“Madre del riso” di Rani Manicka: una saga familiare sulla fame d’amore
“Madre del riso” è un romanzo di Rani Manicka edito da Mondadori nel 2008.
“La famiglia è il vestito. Voglio che lei indossi la sua famiglia con orgoglio”.
C’è una dea, a Bali, fatta di riso. Ella protegge i raccolti e allontana i pericoli dai granai.
È la Madre del riso.
È colei che dà la vita.
È colei che custodisce i sogni e le speranze.
Mi ricorda la Mamma del sole della mia Sardegna: sono entrambe figure mitiche femminili, temute e rispettate proprio perché di fronte ad esse perfino un sommo dio si inchina, per rispetto al ventre sacro che lo ha generato.
“Madre del riso” è una saga familiare di rara forza e intensità che ripercorre i grandi eventi che, nel corso del secolo passato, coinvolsero il mondo e con esso l’Oriente, in particolare la Malaysia. L’invasione giapponese, descritta senza pena e senza pudore, è lo spartiacque che divide inesorabilmente un prima da un dopo; dall’orrore della Storia universale, infatti, un dolore intimo e personale cresce e si insinua nel sangue di una generazione, come una tara genetica.
Lakshmi, sposa andata bambina al semplice e tardo Ayah, vedovo e già padre, dà alla luce sei figli: Lahshmnan, affascinante e dal cuore di serpente; Mohini, incantevole e delicata come una colomba; Anna, forte e equilibrata; Sevenese, una Cassandra al maschile dedita alla vita dionisiaca; Jeyan, ingenuo e limitato come il padre; Lalita brutta come un mallo che al suo interno, però, nasconde un prezioso frutto.
La Madre del riso è Lakshmi che, come tronco saldo e nodoso di un albero secolare, sostiene e nutre tutti i rami e le fronde e i fiori e i frutti, ossia figli, generi, cognati, nipoti e pronipoti.
Tempi e luoghi difficili in cui nascere donna, quelli narrati nel romanzo: bisogna essere forti, intelligenti, intuitive, caparbie, servizievoli, fertili e, soprattutto, belle. La bellezza, definita in primis dalla pelle di colore chiaro, è un valore quantificabile anche dal punto di vista economico, poiché consente, tramite un buon matrimonio, il riscatto sociale.
Più si è belle, più si è pure. Più si è pure, più si è amabili.
Eppure, la troppa avvenenza è una maledizione che non risparmia dalla morte di inedia, nell’attesa spasmodica di amore che nutra l’anima e che germogli nella memoria. Un amore fatto di riso, figlio di riso.
Molte e molti sono i protagonisti di tale saga familiare ai quali, a turno, spetta il racconto della storia in prima persona, e molte e molti sono i personaggi minori, vividamente descritti: il lettore non può scordarsi di nessuno, nello snocciolarsi di pagine, anni e vite, perché tutti a tratti si incrociano, prima di proseguire da soli.
Molte sono le orme, rosse di sangue, che tracciano piste diagonali o ellittiche, invitando, tacitamente, a seguirle.
“Sicura nel caldo cerchio delle sue braccia lei si volse a guardare la casa, maestosa contro il vivido cielo notturno, e vide le sue orme insanguinate che si allontanavano dall’albero”.
Al termine del percorso, c’è Lei.
Lei ha tempo. Lei si siede e aspetta.
Talvolta ha le sembianze di una bella bambina crudele, talvolta quelle di un uomo magnetico, talvolta è solo una scia di profumo.
È la Morte l’ultima comparsa della “Madre del riso”: non incute nemmeno paura, però, perché anch’essa è figlia della Vita.
Written by Emma Fenu