- Sezione A Short story- accetto il regolamento del concorso
Titolo: Apelle figlio… di Apollo
Aveva cinque anni Enea il giorno che a suo padre diedero quarantasei giorni da scontare in carcere.
La guerra fredda aveva inculcato nel padre la convinzione che ciò che apparteneva allo Stato era ricchezza da dividere tra il popolo.
Era stato sorpreso a rubare poco meno di due chili di pesche da un’area sotto il controllo della Marina Militare.
«Mamma! Dov’è papà?»
Non doveva sapere Enea quale disgraziato fosse suo padre.
È fuori per lavoro… Quale lavoro, però?! Giovanni faticava solo per riuscire a non fare nulla tutto il giorno.
Tutto ciò che riuscì a dire fu: «Se fai il buono, stasera, ti porto dalla zia Maria a guardare la televisione.»
Mentre assistevano con altre dieci persone a quello spettacolo storico, la donna ebbe un’idea.
«Eccolo tuo padre!»
Trasalì Enea.
Si avvicinò allo schermo con scientifica curiosità, cercando di cogliere dettagli familiari in quell’uomo che si muoveva lento, infagottato in una tuta bianca.
Rimosso a furor di popolo dalla zia Maria e riconsegnato nelle braccia della madre, il piccolo gridò cercando l’approvazione dei presenti: «È papà mio! È andato sulla luna! È nello spazio!»
Sorrisero i presenti, sorrise per giorni Enea.
Era il 20 luglio del 1969.
Gabriella Pison sezione B- Accetto il presente regolamento
MAREA
Con pazienza ho accolto i miei anni
la salsedine che divora speranze e sogni
tutto appeso a un filo di fumo
perché quando il tramonto lambisce i tuoi fianchi
e i tuoi occhi si riempiono di fuoco
a nulla serve la voglia di futuro
l’amarcord di ciò che sei stato.
Mi affido alla luna
seducente custode della galassia
offrendo scampo al profumo della paura
all’incertezza del buio
all’oscillare di un’altra me
che si fa accarezzare dal vento e dagli aquiloni.
La corrente vuol portarmi lontana
ricoprirmi della sua schiuma che si arrende alla marea
il passato rimbomba nel mio sangue
nei miei mostri marini
rosario di notti e giorni affacciata alla vita.
Non so cosa mi aspetti oltre l’orizzonte.
E intanto l’onda lambisce il mio cuore da bambina.
Un uccellino sbatte le ali contro le grate della sua bella gabbia dorata. Stringe le zampe contro il freddo metallo, ed urla.
La gente gli gironzola attorno e non sa far altro che dire- ” Ma di cosa si lamenterà mai questo uccelino? Ha una bella dimora e del cibo. Dovrebbe ringraziare di non ritrovarsi all’aperto, di morir di fare. Che ingrato!”
Dovrei ringraziare il cibo che mi viene lanciato e poi rinfacciato dalla donna che mi costringe a reprimere i miei istinti. Mi tappa la bocca, quando mi ribello, mi lega le zampe.
Ancora l’uccellino urla di dolore. Il cuore è straziato dal pensiero che lo ha appena attraversato. Sbatte ancora una volta le ali contro le sbarre, fino a quando il buio non lo pervade. Di nuovo, gli hanno accecato la vista con una stuoia.- ” Così la smette quella bestiaccia di cantare.”
Non sto cantanto! Sto urlando! Come fate a non capirlo?
SBAM! Un colpo scuote la gabbia.
Non gli rimane che mettersi in un angolo, piegare la testa, accomodarla su se stesso, ed assopirsi, sognando di volare libero, in cieli azzurri e prati colorati con i suoi compagni al suo fianco.
Serena Carlucci – sezione A – accetto il regolamento
Andrea Cipriano – sezione B – accetto il regolamento del concorso
Martin H.
Immacolato foglio
Sempre mi accogli
L’anima piano mi sfogli
Sentore di qualcosa di immenso
Poi immerso mi lasci
Nel mio sangue
Dove la coscienza langue
In isolamento
Senza più il tuo lento discorrere
Senza più suono alcuno
Da percorrere…
Ma ecco di nuovo
Mani impreziosite dal tuo sangue.
Amina
Ha il vento del deserto negli occhi di gazzella
ha il cuore è raggelato da lacrime trattenute
e collane di conchiglie strette ai polsi.
Le sue ore si rincorrono su righi scomposti,
scorrendo il dito su giorni scaduti.
Amina è schiava nella città di metallo.
Fiore venduto sull’asfalto amaro.
Fiore calpestato dalla linfa avvelenata,
tesse fili di notte
e li allunga all’infinito
per agganciare un cielo straniero .
Sarà per destino avverso o per fato contrario
trafitta come in croce e poi abbandonata
su un letto estraneo che la chiama “Puttana”
Lucyen 28 __Accetto il regolamento
Amina
Ha il vento del deserto negli occhi di gazzella
ha il cuore è raggelato da lacrime trattenute
e collane di conchiglie strette ai polsi.
Le sue ore si rincorrono su righi scomposti,
scorrendo il dito su giorni scaduti.
Amina è schiava nella città di metallo.
Fiore venduto sull’asfalto amaro.
Fiore calpestato dalla linfa avvelenata,
tesse fili di notte
e li allunga all’infinito
per agganciare un cielo straniero .
Sarà per destino avverso o per fato contrario
trafitta come in croce e poi abbandonata
su un letto estraneo che la chiama “Puttana”
Luciana Esposito __Accetto il regolamento
IL SEME DELLA BONTÁ
(La Via Crucis vista con gli occhi di un bambino ai tempi di Gesú)
(sez B) – accetto il regolamento
—————————-
Il fanciullo gioca felice nel cortil della sua casetta,
quando vede all’improvviso tanta gente andar di fretta :
donne, uomini, bambini… tutti corrono veloci
verso una direzione… urla, pianti e tante voci
l’una sull’altra… tante grida… “Cosa mai sarà successo?”,
dice il pargolo al papà… “Dai, anche noi andiamo… adesso,
centinaia di persone stanno andando ‘per di là’…
…raggiungiamole veloci!”. Così il bimbo e il suo papà
arrivan nella via dove tanta e tanta gente
arriva incuriosita. “Ehi, voi ! Sapete niente?”
dice il piccolo a due donne con in braccio una bambina.
“Come mai tante persone in questa piccola stradina?
Cosa c’è? Cosa aspettate? Chi dovrà passar di qua?
Una persona importante? C’è nessuno che lo sa?”
Gli rispondono in fretta : “Un uomo condannato…
lo porteran lassù, in collina… il suo peccato
è stato di proclamarsi ‘nuovo Re’,
e la giustizia non può attendere, perché
tutto il popolo ha già decretato
che venisse crocefisso e non salvato!”.
Il bambino allora vede da lontano
salir per quella via un uomo… piano piano…
cammina stanco… molto lentamente…
portando a braccia la sua Croce, sofferente.
Quando arriva dinanzi a lui, cade per terra
ed un soldato la sua frusta afferra
scagliando un colpo forte nella schiena
così forte e violento che l’uomo a terra, appena
riesce a gemere, così esausto e provato
per la fatica, e per quel colpo ricevuto.
Il bambin gli si avvicina… lo guarda in viso.
L’uomo gli accenna un tenero sorriso
anche se il fisico non lo sostiene più.
Allora il bimbo si accovaccia in terra, giù,
e gli dice : “Perché ti fanno questo? Ma perché ?
Perché ti sei proclamato Nuovo Re
quando sapevi che la giustizia, e non il fato
a morte ti avrebbe condannato ?”
“Vedi bambino”, disse l’uomo con un fil di voce,
“Io non voglio comandare…. la mia fine sarà atroce
ma il destino si deve compier fino in fondo…
Il mio regno ? No, non è di questo mondo.
E’ il Regno di Dio che io sto predicando
Un regno dove anch’io, ora, sto andando.
Ma prima si deve compiere il destino :
lassù, quella collina… vedi bambino ?
Non sarà un tragitto fatto invano,
perché Dio, là, mi prenderà per mano
e mi riporterà da Lui, da dove son venuto…
lassù in ciel, nel Regno Suo!” Il bimbo resta muto
a queste parole, così forti e soavi insieme.
L’uomo lo guarda : nella sua mano, un seme
compare all’improvviso. “Tieni questo seme, bel bambino,
vai adesso… e piantalo in giardino :
questo è il seme di Dio, per l’umanità,
da cui nasce il fiore azzurro della bontà.
Quando fra tre giorni il fiore sboccerà,
soffiaci sopra… e il vento porterà
i petali in ogni angolo del mondo, anche il più lontano,
… così saprò che non sarò morto invano!”
L’uomo si rialzò a fatica, rimettendosi in cammino
andando verso la collina… verso quel tragico destino,
guardando in volto quel bambin con un sorriso
mentre una lacrima scendeva piano nel suo viso.
Il bambino lo guardò allontanarsi, finché non lo vide più.
Era un uomo speciale… un uomo chiamato Gesù.
IL SEME DELLA BONTÁ
(La Via Crucis vista con gli occhi di un bambino ai tempi di Gesú)
(sez B) – accetto il regolamento
—————————-
Il fanciullo gioca felice nel cortil della sua casetta,
quando vede all’improvviso tanta gente andar di fretta :
donne, uomini, bambini… tutti corrono veloci
verso una direzione… urla, pianti e tante voci
l’una sull’altra… tante grida… “Cosa mai sarà successo?”,
dice il pargolo al papà… “Dai, anche noi andiamo… adesso,
centinaia di persone stanno andando ‘per di là’…
…raggiungiamole veloci!”. Così il bimbo e il suo papà
arrivan nella via dove tanta e tanta gente
arriva incuriosita. “Ehi, voi ! Sapete niente?”
dice il piccolo a due donne con in braccio una bambina.
