“Altiplano” di Peter Brosens e Jessica Hope Woodworth: impegno, morti bianche e lotta sociale

Altiplano è un film strano. Strano nel senso buono del termine.

 

Altiplano

Partorito dalle menti di Peter Brosens (El camino del tiempo, City of the Steppes, State of Dogs e Poets of Mongolia) e Jessica Hope Woodworth (King of the Belgians, La quinta stagione, Khadak, The Virgin Diaries, Urga Song), in coppia anche alla regia, questo lungometraggio narra la storia, la vita, di Max, un medico di origini belga che lavora su una clinica, nel bel mezzo delle Ande.

Gli abitanti, ad uno ad uno, si ritrovano a combattere contro il grande male, figlio di una perdita di mercurio di una miniera. Dove gli stranierei, appena arrivati, vengono additati come colpevoli, responsabili.

Le tensioni degenerano e si arriva ad una rivolta popolare che non dona soluzioni ma solo altri morti sulla coscienza, da dividere equamente tra colpevoli ed (ex) innocenti. Max è tra questi. Grace, sua moglie, raggiunge il luogo che le ha portato via suo marito.

Si respira allegoria pura, in questo film. Si trema, si sussulta, ci si indigna. Si sta incollati allo schermo, si vive in prima persona la storia, la lotta, l’alterco, la bestemmia.

Altiplano è collera delle morti bianche. È ingiustizia. È giustizia sommaria. È il grido del povero che sale sino a Dio e poi ci precipita addosso. Scava pesante, questo film, negli animi di chi lo guarda, lo accoglie, non predica, ma si lascia andare.

Apre la sua mente ed il suo cuore a ciò che accade da sempre. Quasi che fosse un documentario, anziché un drama… Bronses e Woodworth, a bordo della macchina da presa, camminano in punta di piedi, in un equilibrio instabile fatto di primi piani, sequenze d’impatto ma minimal, quadri in movimento, quasi che ogni immagine, ogni inquadratura, volesse essere un dipinto moderno (o antico), con l’ambizione di catturare visivamente, prima che con dialoghi e situazioni, lo spettatore, rapendolo dentro.

La messa in scena qui è reale – o comunque potrebbe benissimo esserlo… L’industria dunque vince, umilia, sotterra uomini, lavoratori, cadaveri, dominati dal fare (lavorare) per avere (soldi e beni in cambio)?! Diciamo che la verità sta nel mezzo.

Altiplano

I due cineasti ci mostrano quello che accade, quello che potrebbe accadere, quello che è accaduto, senza la pretesa di insegnare, di salire sul pulpito, di dettar importante lezione o di svelare chissà quale segreto, ma mostrando impegno, tecnica, suggestione, usando un linguaggio forte ma al tempo stesso delicato.

La sceneggiatura tiene e non ha molti cali, forse perché firmata dagli stessi registi che sapevano bene ciò che volevano dire, riuscendo poi a filmare esattamente quello che volevano significare.

C’è della forza civile in questo film, nonostante il coltello non affondi nella ferita, non sbugiardi, non urli fino in fondo.

È un cinema d’impatto ma non d’impegno – non nel vero senso del termine, almeno – e la visione scorre veloce lungo i 100 e più minuti della pellicola, lasciandoti i segni di un “uno-due” la cui mano (chiusa in un pugno) non è affatto leggera…

Riflettere sulla condizione dell’uomo: non è per questo che è nato il cinema, forse? In dvd a partire da 19,99 $.

 

Scheda tecnica

Paese: Belgio / Germania / Olanda / Francia

Regia & Sceneggiatura: Peter Brosens, Jessica Hope Woodworth

Cast: Magaly Solier, Jasmin Tabatabai, Olivier Gourmet

Musiche: Michel Schöpping

Anno: 2009

Produzione: Ma.Ja.De Filmproduktion, Bo Films

Durata: 109 minuti

Genere: Drammatico

 

Written by Stefano Labbia

 

 

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