“Ho 8 anni ma il tempo passa” di Valerio Di Gravio: i nuovi eroi dei nostri tempi inquieti

“La sensazione, e anzi la certezza, che i propri vizi erano agognati dall’altro era la migliore delle panacee. Per chi è sull’orlo della depressione, essere destinatario d’una sincera invidia è una grande terapia. Capire che qualcuno non riesce a fare ciò che tu non riesci a smettere di fare è molto più che una consolazione.”

Ho 8 anni ma il tempo passa

Il bimbo che sorride con aria “birichina”, con quell’atteggiamento da “intellettuale in erba”, e il titolo mi avevano tratta in inganno. Ho 8 anni ma il tempo passa” (Fazi Editore, novembre 2016) di Valerio Di Gravio, avvocato romano e docente ordinario di diritto privato, non è un romanzo di formazione.

È invece una raccolta di otto brevi racconti, dove a predominare sono personaggi particolari, dai tratti surreali, che in qualche modo riescono ad adattarsi alla situazione, e a fare loro qualche punto di forza o casualità fortuita, per volgerle a proprio favore. Quello che si chiama “resilienza”, in quanto capacità di adattamento dell’uomo.

Lo scambio di ruoli, fra i personaggi, è sempre in agguato, e le vite narrate offrono uno spaccato di quelle nevrosi di cui è pregna la nostra società. Ecco quindi che un amante dei vini e della buona tavola s’incontra con un salutista ossessionato dai riti e dalle privazioni, e proprio da questa assoluta diversità nasce un’amicizia che si fonda sulla solidarietà di quel che l’altro non potrà mai essere.

Così come il “Ciclista”, gestore di un negozio di biciclette e stanco della sua attività, finirà con lo scambiarsi il lavoro con un esperto nel campo della ristorazione.

L’inquietudine di questi nostri giorni si riflette nel temperamento dei personaggi, che potremmo definire “sui generis”, mai contenti di se stessi e alla continua ricerca di qualcosa – forse un’assoluzione.

Un uomo laureato in filosofia, ad esempio, molla tutto e si compra un camion, cosicché per tutti diventa “Schopenhauer”, ovvero una personalità eccelsa e distinta nel suo settore.

Un’individualità che non potrebbe sussistere ed essere così marcata, se non si arrivasse al paradosso. Per rifarsi al titolo, uno dei racconti è dedicato ad un bambino di otto anni che scrive temi formidabili, degni forse solo di un grande scienziato. Da adulto diventa uno scrittore, dalla forma eccelsa, ma dai contenuti pesati e logorroici.

Valerio Di Gravio

Il successo arriverà soltanto dopo essersi servito di alcuni espedienti. Basta “smussare” un po’ gli angoli, è il messaggio che passa, e volgere a proprio favore quelle poche qualità positive, accompagnandole ad alcune intuizioni geniali. Non rimanerci troppo male, in sintesi, ma organizzarsi e andare avanti.

L’autore scrive molto bene, ma i testi, essendo un ricettacolo di manie dei protagonisti, descrivono con pignoleria gli eccessi del loro modo di ragionare, ossessivo e scaramantico.

Trovo che questo abbia un po’ appesantito i racconti che, riservano sì un’ironia garbata, ma rinunciano ad essere divertenti.

Si tratta senza dubbio di una raccolta originale, orchestrata fra tic e piccoli e grandi malesseri di uomini del nostro tempo. Come dice il sottotitolo sono “vite (non troppo) immaginarie”, e sarà per questo che ci portano ad un’amara riflessione.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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