“Come mai tante persone in questa piccola stradina?
Cosa c’è? Cosa aspettate? Chi dovrà passar di qua?
Una persona importante? C’è nessuno che lo sa?”
Gli rispondono in fretta : “Un uomo condannato…
lo porteran lassù, in collina… il suo peccato
è stato di proclamarsi ‘nuovo Re’,
e la giustizia non può attendere, perché
tutto il popolo ha già decretato
che venisse crocefisso e non salvato!”.
Il bambino allora vede da lontano
salir per quella via un uomo… piano piano…
cammina stanco… molto lentamente…
portando a braccia la sua Croce, sofferente.
Quando arriva dinanzi a lui, cade per terra
ed un soldato la sua frusta afferra
scagliando un colpo forte nella schiena
così forte e violento che l’uomo a terra, appena
riesce a gemere, così esausto e provato
per la fatica, e per quel colpo ricevuto.
Il bambin gli si avvicina… lo guarda in viso.
L’uomo gli accenna un tenero sorriso
anche se il fisico non lo sostiene più.
Allora il bimbo si accovaccia in terra, giù,
e gli dice : “Perché ti fanno questo? Ma perché ?
Perché ti sei proclamato Nuovo Re
quando sapevi che la giustizia, e non il fato
a morte ti avrebbe condannato ?”
“Vedi bambino”, disse l’uomo con un fil di voce,
“Io non voglio comandare…. la mia fine sarà atroce
ma il destino si deve compier fino in fondo…
Il mio regno ? No, non è di questo mondo.
E’ il Regno di Dio che io sto predicando
Un regno dove anch’io, ora, sto andando.
Ma prima si deve compiere il destino :
lassù, quella collina… vedi bambino ?
Non sarà un tragitto fatto invano,
perché Dio, là, mi prenderà per mano
e mi riporterà da Lui, da dove son venuto…
lassù in ciel, nel Regno Suo!” Il bimbo resta muto
a queste parole, così forti e soavi insieme.
L’uomo lo guarda : nella sua mano, un seme
compare all’improvviso. “Tieni questo seme, bel bambino,
vai adesso… e piantalo in giardino :
questo è il seme di Dio, per l’umanità,
da cui nasce il fiore azzurro della bontà.
Quando fra tre giorni il fiore sboccerà,
soffiaci sopra… e il vento porterà
i petali in ogni angolo del mondo, anche il più lontano,
… così saprò che non sarò morto invano!”
L’uomo si rialzò a fatica, rimettendosi in cammino
andando verso la collina… verso quel tragico destino,
guardando in volto quel bambin con un sorriso
mentre una lacrima scendeva piano nel suo viso.
Il bambino lo guardò allontanarsi, finché non lo vide più.
Era un uomo speciale… un uomo chiamato Gesù.
Giovanni Monopoli – Sezione B – Accetto il regolamento
Il soffitto di vetro
Soffi di vento a due passi dal cielo,
una invisibile barriera che avvolge l’animo
un orizzonte a scrutare lontano, laggiù
tra i volteggi di smarriti gabbiani
sul mare ondeggia una lontana vela
e il suo allontanare sempre più.
Un sogno nell’arcobaleno della vita
un soffitto di vetro oscurato alla vista
un arido giardino nella steppa dei cuori
una scala da demolire nel cammino.
Scalare il gradino,
scala irta e impervia, una mestizia
all’ombra di tutto, scegliere il volo
nella incertezza del destino
per aprire quel cancello all’amore
lasciando fuori il nemico, acerrimo dolo.
Invalicabili mura, tinte di ingiustizia
colonne di fumo ad ottenebrare lo sguardo
son lì all’osservo inconscio d’ognuno,
ma quel soffio di vento carezza ancora
e sfonda quel soffitto di vetro della viltà
relegato a mero fato,
per quell’aria in respiro
per quel profumo di libertà.
Accetto il regolamento. sezione B
PICCOLO GUERRIERO
Come ogni mattina il mio risveglio sarà colmo di speranza
quella di avere la forza di impressionare sul mio viso
quel sorriso che nasconda la verità che nel cuore porto.
Quando aprirai quegli occhi sarò ancora accanto a te
ti terrò la mano
mi inventerò la carezza più dolce
mi emozionerò come la prima volta
starò li con te per far dimenticare
quel lettino cosi asettico e bianco
che accoglie la tua vita
e che accompagna le ore per viaggiare
in quel mondo che non ti ho fatto vedere ancora.
E quando la luce del sole entrerà nei tuoi occhi
ti racconterò del mare
di quando è grande il mare,il mio mare.
Parlerò di quanto sia bello sentire il profumo dell’erba appena tagliata
dei colori che questi fiori di vita sanno dare
del dolore che rafforza il futuro
di quando ti cresceranno lunghi capelli
che accarezzerò pettinandoli con tutto l’amore
di quella speranza che la TUA forza mi dà
di vederti correre con me
in quel bellissimo girotondo che è il mondo
Dipingerò il più bel tramonto da fermare in quella voglia di vita
che sta lottando in quel piccolo corpo e
che ti aiuterà a vincere anche questa battaglia.
Mio piccolo guerriero che insegni a me la forza
vinci questo demone moderno
che non sa altro che donare il dolore.
E non ti racconterò delle mie paure,
dei miei momenti affiancati dallo sconforto
dalla mia voglia di scambiare la mia vita con la tua.
Non posso farlo anche se
la notte mi vedrà ancora parlare a chi ha inventato il mondo
cercando nell’invocazione la speranza
che presto questo demone verrà sconfitto definitivamente.
Anche questa notte sarà lunga
ed io continuerò in questa preghiera,
che non so recitare,
la certezza che ancora non so darti.
Quando riaprirai quegli occhi sarò al tuo fianco
e ti racconterò la vita
quella vita piena d’amore che solo tu sai darmi
Vita che avrai voglia di conoscere
viaggiando sulla strada maestra dell’anima.
Ed io sarò ancora al tuo fianco,piccolo guerriero.
Domenico Di Stefano – Sezione B Poesia – accetto il regolamento
IL PENDOLARE
Sorge il sole col suo primo raggio
il canto del gallo annuncia il mattino,
e Lui comincia il Suo solito viaggio
col riflesso del volto sul finestrino.
Il Suo sguardo fisso percorre l’orizzonte
accarezza prati in fiore e balle di fieno,
sorvola un lago poi attraversa un ponte
e scorre finché corre sui binari il treno;
poi si dissolve su quel vetro appannato
dal malinconico respiro dei Suoi pensieri,
e lì col dito ci scrive i ricordi del passato
i rimpianti di oggi e le speranze di ieri.
Tramonta il sole col suo ultimo raggio
la luna splende annunciando la sera,
e Lui rientra dal Suo solito viaggio
con lo sguardo celato dalla visiera.
Quanto dura
Quanto dura
il sorriso d’un bimbo
dopo l’urlo del primo lamento
nella mente di un padre che arde
di leggere carezze sospese?
Quanto dura
è la gioia che taglia
il parziale
universo che esclude
e ti relega in limbo d’attese.
Quanto dura
la mano che stringe
un frammento scrostato di scafo
al riparo dal mare crudele
e dall’onda feroce di fame?
Quanto dura
è la morte lontana
dalla terra schernita dall’odio
e divisa in polvere offesa
nella notte incupita del mondo.
Quanto dura
la terra che trema
dalle viscere ardenti di brace
e la neve che ghiaccia le crepe
degli altari in carenza di pace?
Quanto dura
è la foglia che s’apre
al silenzio dell’ora d’autunno,
s’abbandona in brandelli nel vento
che le insinua una danza di voce.
Quanto dura la mia solitudine?
Dura quanto un amore che tace.
Diego Bello – Se. B Poesia – Accetto il regolamento
Sez A Accetto il regolamento Teresa Anna Rita De Salvatore
Tu sei di Dio
Il fatto che sto per raccontare è accaduto a me.
Colloquiavo con Dio, quando mi accorsi che, poco distante, c’era il solito tappetino per terra con le solite cianfrusaglie in vendita e, dalla parte del muro, il solito vu’ cumprà, come si diceva allora. Era un uomo giovane.
Come al solito entrai in crisi: comprare comunque qualcosa o dar retta al buon senso, che, quando vince, mi lascia sempre infelice?
In ogni caso, quella volta, il conflitto si svolgeva alla presenza di Dio.
Decisi, con sereno rammarico, che non avrei acquistato e dovetti risolvermi a non alzare lo sguardo quando sarei passata accanto al tappetino, per evitare di essere interpellata e dover rispondere di no.
Così feci, essendo ormai arrivata al punto di incontro, e senza parlare chiedevo scusa e perdono a quell’uomo.
Non avevo del tutto oltrepassato il tappetino, quando mi sentii dire con serena fermezza: “Tu sei di Dio”.
Voltai di poco la testa verso di lui, per fargli sapere che avevo sentito e accennai un lievissimo cenno affermativo, per fargli capire che avevo colto e accolto la sintonia.
Non so che viso avesse.
