“Time Machine” della band italo-americana Supercats and the Badger: una creatura sonora dalla duplice essenza

Time Machine, uscito su etichetta Areasonica Records, è l’ultimo lavoro del gruppo italo-americano Supercats and the Badger, trio composto dallo statunitense Mike Nash alla chitarra e voce, dai bolognesi Marco Tassoni al basso e Claudio Testoni alla batteria.

Time Machine

Un lavoro complesso e ricercato, di ardua catalogazione, che potremmo sintetizzare con il termine contaminazione, senz’altro tra i più adatti nel descrivere questo mix di ingredienti che spazia dal funk al blues, dal rock al pop con influenze hard e a tratti psichedeliche, di cui è ricco quel grande bagaglio di creatività rappresentato dalla musica dei ‘70.

Una creatura sonora dalla duplice essenza, acustica ed elettrica, che riesce nell’intento mai scontato di entrare nelle nostre menti per accompagnarci in un viaggio multidimensionale e temporale fatto di percezioni, immagini, colori e ricordi.

Tra i dodici brani presenti, ecco ballate dalle sonorità tipiche dei The Servant, gruppo anglo-italiano molto in voga una decina di anni fa circa con un paio di singoli davvero azzeccati, capitanato dall’estroverso frontman Dan Black la cui voce può ricordare in molti tratti quella di Nash; troviamo anche episodi piuttosto tirati o più tipicamente funk nei quali la chitarra, anche se brevemente, si allinea con quella di Neil Rogers. Non mancano poi venature tendenzialmente pop, ma una cosa è certa: originalità e personalità musicale emergono forti.

Se la opener Melody tende più di tutte al pop rock senza dimenticare comunque l’importanza del ritmo su cui si adagiano incisive schitarrate e veloci virate, la successiva Threads si delinea attraverso un funk rock di ottima fattura; si prosegue con Somebody New, dall’atmosfera soffusa, con Nash a giocare spesso coi toni alti e in cui non mancano momenti meno malinconici impreziositi da chitarre estremamente accattivanti.

Out of Black, uno dei pezzi più tirati dell’album, propende verso l’hard rock di stampo classico anche se ancora una volta si fanno sentire prepotentemente le ritmiche funky; la title track Time Machine ti cattura al primo ascolto grazie a quel retrogusto un po’ Daft Punk, un po’ Red Hot Chili Peppers; in New Eye, forse l’episodio meno convincente, distorsioni e voce più corposa si alternano ad intermezzi meno esasperati.

Supercats and the Badger

Un discorso a parte merita Infinity, pezzo interessante in cui suoni e immagini si fondono perfettamente in un’atmosfera onirica e psichedelica di indubbio valore; bella e trascinante The Hill, coi suoi fiati ad incorniciare un brano dal sapore indiscutibilmente e classicamente funk e una tromba che si incunea prepotente in episodi jazz.

Se Morning Light e The Passion ricalcano l’architettura di Out of Black, Distant Star è forse l’episodio che si diversifica maggiormente dal tema principale di Time Machine, un misto di space rock e psichedelìa in cui il tanto caro funk rappresenta solo un piccola variante dell’intero tessuto sonoro. Chiude Sky Over Sky, a mio avviso il momento più radiofonico, orecchiabile quanto basta e pop al punto giusto con i Planet Funk del periodo Dan Black a fare continuamente capolino.

In conclusione, Time Machine è la prova della grande professionalità e personalità di un gruppo che punta, sapendo di poterlo fare, sempre più in alto.

 

Written by John Tag

(@johntag.rok)

 

 

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