Uomini contro il Femminicidio #1: le parole che cambiano il mondo con Pier Bruno Cosso
Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile. Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, vari Uomini che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.
Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo.
A continuare la rubrica “contro il femminicidio”, iniziata nel 2016 con “Donne contro il Femminicidio“, gli Uomini. Ho dunque invitato, con immenso piacere, Pier Bruno Cosso, scrittore sardo autore di numerosi racconti, poesie e due romanzi, “Il giorno della tartaruga” e “Dannato cuore”.
Ha composto, inoltre, un monologo teatrale, “Era solo uno schiaffo”, premiato al Concorso letterario Nuova Scrittura Attiva 2014 Tricarico, in cui affronta il tema della violenza contro le donne.
Femmina
Non un genere, ma una specialità. Nel senso di qualcosa di speciale. Forza della natura incontrollabile.
Come la marea, che segue il suo ciclo di vita, ritirandosi ed espandendosi; soprattutto, proprio sopra tutto, altrimenti nascosta, se le va. Ma sempre lì, con una energia fantastica, inarrestabile.
Femmine, flusso vitale, torrente, con una forza che non si può controllare. Se si potesse controllare non sarebbe forza, o non sarebbe femmina.
La violenza forse nasce proprio da qui, da quella certa impotenza che genera questa forza così incrollabile eppure seducente. Ecco, negli uomini che non sono uomini, questo crea disagio, e il disagio dei cretini facilmente diventa violenza, sopraffazione con la forza bruta. Desertificazione.
La femmina invece è linfa vitale; è quella voce guida che ti salva la vita.
E stiamo qui, ad arrabattarci in questa guerra dei sessi, dove solo pochissimi, fortunati uomini, riescono a confrontarsi ad armi pari. Confrontarsi, per crescere, perché femmina è rinascita.
Femminismo
Mi dà l’idea di un vecchio divano impolverato e sdrucito. Un passato glorioso, e una presenza non più necessaria, quasi un ingombro. Femminismo, come il vecchio divano nascosto lì, nell’angolo più buio della casa. Ma grazie al cielo che c’è stato.
Le nostre mamme, le nostre nonne, non erano… come dire, non c’erano nel paradigma della società, così detta, civile.
Facciamo uno sforzo, chiudiamo gli occhi e immaginiamo di essere una donna di alcuni decenni fa. Spesso una donna non aveva voce se si parlava di politica, di economia, o, figuriamoci, di calcio. Era da poco che poteva votare, ma era carino seguire le indicazioni del marito che, lui sì, lui sapeva cosa era meglio. E anche in amore: quel magico momento di passione che ti dovrebbe travolgere e far volare, era per lui, era solo per lui. Perché lui lo poteva pretendere, e lei doveva…
Ma che vita era? Difficile, ingrata, indifferente. Se andava bene rispettata solo come mamma, donna ci voleva ancora un secolo.
Donne di allora, in una foto in bianco e nero con un bambino in braccio, solide, guerriere che non si sono mai arrese. Hanno cambiato il mondo. E il femminismo è stata la piattaforma del cambiamento, a scuotere le coscienze come si scuote un albero per farne cadere tutti i frutti.
E adesso riapriamo gli occhi, ritroviamo le donne di oggi, integre, che hanno sofferto e ce ne fanno una colpa, competitive, ma che poi sono capaci di tirarci la volata.
No, il femminismo non lo possiamo rinnegare, ma lo dobbiamo superare di slancio, con una manovra azzardata, e guardare lontano la lunga strada che abbiamo davanti, lunga, da fare insieme. Sognando un mondo fantastico dove le donne hanno voce, amano solo se hanno voglia, discutono di calcio, alzano la voce scomposte, scelgono, sbagliano, correggono forse; perché loro sono Donne.
Come scrittore (autore di un monologo sul femminicidio) vengo invitato ad una manifestazione contro la violenza sulle donne. Una delle tante. Mattinata soleggiata, di un lungo novembre senza pioggia, in un paesino riarso del centro Sardegna. Dai finestroni dell’istituto scolastico dove ci troviamo, il sole inonda l’aula magna di luce tagliente e di ottimismo a buon mercato. La divisa bianca da comandante dei vigili urbani di paese, con dentro una bella signora, mi si avvicina ciondolando titubante: «Sì… Però… Bisogna anche dire che le donne, certe volte, se la cercano proprio!» Mi dice lei a voce bassa come se fosse l’arcangelo che brandisce rivelazione segrete.
La fisso stupito. Non fa ridere, ma, non so perché, mi aspetto una risata. «Eh certe donne la fanno veramente perdere…» Conclude la voce femminile da dentro la divisa inamidata. Ma perdere cosa? Adesso ho capito: non fa ridere.
«Perché invece non parlate di tutte quelle volte, e sono tante, che sono le mogli a minacciare il marito?» Trova il coraggio del senso al contrario un altro vigile, col cappello sottobraccio e le guance accese di rosso. Lui sorride, lui, ambiguo e soddisfatto come il gatto che si è mangiato il topo.
No! No! No! Mille volte no. Non è così. Eccolo il femminicidio strisciante, diffuso come se fosse acqua avvelenata che contamina tutto.
Eccolo il femminicidio: non è solo la mano armata di un marito inebetito di violenza. Il femminicidio si annida in tutti quelli che lo condannano ma non inorridiscono. Che non piangono davanti ad una vita spezzata. Una vita che era voglia di farcela. Una vita forte come una margherita che resisteva tra le fessure dell’asfalto. Una vita, moltiplicata per tante vite, tradite, soffocate, buttate via per sempre. Per niente…
No! Non ci possono essere alibi patacca alla violenza, allo stillicidio criminale che uccide piano piano una donna. Parliamone, chiariamoci, graffiamoci la pelle per scrostare questa patina opprimente. Così, solo così, si vince il femminicidio.
Educazione sentimentale
Un dubbio: essere educati all’amore, sensibili, attenti alla grammatica dei sentimenti, e avere rispetto, ecco la parola fondamentale, rispetto, è una cosa innata in noi? O è acquisita da stimoli esterni?
Se per esperimento lasciassimo crescere su un isola disabitata ragazze e ragazzi, come si rapporterebbero coi sentimenti? Penso a un’isola tropicale, piena di fiori colorati e immensi alberi frondosi. E mi chiedo, se vivessero in un paradiso così, senza nessun condizionamento esterno, senza stereotipi e convenzioni, come sarebbe la loro educazione sentimentale?
Si perderebbero tra prepotenze e odio o amerebbero salvarsi col rispetto reciproco? Sarebbe importante saperlo, perché così si potrebbe intervenire alla radice del problema “violenza”.
Io credo che l’educazione sentimentale sia innata innata in noi, come il bisogno di respirare. È questa convinzione solida che ci fa sperare. E quindi quei ragazzi che abbiamo lasciato sull’isola tropicale, senza condizionamenti ambientali, sono certo che avrebbero naturalmente una grande pulsione per il rispetto e per l’amore, per la tenerezza, la considerazione degli altri, l’educazione sentimentale, in una parola.
Perché l’educazione sentimentale è il più forte baluardo al femminicidio.
Written by Emma Fenu
Info
Donne contro il Femminicidio #1
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Donne contro il Femminicidio #3
Approvo.
:) Le parole ed il loro concetto.