Mauro Bompadre-Sez.B- Accetto il regolamento
DOVE IL SOGNO SEI TU
Dipingi orizzonti
con delicati sorrisi,
raccogli le spoglie
di un cuore morente
e con magico bacio
riaccendi l’amore.
Disegni speranze
su pagine bianche
racconti di vita
e razioni di cuore,
frammenti di sogni,
dove il sogno sei tu.
INTIMA VECCHIAIA
Perso nel silenzio del colle
affondo le mie radici
nelle arse zolle della terra
e come la forza del vitigno
resto aggrappato ai lontani ricordi.
Le mie mani affusolate tremano
nello spazio breve di un respiro.
Tra le rughe asimettriche
(scavate sul mio volto
dal logorio del tempo remoto)
vedo l’intima vecchiaia nascere
passo dopo passo nella giravolta
di lacrime e rimpianti.
Tutto tace nel perimetro dell’anima,
mentre riaffiorano sillabe e consonanti
sciolte nelle confidenze del vento.
Questa notte sarà speciale.
Anche la luna si metterà all’ascolto
e potrà sentire nel silenzio
il palpito dissonante del tuo cuore
incessante battito che vibra
nell’eterno colloquio d’amore…
*accetto il regolamento sez. B poesie
La follia di Omero
Ho incontrato Itaca
nei lunghi viaggi
che mi condussero all’amore.
Pellegrino inquieto come Ulisse,
fui re per una notte sola
nell’alcova discutibile di Circe,
fra flebili richiami di sirene
e il caldo abbraccio di Nausicaa.
Avrei voluto mangiare la mia terra,
nutrirmi di cibi prelibati
e non soffrire per guerre e sotterfugi
che furon dagli Dei organizzati.
Ma il fato, si sa, non è mai probo,
riserva dolori e pentimenti
voltandoti la schiena all’improvviso
per riportarti indietro di vent’anni.
Seguii la mia sorte, con coraggio,
solcando mari impraticabili
e calpestando terre menzognere.
Infine ti trovai, isola mia,
stanco distrutto e amareggiato
per ricomporre le tessere di un sogno
che il folle Omero
aveva programmato.
Sezione B
Accetto il regolamento
per la A. Short Story – accetto il regolamento
titolo del racconto :”Sospeso”
Rabbrividisco, mi tocco gli occhi, non riesco a vedere nulla, come un drappo nero sulle mie pupille. Non mi era mai successo prima. Trema la stanza, le pareti oscillano, cadono pezzi d’intonaco. Il capezzale si stacca rovinandosi sulla testiera del letto. I vetri vanno in frantumi mentre vere crepe si approfondano sui
muri, fino a quando con un tonfo pauroso si tramutano in macerie. Il mio piccolo mondo è distrutto, io non ho ferite, sono ancora carne ammalata però.
Mi sveglio madido di sudore per la febbre alta nel pieno della notte, il crollo delle mia casa era solo un sogno, un incubo tremendo. Mi è ritornato il mal di testa forse per questo risveglio improvviso e angosciante. Ho pure difficoltà a respirare, cerco in cassetto del comodino lo spry da inalare. Scendo dal letto a fatica, la tv è ancora accesa col volume quasi azzerato. Guardo l’orologio, sono quasi le cinque del mattino, vacillo nell’atto di alzarmi dal letto ed ho una fitta al fianco destro, la mia vista è affaticata. Raggiungo l’altra saletta bagno adiacente alla camera da letto e accendo la lucetta dello specchio, il mio occhio destro è una pozza di sangue, mal sopporto guardare il mio viso sempre più inumano.
Che confusione
Io, un piccolo quanto d’energia di questo universo.
Parole!…nient’altro per evocare le emozioni vissute.
La mente le richiama e rivivi le immagini.
Si susseguono piacevoli o spiacevoli, buie o colorate.
I sapori, gli odori, i sorrisi e poi…un bacio…,
quello che è lì a fermare il tempo
all’istante del primo o unico amore.
Cos’altro desiderare poi dall’esistenza.
E’ tanto! se consideri che nulla di ciò che conosci è reale
L’elettrone è una particella, vero, ma è anche un’onda di energia.
Il tempo si misura ma non esiste.
La gravità si misura anch’essa, ma non si conosce.
La Teoria delle Stringhe dice che esistono dieci dimensioni più il tempo.
Persino ciò che vedi non è reale ma solo una informazione elettromagnetica
che il tuo cervello organizza in immagine.
L’universo è formato da miliardi di galassie,
ognuna con miliardi di soli ed ognuno coi propri pianeti.
La materia oscura costituisce il 70% della massa e dell’energia
dell’universo e non si conosce, ma invece di attrarre respinge.
L’universo si espande ad una velocità maggiore di quella della luce.
La fisica quantistica parla dell’Entaglement
dice che ciascuna particella è legata all’altra e la variazione
dell’una induce variazione nell’altra anche se a distanza di anni luce.
Dio esiste, Dio non esiste, e se esistesse
ha assistito alla nascita dell’universo 14,5 miliardi di anni fa?
L’amore esiste o non esiste!
E’ l’amore il piacere o è il piacere l’amore?
Oppure l’esistenza è piacere ed amore?
Il piacere è il sesso o il sesso da il piacere?
La poesia… un’emozione vissuta o sperata, o non vissuta?
Unica realtà l’esistenza!
L’incertezza ! è l’esistenza,
i ricordi le uniche realtà vere, vissute, reali.
Che confusione!!!!!
Accetto il regolamento
Partecipo alla sezione A, accetto il seguente regolamento
Grandinando sangue
La notte la gatta rovistava per strada cercando di saziare la sua panica. Io la guardavo dalla mia finestra senza proferir rumore, perché allettante era l’idea di osservarla nascostamente. La gatta sinuosa si muoveva guardinga ma mai aveva gettato lo sguardo nella mia direzione. Ero un osservatore privilegiato della sua dannazione. Ed intanto grandinava sangue sulla città e per un attimo il mio pensiero si perse nell’assoluto che compone ogni cosa. Un attimo e persi di vista la gatta per me stesso.
Francesco Anversa – Partecipo alla sezione Poesia (B) – Accetto il regolamento
Direzione
Investe.
Veste
la veste.
Le note
calme
inoltrano
l’aria.
La veste
si scosta.
L’equilibrio
cede.
Investe.
Veste
la veste.
Cadenza mimica
ritmica.
Il silenzio.
La preghiera.
Si scosta la veste.
Cade.
Con la seguente poesia partecipo alla sezione B del contest “Il trono del padre”. Complimenti per l’iniziativa.
Accetto il regolamento.
Donna
Sinuosa figura
Carezza della sera
Amante della Luna
dalla soleggiata criniera.
Tu sola, oh Donna,
rivesti le stagioni
e la vita.
Donna,
a te le mie mani
in preghiera
giungono meste.
Donna perdona
coloro che lesti tramano
e rimuovono voci bianche.
Le dita affusolate
sul granito incurante
Le membra stanche
curano ferite antiche.
Il ricordo nasconde
la rinascita del Narciso.
Con il seguente breve racconto partecipo alla sezione A del contest “Il trono del padre”. Complimenti per l’iniziativa.
Accetto il regolamento.
La morte fatale
Lucia era solita recarsi a lavoro venti minuti prima, le piaceva osservare i suoi colleghi giungere assonnati e con un’evidente emicrania data dalla svogliatezza che curavano ogni giorno. Ma lei no, non Lucia. Lei amava il suo lavoro, ogni giorno nuove idee le balenavano nella mente e con molta modestia le regalava al mondo. I colleghi non concepivano il suo entusiasmo, quei colleghi per lo meno. Ma ogni giorno lei arrivava venti minuti prima ed i suoi colleghi non erano da meno con il rito quotidiano della stanchezza. Una mattina però, Lucia non si presentò a lavoro. La notizia arrivò verso mezzogiorno. Era stata uccisa dall’ex compagno.
vito ditaranto – Sez. A SHORT STORY – Accetto il regolamento del concorso.
“Nero” –vito ditaranto-
NERO. Aprì gli occhi. Nero. Il letto. Le coperte. La pelle umida di sudore. Non poteva muoversi. Nero. Trattenuta. Mani che non poteva distinguere. Sentì le braccia inchiodate alle sue. Non un grido. Non un sibilo. La gola muta. Nero. Flebili lamenti. Nero. Scalciò. Le gambe bloccate dalla presenza o dal terrore. Una lacrima scavò un sentiero nella paura. Immobile immersa nel nero. Mosse la testa, solo inutili dinieghi scomposti. Mosse le braccia. Sfiorò qualcosa nel nero. Sollevò la testa. Le labbra colpirono una massa ignota, richiuse la bocca e affondò i denti. Mosse le pesantissime e deboli gambe. Nella mente un naso ferito. Sempre più nero. Gli occhi aperti. Nero. Gli occhi chiusi. Nero. Un incubo. Nella sua veglia onirica, il respiro tornò a riempirle i polmoni. Aprì gli occhi. La perfida figura dal muso sanguinante la osservò con avversione. Le coprì la bocca. Smise di dibattersi. Sentì gli artigli sul volto e la gola perforata dai canini. Il suono della sveglia. La luce. BIANCO.
” CREDO IN UN SOLO DIO…”
…facili abbandoni
in quei ricordi
di innocenti mattutine
in chiese ormai spoglie
noi mani innocenti
invasi dall’odore
di incenso
ci raccontavamo
solo storie di purezza
a volte lontane
dalla nostra vita
di un paradiso
un inferno e un purgatorio
li ad attenderci
in ogni momento
vissute paure
rinunce solo rinunce
di un Dio solo
per innocenti martiri
ogni giorno una battaglia
tra il bene ed il male
sempre a domandarmi
quale la via
io solo testimone di
di un credo…
credo in un solo Dio…Padre onnipotente…
(IL POETA DELLA PENNA VERDE) GRAZIO PELLEGRINO
Con la seguente poesia partecipo alla sezione B del contesto ”Il trono del padre”
INNOVAZIONI
Diabolici giudizi
e la seconda fase di Schopenhauer
solo perché qualcuno un’idea ce l’aveva.
Troppo sale in questa terra
a destrutturare gli aggregati
e poco zolfo a risolvere il problema.
Mestieri morti in tempo reale
sotto i nostri folli occhi
e cenci sporchi sul grembo
di meccanici addormentati sulle scranne.
Noi a circolare
per evitare di essere qualcuno
Per diventarlo casomai.
Nessuno che capiva
Bene così: tutto da fare
e niente da perdere.
NICOLA MATTEUCCI, ACCETTO IL REGOLAMENTO
Emma Dioadato.
Accetto il regolamento.
Partecipo alla sezione B (poesia)
“Grado zero”
Babilonia si stendeva
tra sangue e parole.
Anime colte da stupore.
Rivelazioni colme di terrore.
Il Cairo rivelava la storia
Monumenti alteri
sparivano tra le sabbie.
Il deserto avanzava.
Roma splendeva d’oro
Alloro nelle vie
Incenso indiano nell’aria
Libertà di culto.
Atene discorreva di umanità
La comprensione della vita
La celebrazione del pensiero
Le navi governavano i mari.
Grado zero. Dove siamo ora?
L’inverno degli stolti
C’era una volta un regno e un re. C’era una volta un luogo remoto chiamato “Conasse”. Per cento anni Conasse fu abitato da storici e filosofi, poeti ed alchimisti. Fu un secolo nel quale il progresso del pensiero salì vertiginosamente sino a toccare le più alte vette della psiche. La comunione e l’integrazione sociale garantiva il rispetto e le leggi odoravano di obsoleto. Giunse per l’equinozio primaverile del 33 d.C. un uomo che portò con sé la figlia sedicenne. Lei, amante delle lettere, si lasciò sedurre da ogni angolo di Conasse e perse ben presto l’ingenuità femminea. Conasse splendeva al sole ogni mattina, anche quando il re morì, anche quando il reame fu distrutto dal popolo degli stolti, in un inverno seducente quanto il mercurio.
Maurizio Cella. Accetto il seguente regolamento. Partecipo alla sezione A.
Canto del cigno
Cessa il vento impetuoso e immobili
le spire intorno alle membra lasciano posto
all’aria statica di fuoco che pare bruciare
le palpebre chiuse come lamine di leggiadre ali,
stanche di compiere voli inutili in vuoti feroci e brutali,
come inferni per anime ottuse, orme rimaste
di vita che forse fu, oppure mai.
In questo limbo mi spoglio delle mie vendette,
mi stringo i seni, impura traccia di gesti spezzati,
di riti d’amore mai nati, aborti di cieli mai azzurri,
colpevole di essermi tuffata nel travaglio
del sarcasmo che non perdona.
Come nell’ultimo canto del cigno resto in attesa
della mia punizione che già mi assale
e mi stringe fino a torturarmi per aver amato,
eppur fosti pago per giorni e giorni
di donarmi parole spietate e dolci,
di arrotolarmi intorno catene di miele
e petali di rose. Giaci nel tuo gioco sporco
mentre io abbraccio il tormento, giusta pena,
per avere giocato coi tuoi fiori velenosi
e perfidi, cauta mi inginocchio mesta,
conto i petali marci a terra insieme
ai miei lembi di pelle unta di angoscia.
Emanuela Di Caprio Accetto il regolamento – Partecipo alla sezione B
SCRIVI IL TUO NOME
Scrivi il senso della tua bocca
Cancella la rabbia delle tue parole
Libera lo spazio del tuo tempo
Soffia la polvere del tuo passato
Respira l’ossigeno del tuo cuore
Solleva le palpebre del tuo fiato
Apri l’anima alla vibrazione del tuo nome
Divora ogni istante come fosse l’ultimo
Nel disegno infinito dell’ennesima vita.
Sezione B) – Maurizio Alberto Molinari (c)
Accetto il regolamento del concorso
Laura Vargiu – Partecipo alla sezione A, SHORT STORY, e accetto il Regolamento.
titolo: COME LE RONDINI
Nella mia terra l’infanzia ha l’amaro sapore della guerra.
Non ricordo giorno, dacché sono nato, senza spari, esplosioni, sangue per le strade.
Qui anche i bambini si abituano presto alla morte che, come un’ombra infida, passa loro accanto a ogni istante. La musica dei fucili culla le loro notti insonni; i crateri delle bombe ospitano i loro giochi.
“Sei figlio della guerra, piccolo mio” mi diceva mia madre, stringendomi forte a sé come per scusarsi d’avermi messo al mondo tra le rovine di un’esistenza dove la parola pace è soltanto una preghiera inascoltata. Quando lei e i miei fratelli rimasero sepolti sotto le macerie era primavera, ma sembrava fosse iniziato un nuovo, lunghissimo, interminabile inverno.
Persino le rondini hanno paura di questo cielo che vomita morte e da troppo tempo non le si vede più in volo; chissà, la guerra infinita avrà fatto perdere loro le ali oppure la strada che le conduceva ai profumi delle rose siriane. Ho desiderato tanto rivedere le rondini, pure adesso che giaccio nella polvere accanto ad altri bambini; agonizzanti, fissiamo le nuvole lassù, soffici sogni che vorremmo ancora inseguire. Ma siamo ormai come le rondini che non voleranno più a primavera.
(Laura Vargiu)
Laura Vargiu – Partecipo alla sezione B, POESIA, e accetto il Regolamento
Bataclan*
Note recise
d’improvviso disperse
tra le fauci stridule e accese
d’una notte di morte
che l’uomo e il suo dio
afona inghiotte.
* Locale storico di Parigi, uno dei teatri degli attentati del 13 novembre 2015.
(Laura Vargiu)
Lacrima scura
Pronuncerò il tuo nome e tu …
rivivrai,
nel profumo d’un deserto
scosso dal vento freddo,
tra i veli e le folate
d’un sole nero che traspare.
In melodie di luna nuova,
in salita proterva all’orizzonte,
m’accascio pula di grano secco,
piuma di verità pesante al cuore,
ombra di raggi in solitaria.
Dentro,
trascino un carico scuro
che su strapiombi di roccia echeggia,
con ritmo riflesso di luce morente,
nel tintinnio di silenzio
accampato in ogni paura.
M’accalco
bocciolo di terra umida,
tra i chiarori nello stagno delle ninfee,
nella pioggia a scintillare di gocce,
col brivido che staffila il tempo.
Foglia ustionata
appendo sguardi sull’acqua
e la cera d’argento cola d’amore,
svapora sull’anima asciutta,
sulla pietra che scotta.
Nel tramestio il pianto,
che non dirada e non asciuga,
stilla su ghiaie di silenzio,
polline di sfera rasata di luna storta
galleggia con la voce muta
d’un battito arso di lacrima scura.
Sandra Ludovici
Sezione B (Poesia) – Accetto il regolamento
Fiori
Son senza tempo
eppure li vediamo.
Crescono per confonderci
con profumi.
Bramosia delle api
Delizie per le mogli.
Sono rose, tulipani,
margherite, orchidee.
Prati verdi
e colori d’istanti.
Chi siamo noi per coglierli?
Chi siamo noi per coltivarli?
I fiori siamo noi.
Polverosi nelle strade.
I fiori siamo noi
che le api osservano.
Polline interno
mi espando.
Ti espandi.
Accetto il regolamento. Sezione B.
“Non tornerò”
Quando Emily si girò per l’ultima volta sapeva che non sarebbe tornata dal suo amore. L’istante in cui lo vide per l’ultima volta, quella scogliera a ricordarle il pianto giornaliero. Ma non poteva ancora vivere in questo modo uggioso. Chi era lui per rubarle il sorriso? Chi era? E così lei partì lontano, perché lontano era il suo pensiero. Lui, non capì subito, pensò fosse solo uno scherzo, e dopo tre mesi si uccide lanciandosi dalla stessa scogliera che li aveva visti pregni d’amore e di orrore.
Partecipo alla sezione A ed accetto il regolamento in ogni suo punto
Disperato
Il tuo addio
mi lasciò disperato
Non potrò mentire
Non potrò dimenticare
Vengo da un mondo raro
nella magia del pensiero
nella magia del dolore
Non potrò mentire
solo sussurrare
alle genti del mio amore dorato
del mio amore congelato.
Non ti cercherò…
Il tuo amore
mi lasciò disperato
Nuoto nell’oblio.
L’estasi si congiunge
alla realtà.
Muoio.
Partecipo con la poesia “Disperato” alla sezione B.
Accetto il regolamento
Accetto il regolamento. Sezione B. Titolo poesia: “Non c’è”
Non c’è più la risposta
Non c’è più aria
Non andrò più nel parco
Non c’è più sole
Non c’è più amore
Non c’è più devozione
NOn c’è più alcuna nuvola
Non c’è più pensiero di noi
Non c’è più erba
Non c’è alcun fiore
Non c’è più acqua
Non c’è più nausea
Non c’è più sentimento
Non c’è più prosa
Non c’è piùpoesia
Non c’è più ricordo
Non c’è più immaginazione
Non c’è più comprensione
Non c’è più Luca.
Non c’è.
Non c’è.
AMARE è LA NOSTRA BENEDIZIONE
Il tempo è stato il nostro lungo prezioso compagno di avventure.
Il nostro esordio è stato il nostro pilastro di partenza.
Tanti angeli hanno assistito al nostro amore giurato eterno.
Testimonianze celestiali e terrene hanno applaudito il lavoro Divino,
l’amore!
Tanti cori angelici intonavano l’inno di un amore che era destinato ad essere la luce del mondo.
Il mondo piange per questa mancanza.
Noi siamo i prediletti del disegno Divino.
Per diffondere al mondo che l’amore è….di Dio.
Noi l’abbiamo solamente meritato,
perché tu sei sempre stato il mio primo vero amore.
Perché tu sei stato speciale dal primo istante che ho incrociato i tuoi occhi.
Pur se sono trascorsi anni, i battiti del mio cuore non smettono quando incrocio il tuo sguardo.
Ti amo come il primo giorno.
ti amo perché più il tempo passa più ho la consapevolezza di essere l’essere più fortunata.
Allorché ogni volta che intreccio i tuoi occhi,
una luce che avvolge dolcemente i nostri abbracci, i nostri baci.
Tutto appare splendidamente Divino col il nostro avvicinar i nostri corpi.
Accetto il regolamento – Partecipo alla sezione B
BENTORNATO SOLE
L’ultima volta che vidi il sole calar, non rimembro più quanto tempo è passato.
L’ enorme stella che stava conservando i miei più intimi pensieri,
mi sorrideva promettendo qualcosa.
Ma come una magia, voleva riservare.
Avevo confidato di voler vedere il mio amore nascente.
Crescere e… assaporare la felicità che sognavamo.
Fino all’ultimo raggio la gigante stella mi salutava promettente.
Vidi il suo sorriso che emanava tanto calore.
Non mi faceva sentire freddo.
Poi… solo il buio della profonda notte.
A farmi compagnia c’erano solo le stelle.
Ed io avevo confessato loro le mie speranze per rivedere il mio sole.
Il tempo era divenuto il mio nemico.
La speranza mi accarezzava.
Rincuorandomi che quella grande luce che aspettavo era di ritorno.
Tutto quello che avevo riposto al mio sole,
somigliavano a una nebbia fitta, senza via di uscita.
Le porte del mio cuore avevano chiuso al miraggio.
La voce della mia anima ripeteva che la speranza aveva ragione.
Essa sprigionava quel barlume di desiderio celato,
Postandolo davanti all’obbiettivo del mio cuore, di cui ormai si era distaccato.
Non volevo più credere, sentivo la malinconia che si aggrappava al mio profondo “io”.
Ma la voce dell’anima faceva il contrario; ogni passo nel mio cammino,
vedevo come una scia di stelle passar davanti ai miei occhi,
il volto del mio sole.
Ero in perenne conflitto con l’emozione,
la mia razionalità sviava coprendo la verità.
Il volto del mio sole era in realtà presente ovunque andavo,
ma io non ci facevo caso.
Credevo che era solo una parte di me che voleva solo il suo ricordo.
Un bel mezzo di un giorno, un di razzo di luce attraversò il cielo,
La voce della mia anima vinse.
Quel lampo che discese sul mio cuore, suscitò un calore mai provato fino all’ora.
La voce della mia anima vinse sulla razionalità.
Che, voleva solo seppellire i miei desideri più profondi.
Si risvegliò in me la brama di rivedere il mio sole,
di riabbracciarlo e… dirgli che non volevo più perderlo.
Riabbracciarlo e…. sentire il mio sole, solo mio, sempre.
Quel sole sei tu.
Accetto il regolamento – partecipo alla sezione A
Purgatorio
All anime purganti che furon in parte fallaci e arroganti che dell umano han ancor intatto il pensier io in versi a voi mi verto
Fuggite dalla fucina ardente che miete come il grano dal campo si senton salve han già abbracciato la salda riva e mai vorrebbero tornar nel gorgo di incerta
Fatica.
Solinghe a viso basso rammentan i focosi giorni d una vita non sempre retta
E stretta dal desiderio aversa all insegnamento
Come un affamato che agogna il pane ma vuol pur vesti calde e lusso voi foste combattute da due verbi
Sontuosa veste o carità a chi la chiese ?
Quando vedeste in terra il derelitto pietà vi colse o un beffardo sorriso certe d aver un allegro focolare ?
Quanto dolore avete dato padri figli mogli
Or tutto uno nel branco nel silenzio , un lungo letargo !
Sonno della coscienza che fiacca e rende lassi che ottunde il ben dell intelletto
E ci meni nel deserto dei morti sensi
Lontani dalla fonte del bello e del vero
Vedete or voi anime in bilico tra i due mondi
Il vostro peccato l occasion della vita sprecato per giungere ai santi cancelli
Dovete lesinar chieder un amen e Attender ceri ,sollievo dei viventi
Che il vostro nome risuoni sugli altari
In nomine domini!
Ah cattivi anni vissuti nel disagio
A digrignar chi vi porse mano
Calpestar patti santi ma in Ver
Vi fu dolce andar contro comando
Sul viso un velo che copriva la luce
Del bel sentiero
Preferitsti digiunar che pranzare con chi ti
Apri il cor
Or benedici quel pane vorresti
Un certo posto da commensale
Ma son i giochi ormai finiti e tu pellegrino
Vai per il tuo cammino a passo lento e riflettendo
Sul giorno che fu’ indi non si torna indietro
un tramonto che non vede l alba
Un dolor che vi pungola a cercar rimedio
Del malfatto questa la vostra pena
Finché non sia pura
i bei vermigli fior i ruscelletti
Timidi e allegri l’aroma dei germogli vedrete ancor ma prima pigerete il calcagno tra fango e roccia !
Vi dà la somma somma speranza
la certa grazia che vi attende
Dopo aver pagato lo scotto del vostro
Debito
Non pianti e lamenti come nel fatal asilo
Ma in coro mormoran gloria al padre e santa fede
Orsu ‘Cingi la vita di docile giunco
Sii come lei piegati ai voler
Pia e monda salirai
La scala per l eterna gioia
Corrado cioci . partecipo alla sezione B – accetto il regolamento
Accetto il regolamento. Partecipo alla sezione A.
LA PELLE SPORCA
E’ nelle ore del pomeriggio che i fantasmi del passato tornano a farmi visita affollando i sogni del mio breve riposo pomeridiano.
Si presentano nell’aspetto e nelle movenze assolutamente reali, com’erano o come potrebbero essere, provocando in me reazioni di sentimenti contrastanti e soprattutto, al risveglio, l’amara constatazione che sì, io ci sono, loro non più.
Ecco la mamma, vestita con la divisa da crocerossina!
Mi abbraccia e mi dice di non preoccuparmi: andrà tutto bene. E io mi domando: “Ma non era morta?”
Certo che no, altrimenti non sarebbe qui, ora, a sfiorarmi i fianchi con lievi, delicate carezze!
Ferma le mani sulle mie spalle e, accorata, mi sollecita a lavarmi la pelle sporca: «Lavati, figlia mia, lavati!»
Sento nitida la sua voce e il gelo delle sue mani; un brivido mi pervade tutto il corpo.
Mi sveglio con il bisogno irrefrenabile di spogliarmi, tutta nuda.
Mi guardo allo specchio. Passo e ripasso le mie mani, anch’esse gelide, dalle ascelle ai fianchi. Sento al tatto dei noduli, numerosi noduli, mai notati prima.
Lei non c’è. Ho sognato o forse no.
Il chirurgo mi opera e l’esame istologico è confortante. Appena in tempo!
Mery Carol
ccetto il regolamento. Partecipo alla sezione A.
ADOLESCENTI
Cielo e Gianni si incontrarono quella mattina nel campo dove erano andati a lavorare. Entrambi erano molto giovani. Lei bella, con un visino piccolo e ovale su cui ricadevano splendidi capelli biondi che illuminavano gli occhi celestini chiari,lui bruno e massiccio,di quei ragazzi che infondono fiducia. Uno sguardo e fra loro fu amore. Si scambiarono i numeri di telefono e chattarono su whatsapp. Si confidavano i loro pensieri di adolescenti. Facevano in modo di essere sullo stesso pullman che li portava al lavoro. Lei indossava sempre un vestito colorato, come voleva fosse il suo amore. Lui raccoglieva il fiore più profumato per il suo tesoro. Se lo dissero una mattina di ottobre che si amavano, mentre andavano a raccogliere le olive. Si diedero appuntamento in piazza la domenica a Bitonto,dove abitava Cielo. Si sedettero insieme sul sedile posteriore del pullman che li riportava a casa. Lungo il tragitto si scambiarono occhiate languide e teneri sorrisi. Il sabato sarebbe stato lungo, ma la domenica li avrebbe visti insieme. Stringendo al cuore il bigliettino che le aveva dato Gianni, la ragazza si girò. Il pullman fece una brusca frenata,catapultandosi. Li ritrovarono abbracciati sul sedile posteriore.
– Accetto il regolamento. Sezione A
Ho dimenticato
Notte, illumina
il percorso del viandante.
Notte, che io e lei fossimo
una stella
si sapeva da millenni.
Notte, qualcosa nell’aria
muta costantemente.
La mia mente.
La mia mente.
Rovinosi gli istanti
Rovinose le membra.
Notte, ho dimenticato
i profumi.
Notte, ho dimenticato
lo sguardo algido.
Ho dimenticato
il calore
dell’abbraccio proibito.
Nulla si manifesta
chiaro e
dolce.
Notte,
che tu sia la mia sposa
mentre lei è lontana.
Notte, a te il mio cuore
mentre lei è lontana.
– Accetto il regolamento. Sezione B, poesia.
Distinti saluti.
Nel treno dei ricordi due personaggi viaggiavano senza bagagli. Erano estranei ma condividevano lo stesso vagone. Il più alto era un noto scienziato di Stoccolma, non aveva figli né si era mai sposato. Era diretto ad una conferenza in Austria, invitato per illustrare i poteri della mente. Il più basso era un operaio, lasciava la moglie e figli per un lavoro che non poté rifiutare e con l’angoscia nel cuore partiva dalla medesima città del più alto. Per tutto il viaggio i due guardarono fuori dalla finestra l’immensa natura che li vedeva piccoli ed insignificanti, sino al grande incendio che imperò nel vagane ristorante. Non si accorsero della fine sino a che non furono avvolti nelle fiamme. Solo in quell’istante si guardarono e si videro identici.
Accetto il regolamento. Partecipo alla sezione A, prosa.
Lasciami ancora un momento
Lasciami ancora un momento per poterti sognare.
Lasciami ancora un momento per poterti sentire.
Lasciami ancora un momento per restare incantato dinanzi a te.
Lasciami ancora un momento per tutti questi motivi;
oppure per quel che vuoi tu
ma non lasciarmi solo
e se non potrai portarmi nella tua vita
almeno portami nella tua mente
nel ricordo di quel nostro
ultimo incontro.
– accetto il regolamento, sezione B
Primavera 2310.
Eravamo rimasti in pochi a Forland. Quasi tutti avevano lasciato la città per trovar fortuna altrove, avevano portato poche cose con loro, e le case ancora avevano mobili ed oggetti che ricordavano istanti di vita. La mia famiglia non voleva abbandonare la terra, pensava ad una rinascita, ma io e mio fratello eravamo dubbiosi. Guardavo dal cortile mia madre innaffiare le rose, non erano mai state così belle. Mio padre, la notte, parlava con le stelle, non era mai stato così desolato. Sì, eravamo rimasti in pochi a Forland e anche io sarei andata via a breve, magari in estate con la bella stagione, magari senza dir nulla a nessuno, magari lasciando questa lettera sul tavolo della cucina.
– maria cossu – partecipo alla sezione A, racconto. Accetto il regolamento in ogni suo punto.
Accetto il regolamento – Partecipo alla sezione B
HO CONOSCIUTO LA BELLEZZA
Frequenti il liceo classico, nel tuo futuro
non troverai mai un lavoro duraturo.
Studi miti antichi e lingue morte,
sei consapevole di quale sarà la tua sorte?
Dopo tutte le fatiche che hai sopportato
ti ritroverai ad essere disoccupato.
Mi domando ciò a che serve
se alla fine non ti rimane niente?
O stolta persona a cui piacciono le critiche
ti spiegherò la bellezza di quel che tu definisci fatiche:
banchettai con i Numi, così simili agli uomini
eppure padroni del cielo;
ascoltai l’armonioso suono della lira di Orfeo e piansi con lui
lacrime amare per quell’amore così simile a primavera
che non poté sopravvivere al gelido inverno.
Vissi con Ettore la divina illusione di avere un fratello vicino
in quel duello che gli dei resero fatale
contro il Pelide Achille affrontai il mio destino.
Viaggiai per i mari sulla nave di Odisseo
avendo come bussola l’amore
e indossando nostalgia come un panno sporco di navigazione.
Dialogai con Socrate per trovar la verità
ma alla fine scoprimmo che il sapere è già qua:
non bisogna scrutare il cielo lontano
risiede in noi stessi, appartiene all’umano.
Conobbi Cesare, Virgilio, Cicerone
appresi da Policleto l’arte della precisione.
Condussi l’impero all’età dell’oro al fianco di Traiano
cavalcai la dimensione del sacro e del profano.
Ammirai la bellezza delle lingue antiche
e la melodia delle parole ripagò le fatiche.
Ebbene, o stolta persona a cui piace criticare
spero ti sia giunto ciò che volevo comunicare:
ho conosciuto la bellezza
è penetrata nel mio cuore
ho vissuto quell’ebbrezza
di imparare con stupore.
Padre
Un fiore nella testa
due mani giunte
La preghiera
La preghiera
che mani su pronunciata.
Il fiore cadde.
Non lo raccolsi.
Le mani giunte
Le labbra socchiuse
Fremiti
Ingenui
La bambina bionda
non raccolse il fiore.
Le porte si aprono.
Il Padre è alla destra.
Io al centro.
La bambina a sinistra.
Padre, ricordaci chi siamo.
Padre, rinnovaci l’astro.
Padre, sono tue le mie labbra.
Padre, invitami a te.
Partecipo allasezione B e accetto il regolamento del bando
Sezione B. Poesia
– Brivido di Te –
Mi sei entrato dentro
come un brivido
lungo la spina dorsale,
battiti incessanti
hai riportato
in questo cuore
privo d’amore
per troppo tempo.
Ogni tua voce
è un tocco di magia
per la mia anima,
ma distanze
insormontabili
e silenziose
non possono impedirmi
di sognare,
di immaginarti
sorridente
e spensierato,
di cercarti
da qualunque sogno
mi sveglio.
Le notti
diventano vuote,
stesa in un letto
senza quel profumo
di infinito
che riesci a donare,
qualunque sogno
portasse il mio sonno.
Sei un sogno,
un’incertezza di bellezza,
infinita emozione
hai portato
in me.
Caleidoscopi di stelle
vivono in me,
e ogni speranza
di poterti vivere
rimane viva
ogni giorno,
se nessun demone
spezzerà l’incanto
che hai donato
a questo cuore.
26 gennaio 2017
Accetto il regolamento del concorso.
Roma
Le metropoli sono le metropoli. Le strade ci mostrano la storia dell’umanità, i vaganti ci mostrano le volgarità che rappresentano la società. Semafori, rosso, giallo, verde. Le ferite profonde che la vita regala. Queste cicatrici sono presenti in ogni animo. Il rosso si manifesta nel cuore, nel sangue e nel non attraversare la strada. Che il sangue sia dunque un divieto, che l’amore sia precluso. Le metropoli sono la solitudine.
Roma è la solitudine, la città eterna che eternamente addormenta la coscienza dei suoi vaganti. Vaganti. Sì vaganti. Perché si vaga nelle strade senza presenza. Perché io vago senza meta in questa metropoli senza sentimenti.
Accetto il regolamento – partecipo alla sezione A
Partecipo alla sezione B, accetto il regolamento
Flamenco
Gli occhi socchiusi
d’una madre addolorata
lacrimano sangue;
inanime il bimbo
stringe al petto
mentre s’ode in lontananza
il brusio del mare
e dell’onda il lamento.
Ritmo eterno,
dolorosa nenia
sempre più intensa,
sempre più tormentata
a divenire un Flamenco
cupo e martoriato;
cupo e martoriato
come un tonfo del cuore
che sfinito s’arresta.
Lacera l’anima
quest’incubo crudele
eco di nacchere e danze
urlanti il dolore atroce
d’una madre impazzita.
Ed io sento questo grido
sin nelle più minute ossa,
sin nell’ombra mia proiettata
sul muro di casa
ove i versi miei sparpagliano
perdendosi nel nulla.
Rita Donatini 22-04-2017
CLARA CHIARIELLO 22-04-2017
SEZIONE B POESIA ACCETTO IL REGOLAMENTO
HO DANZATO L’INVERNO
Vai via
dopo aver reso gelate le zolle
Fermato calore nei pori della pelle
Guardi verso di me
Non chiedo niente
Sono triste un anno dopo
Le chiese piangono
Non si vede più un dio
Si vomitano falsi idoli
A chi stringo mani
Alito verso il lago
Sono velo di vita
Seguo voli di uccelli di mare
per fare meno triste la mente
Il fruscio dolce degli alberi
attira i miei sensi assopiti
Mi hai fatto male
nell’assenza forzata del corpo
Non parlando
hai murato le case dei pescatori
Aspettavano l’alba guardando
il cielo
il confine con il mare
il tempo sopra le rughe
Tutti abbiamo qualcuno
che protegge i nostri passi
La natura si risveglia per ricordarcelo
I mattini e le notti sono uguali
se bussa alla tua porta la follia
Se segui un morire ininterrotto
Si nasce con l’inverno
nella carne
nelle ossa
nel sangue
Vite spezzate fanno ossigeno
a quelle che camminano
come sagome lungo i margini
Devi dire tutta la verità
Posso capirti
Ho tanti cicli di spettri colorati
La nebbia
la neve
la grandine
non conoscono le mura di casa mia
Ora sono appagata
Posso dire con orgoglio …
Ho danzato l’inverno!
CLARA CHIARIELLO
LA MIA SCRIVANIA
( Per non dimenticare Marina Cvetaeva)
La mia scrivania
è l’infinito,
inchiodata
con punte
di cielo
e di sangue.
Navighi controvento
nel vento
dell’alienazione,
mi avveleni di sole
come una Rondine
nel cielo blue.
Sei fiore
nascosto
e forza
ruggente.
Sei il mio vestito
più bello
e il mio scettro
d’amore
coronato
dalle viole.
Il mio corredo
prezioso
di bisso
d’Oriente.
Ho sguainato
la spada
dal tuo legno
di cuore,
con la tua voce
non m’inchino
al potere.
Sei il mio sacrario,
sei mare
più azzurro
del mare.
Mi avveno nel segreto
del tuo, del mio sudario.
Viva è la tua linfa
come terra
ebbra d’infinito
con le radici nel cielo,
nel cuore.
Hai trafitto
i miei passi
di stelle.
Sezione B accetto il regolamento
Filomena Ciavarella
Accetto il regolamento. Sezione B
In metropolitana
La sera,
le metropolitane delle grandi città
precipitano abbagliate solitudini
in neri, doloranti intestini.
I finestrini dipingono sulle pareti mute
i grigi profili
di padri stremati
e di luminose ragazze dai lunghi capelli.
I pensieri
scivolano fuori dalle porte illuminate
e si depositano sul fondo dei tunnel
come scheletri di foglie invisibili.
Ogni treno li risolleva
e li disperde
in nuvole fuligginose.
Sento i lamenti
di migliaia di insetti ciechi
che ronzano e sbattono nella mia testa
mentre, come ogni sera,
sto rassegnato
dentro la sporca e assordante rappresentazione
del fine giornata.
Ogni tramonto si muore.
Le superfici
si ricongiungono con i profili di tutte le albe.
Ma in metropolitana non esiste il tramonto.
La ragazza seduta accanto
ride al telefono
nella profumata speranza d’amore.
Splende
con la pelle morbida, odorosa
e i brillantini sulle unghie colorate.
Abita i suoi sogni
e non sente
il fragore ottuso delle ruote d’acciaio,
aspetta la sua promessa di vita.
La sera,
nelle metropolitane delle grandi città
tutti trattengono il respiro,
aspettando che accada qualcosa
lassù in superficie
dove, forse,
il sole tramonta ancora.
E si fanno trafiggere
dal dolore della speranza.
Sezione A – Prosa –
– Sognami –
Seduta in silenzio, osservi l’andirivieni del tempo e pensi. Sei sul punto di piangere a causa di un brivido di emozioni.
Qualcuno ti osserva da lontano. È con amici. Si avvicina e si siede vicino a te. “Ciao”, ti saluta. Rispondi con un “Ciao”. Ti giri verso di lui, lo osservi e un tuffo al cuore. Non vuoi crederci.
È lui. Lui che tanto sogni… Sei sorpresa e incredula. Ti dai un pizzicotto sulla guancia per svegliarti.
Ti chiede come stai, come mai li sola. Gli rispondi e parlate. Parlate, senza interruzione, di tante cose, ricordate certi momenti e ridete.
I vostri occhi sono fissi gli uni sugli altri. Non riescono a staccarsi. Si sfiorano, si cercano, come le mani che giocherellano: quasi una carezza.
“Cosa c’è?” ti chiede. Non riesci a rispondere. Lui capisce e ti guarda ancora più a fondo. I vostri sguardi sono vicini. I suoi occhi, continuano a posarsi sui tuoi, e i tuoi, fissi sui suoi, dicono tanto, ma non hanno il coraggio di esprimersi.
Continuano a sfiorarsi, a cercarsi, a non cercarsi. A dirsi tutto.
All’improvviso una folata di vento ti scompiglia i capelli, portandoteli in faccia. Le sue mani, mentre ti scosta i capelli, sfiorano i tuoi occhi, le tue labbra. Qualcosa lo blocca, interrompendo quel momento. Continuate a parlare, a giocare con gli occhi.
Tu, dopo un po’, ti alzi.
“Devo andare,” dici. E lo guardi intensamente negli occhi. Lui ti guarda e ti chiede di restare. Ma tu non riesci a stare ferma.
Cerca di fermarti, ma tu ti allontani. Corri, corri.
Ti segue, finché non riesce a raggiungerti. Ti prende la mano e ti ferma. Ti prende a se, stringendoti, e sussurrandoti qualcosa. Fino a quel bacio che vi cinge in un abbraccio infinito.
Un’ebbrezza di vive emozioni. Un tutt’uno di immensità.
… ti svegli e un brivido ti assale la spina dorsale. Ti lasci trasportare dall’aurora del mattino verso l’ebbrezza di quel momento, di quel sogno. Verso quel lui che ti ha preso il cuore.
“È solo un sogno,” pensi. “Impossibile si realizzi.”
Senti il telefono vibrare. Sarà la sveglia. No, è un messaggio.
Un suo messaggio. “Buongiorno! Ti ho sognato stanotte.”
[…]
Accetto il regolamento del concorso.
Sezione B-poesia Accetto il regolamento
-Primavera 1976-
Tu non lo guardi il mare,
lo abbracci ad occhi chiusi in un impeto di vento,
pescando quel ricordo di carta velina e conchiglie,
in cui hai avvolto sorridendo le tue labbra generose.
Sul palmo lieve
la fragilità degli anni in dono,
mentre scosto dal viso una ciocca grigia
che vedi e taci in un lungo sguardo.
Di primavera si sopravvive.
Sezione A accetto il regolamento
Che viola tenue hanno sbocciato le ortensie, quel violetto arricciolato che ricorda i capelli di nonna, sotto a un fazzoletto con quattro nodi, uno per ogni angolo, a mo’ di cappello.
Mi pareva così ridicola, china su un’erbaccia a litigare con la lunga radice, il lurido grembiule e i gambali di gomma verde.
Ero giovane e me ne vergognavo, non era la nonna elegante che sognavo.
Era la nonna con un fazzoletto in testa, un fazzoletto chiazzato di muco, sudore ed erba.
Al mio arrivo si sollevava piano, tenendo le mani sulle reni, sorrideva sdentata tra una ragnatela fitta di rughe e mi baciava scostando la frangia.
Com’era lieve quella mano ruvida, ancor più lieve del bacio.
-Diventerai strabica-diceva.
E la sua voce sfuggiva via veloce come un fruscio d’ali di farfalla.
Marta Di Leo – Sezione B Poesia – Accetto il regolamento
“Un senso”
E’ difficile trovare un senso
a questa vita
a volte armoniosa come le corde di un pianoforte.
A volte questa vita corre troppo forte inarrestabile
come un treno che non conosce stazioni.
A volte quando sei imprigionato dalle sofferenze
questa vita ti attanaglia e ti chiede uno sforzo
per spingerle dietro di te.
A volte la vita si manifesta in tutta la sua bellezza
e si catapulta nella tua esistenza.
La vita non dorme mai
insegue sempre una nuova alba
o un nuovo tramonto.
La notte si sposa con un nuovo giorno,
in attesa della nostra corale partecipazione.
La vita non è mai refrattaria di emozioni
o di sensazioni,aspetta solo di essere vissuta.
La vita soffia su di noi
come un vento e decide essa,
quando spegnere le sue candele.
La strada
Le nuvole coprivano la via, ma Gino non ne ebbe timore. Aspettava con fiducia il sole, e era certo che lei fosse alla finestra guardando l’orizzonte ed aspettando la sua figura avanzare. Sì ne era certo, dunque procedeva passo passo con dei fiori in mano ed un cappello in testa. Non l’aveva mai vista di persona, era stato uno scambio epistolare di un anno, era stato un amore improvviso nato dalla passione comune per la poesia. Ma Gino era certo che lei fosse la metà della sua anima. Le nuvole si diradarono quando vide da lontano casa sua. Avvicinandosi scorse la sua figura alla finestra proprio come aveva immaginato. Iniziò a correre. Il cuore sobbalzava, i pensieri correvano più veloci di lui. Ed arrivò. Arrivò da lei. E tutto fu proprio come aveva immaginato. Non si lasciarono mai.
Accetto il seguente regolamento. Partecipo alla sezione A (short story)
Sezione B- Accetto il regolamento
The painter’s soul*** (impressioni su una mostra d’arte sul mare. Salerno 3 aprile 2017)
Conobbi l’arte
in feritoie dell’anima
seguendo la mia mente
con la sola vista orizzontale.
Oltre non andai.
Strappai dagli occhi
sguardi appassionati
e cancellai i volti
per poterli assaporare.
Come d’incanto, bloccai la vita
in spazi ortogonali, strutture di cemento armato
sopra il mare.
Sognai di vivere in eterno,
mostrando l’immagine scrostata del mio cuore
nell’angiporto delle pulsioni occasionali.
I nostri sogni
Cascate di luce sul viale trapunto di rugiada
la voce del tempo scandisce i suoi rintocchi
volti e suoni di mille stagioni
concerti di note nell’aria in fermento
Con le tue mani gioca l’autunno tra i miei capelli
si risvegliano i nostri ricordi
antichi profumi di miele e vino novello
mandorli, melograni e canti di fisarmoniche
I filari spogli e un tappeto di foglie
scricchiolanti che il pittore mondo
ha colorato coi suoi pennelli dipinti di sole
La voce degli ulivi ci scuote dai nostri abbracci
siamo noi il presente e il futuro di queste terre
rifiorite al battito nuovo del giorno
Riconosco la mia anima in volo
il respiro delle tue carezze in un lieve sussulto
i nostri sogni ci tengono di nuovo per mano
sezione B – accetto il regolamento
Angelo mio
Adoro immaginarti in punta di piedi, danzante su specchi d’acqua, con addosso una semplice veste bianca di lino, lunga oltre le ginocchia. Con le mani spalancate per mantenere l’equilibrio, i capelli biondi al vento. Ti immagino felice, finalmente lontana dal dolore che hai provato prima di chiudere per sempre gli occhi alla vita. Nonostante non lo volessi: non lo meritassi. Mi affaccio alla finestra e ti aspetto ancora, con il tuo passo veloce, la tua camminata leggera. Aspetto ancora che tu mi dica:” Buongiorno, vado di fretta ci vediamo in questi giorni”. Di tempo non né avevi mai abbastanza, il marito, i figli, i pensieri, i problemi. Amavo sorriderti sempre, baciarti le gote in segno di rispetto quando ti vedevo . Sapevo che se non lo facevi era solo per pudore, perché ti vergognavi dell’affetto. E abbassavo quelle barriere, sfioravo la tua pelle e ti donavo un bacio leggero. Lo stesso che la penultima notte, tra le lacrime ti regalai di nuovo, prima che la carne divenisse fretta e il cuore muto. Quando la febbre si era alzata e scottavi, ti dibattevi perché volevi vivere, ma non hai potuto.
Marika Addolorata Carolla sez. A SHORT STORY – ACCETTO IL REGOLAMENTO
In un giorno di donna
Consegna l’alba al nascere del giorno le sue vele
porta con sé ancora qualche ricordo
di faccende prossime, rimandati sospiri;
nudo il cielo tra le case non nasconde la sua bellezza.
È donna, mamma e sposa, pensiero, amore e gioia
colei che conta le ultime ancore di sonno
mentre il bimbo adorato nell’altra stanza
astuto già ripassa il suo programma
di richieste giornaliere.
Recide la virgola dell’ora un trillo ispido, impietoso.
È un gioco di frontiera questa nuova partita,
mai t’abbandona il sorriso
che dolce si ripara nella conchiglia del tuo viso.
Strattona la fretta ringhiante del traffico
auto, clacson, centimetri da conquistare
nel giornaliero porto vorticoso
che però non riesce a scolorare
la luce che ti danza sulla pelle;
né ti velano gli angolosi tracciati del lavoro
a braccetto con mani e occhi e voci
che spesso del mare non hanno il colore vero.
Ancora voli tra le spiagge disallineate del tempo
palestra, catechismo, compiti da verificare
fino a quando si nasconde l’orizzonte della fatica.
Stemperano le prime rughe giovani
una carezza calda amica, un palpito, un fermento.
Domani germoglierà un altro passo di destino.
Resterai multiforme incanto. Donna.
Muliebre eco di vento.
Sezione B
Giuseppe Mandia
Accetto il regolamento
MICHELA MILANI – SEZ. B – ACCETTO IL REGOLAMENTO
QUALCOSA DI MAGICO
Quando gli occhi parlano senza sosta,
la bocca pensa cose nuove,
la mente si muove senza controllo
e le mani guardano curiose…
qualcosa di magico sta già avvenendo…
LA FUGA
Me ne stavo sdraiata sulla spiaggia vestita di un abito bianco, con un libro tra le mani. In lontananza, su un mare leggermente increspato, le barche scivolavano leggere con le vele candide gonfiate dal vento.
Ero impaziente di vederlo arrivare ma mi angosciava il suo sguardo triste. Tra le lacrime mormorava che i miei occhi bucavano la tela.
Non sapevo cosa fosse l’amore ma mi convinsi che l’amore erano le sue lacrime. Non si stancava di accarezzarmi il viso e i capelli e le sue dita mi sfioravano le labbra.
Una sera lui non uscì dal museo e io presi la decisione più sconsiderata della mia vita. Gli tesi la mano e scesi dal quadro per stare qualche ora tra le sue braccia e consolarlo.
Fui felice di vedere finalmente il sorriso nei suoi occhi ma la notte, rapida, volò via.
Alle prime luci dell’alba quando i raggi del sole, dalle vetrate, cominciarono ad inondare la galleria, cercai di riprendere il mio posto nel quadro ma tutto era scomparso. Il mare, la spiaggia, le vele, il cielo, non c’erano più.
Sulla tela bianca, solo una piccola figura umana caricaturale.
Accetto il regolamento- Partecipo alla sezione A-
Io resto
Il granito ed il ginepro
un cielo di tutti e di nessuno
sabbie e mare che si coccolano
si abbracciano
si amano.
Un volo di fenicotteri
sopra le nostre teste dure
la voglia di essere nudi
di essere noi
e la speranza di restare.
Sei sempre stata così
di una bellezza che fa piangere
di una solitudine amica
e ti guardo
tutte le mattine
sino alla notte
per cercare ancora
qualcosa
che non mi faccia andare.
Antonello Meazza
Sezione B Poesia – Accetto il regolamento
Frequenti il liceo classico, nel tuo futuro
non troverai mai un lavoro duraturo.
Studi miti antichi e lingue morte
sei consapevole di quale sarà la tua sorte?
Dopo tutte le fatiche che hai sopportato
ti ritroverai ad essere disoccupato.
Mi domando ciò a che serve
se alla fine non ti rimane niente?
O stolta persona a cui piacciono le critiche
ti spiegherò la bellezza di quel che tu definisci fatiche:
banchettai con i Numi, così simili agli uomini
eppure padroni del cielo.
Ascoltai l’armonioso suono della lira di Orfeo e piansi con lui
lacrime amare per quell’amore così simile a primavera
che non poté sopravvivere al gelido inverno.
Vissi con Ettore la divina illusione di avere un fratello vicino
in quel duello che gli dei resero fatale
contro il Pelide Achille affrontai il mio destino.
Viaggiai per i navi sulla nave di Odisseo
avendo come bussola l’amore
e indossando nostalgia come un panno sporco di navigazione.
Dialogai con Socrate per trovar la verità
ma alla fine scoprimmo che il sapere è già qua:
non bisogna scrutare nel cielo lontano
risiede in noi stessi, appartiene all’umano.
Conobbi Cesare, Virgilio, Cicerone
appresi da Policleto l’arte della precisione.
Condussi l’impero all’età dell’oro al fianco di Traiano
cavalcai la dimensione del sacro e del profano.
Ammirai la bellezza delle lingue antiche
e la melodia delle parole ripagò le fatiche.
Ebbene, o stolta persona a cui piace criticare
spero ti sia giunto ciò che volevo comunicare:
ho conosciuto la bellezza
è penetrata nel mio cuore,
ho vissuto quell’ebbrezza
di imparare con stupore.
Sezione B poesia – accetto il regolamento
COME FOGLIA
Seguendo a volte il mutare del vento
rivedo d’esser stato come foglia.
Ora che tocco a terra lento, e spenta
ogni ragione per puntare al cielo,
m’ accovaccio al caldo delle mie sere
disteso sulle membra rugginose.
Se sembra irraggiungibile l’interno
di un tempo che si pensa sogno eterno
é buona solitudine da accogliere
quella che mi accompagna ad una soglia
dove c’è sempre un ramo che mi invita
ad un ritorno che metta germogli.
Sezione B poesia- accetto il regolamento
Loria Orsato
VENEZIA
Si può sentire la trasformazione
che avviene dentro di sé,
man mano che cresce fino a sentirsi,
così felici,
mentre due cuori diventano uno,
in cerca, tra il fragore delle onde,
della limpidezza dei desideri,
dei sorrisi che illuminano la notte,
come fa la luna.
Si può far finta di non ascoltare,
il risveglio,
il traboccare delle emozioni,
degli sguardi che si intrecciano sospesi
tra ponti solitari e campi brillanti,
dove le fragranze di miele e di salsedine
si mescolano
per lasciar posto al nuovo.
Si può anche,
allontanarsi da tutto ciò,
non osservare,
quello che palpiti pulsanti colgono,
in assenza di occhi che cercano
bellezze intramontabili nel tempo,
fino a dimenticarsi di respirare
per guardare i sogni leggeri salire al cielo
e perdersi tra la brezza e le nubi sopra la laguna.
Si deve attendere,
un’altra notte a Venezia,
dove le gondole,
di ieri e di oggi,
vagano per i canali,
per incontrare quegli occhi che parlano ad altri occhi,
quando le ombre si allungano sulle calli,
quando i rumori si fanno silenziosi
e lo sciabordio delle acque prende fiato
portando l’odore del mare
sulle mani che lontane,
ora,
si cercano.
Sezione B Posia. Accetto il regolamento.
— STOP PARTECIPAZIONE CONTEST —
Ringrazio la giuria per aver portato la mia poesia in finale.
Ahhhh Sebastiano, ci siam scordati di inserire qui i nomi dei finalisti!!!
Grazie per il tuo commento! Ora inseriamo!!!
ED IN BOCCA ALLA GIURIA… SPERANDO CHE NON CREPI!
— FINALISTI CONTEST “IL TRONO DEL PADRE”
SEZIONE A
Anna Paola Lacatena con “Apelle figlio… di Apollo”
Laura Vargiu con “Come le rondini”
Enrico James Scano con “Profumo”
Vito Ditaranto con “Nero”
Antonio Bianchi con “Cielo”
Maria Teresa Dotti con “Che viola tenue”
Paola Pittalis con “Conflitti”
SEZIONE B
Corrado Cioci con “Purgatorio”
Fabrizio Bregoli con “Sapere di te”
Gianfranco Isetta con “Come Foglia”
Sebastiano Impalà con “La follia di Omero”
Luca Garbatella con “Fiori”
Grazio Pellegrino con “Credo in un solo Dio”
Nicola Matteucci con “Innovazioni”
grazie per l’apprezzamento
Tante grazie