“Seconda – 15 racconti che danno del TU” a cura di Serena Bertogliatti e Davide Schito: alla scoperta del tu narrativo

“Quanti scrivono usando la Seconda Persona Singolare, il famoso “Tu”? Che effetto vi fa scrivere usando questa forma rispetto alle più note “Io” e “Lui/Lei” e le varie forme plurali? E leggerle? Come vi sentite in veste di lettori di racconti/romanzi scritti con il “TU”?

Seconda – 15 racconti che danno del TU

Quali e quanti scrittori conoscete che usano questa forma? Domande che hanno accompagnato il mio viaggio alla scoperta dell’antologia dedicata alla scrittura in seconda persona singolare, il più noto “TU”, e più mi inoltravo in questa lettura più restavo estasiata da tanta bravura, da tanta passione messa dai vari partecipanti al contest nello scrivere i loro racconti.

Seconda – 15 racconti che danno del TU” è un’antologia curata da Serena Bertogliatti e Davide Schito, che comprende i 15 racconti scritti da altrettanti 15 scrittori emergenti e non, e risultati vincitori del contest “Scrittori che danno del TU”. Racconti che i nostri curatori hanno letto e premiato con attenta scrupolosità grazie all’aiuto di due giurati d’eccezione come Alessandro Morbidelli e Ferdinando Pastori.

15 racconti dove il “TU” è il protagonista assoluto. Un “TU” capace di trasformarsi in diversi stati d’animo, in diverse sfumature. Un “TU” che osserva l’andirivieni degli eventi senza mai fermarsi, in perenne equilibrio nel promontorio dei pensieri che sorvolano la sua voglia di lasciarsi andare, di raccontarsi attraverso gli occhi di chi gli dà voce.

Ogni racconto, come detto, ha un suo “tu”, un “tu” diverso, ma vivo, che ci porta ad esplorare diversi mondi, diversi punti di vista. È un “tu” alla ricerca di sé, in perenne conflitto con le proprie scelte quello che incontriamo nel primo racconto “Prima Notte” di L. Filippo Santaniello. Si tratta di un racconto ambientato a Torino, dove il nostro protagonista vaga con i suoi pensieri nella sua nuova casa, osservando l’andirivieni di persone e dei suoi sentimenti, delle sue certezze e incertezze, nel cuore di una notte insonne. Pensa e ricorda.

Da Torino voliamo nel mondo della fiaba, di una di quelle fiabe che abbiamo tanto amato da bambini, come “Biancaneve”, ma stavolta la vera protagonista è Grimilde, la matrigna della nostra eroina. Non è Biancaneve a raccontare, ma lo specchio. Uno specchio giudice e accusatore della psiche di Grimilde, come sempre ossessionata dalla voglia di essere sempre lei la più bella, la più amata dai suoi sudditi. Serena Barsotelli con il suo “Specchio, Specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” è bravissima nel mettere a punto questo racconto sublime.

Dal mondo delle fiabe passiamo a “This Romeo is bleeding” racconto di natura psicologica di Chiara Gallese, dove “entriamo” nella mente di un “tu” desideroso di vendicarsi di chi l’ha tradito: organizza con meticolosità ogni movimento, ogni minimo dettaglio del suo folle piano vendicativo, ma dimentica un dato fondamentale che lo porterà a compiere diversi passi falsi.

Vi sono alcuni racconti ambientati in trincee di guerra dove il “tu” protagonista vive una lotta contro un nemico per essere apprezzato dai propri capi, come nel caso di “Shahid” di Marco Bertoli, o si trova a vivere l’esperienza della prima guerra mondiale ma pensa a quando tornerà a casa, come in “In un prato senza tomba” di Sara Bellomi, ma grazie alla magistrale capacità di Scilla Bonfiglioli nel suo “Minores Gentes”, “voliamo” nella Roma antica dove incontriamo la madre di Romolo e Remo che lotta per la salvezza dei suoi pargoli grazie all’aiuto delle gente minori che faranno di tutto per proteggerli e aiutarli a fronteggiare la forza del loro nemico.

Storie di vita quotidiana, di “tu” desiderosi di emergere dal caos della propria esistenza, intrappolati dentro varie paure. La paura di non riuscire a fare valere la propria identità, di non sentirsi accettati da chi si ama come il caso di “So che sei lì” di Andrea Castagnetta e di “È la carriera, baby” di Marta Paparella, ma anche ne “Il Carrozzone” di Cinzia Pelagagge, in “Memorandum (ricordati di dimenticare” di Emilia Cinzia Perri e in “Tarte Tantin” di Cabiria La Notte.

Serena Bertogliatti - Davide Schito

Quotidianità che incontriamo un po’ ogni giorno la troviamo anche in “Cà Noghera” di Bee che analizza i pensieri di un “tu” giocatore attento, ma distratto dal passaggio di altre persone, seduto davanti alle macchinette alla ricerca di quella vincita che le permetta di sbarcare un po’ il lunario, o come in “In questa valle di lacrime” di Francesco Zanolla, il cui “tu” è un uomo esaltato dal desiderio di non lasciare andare qualcosa che sente di appartenergli, che non vorrebbe farsi scappare. In “Seconda Ombra” di Vincenzo Barone Lumaga ci troviamo davanti a una mente travolta dalla paranoia, dal vedere tutto nero, un noir psicologico particolare e difficile da tenere dietro come avviene anche quando si entra nel modo di “Confini” di Barbara Comeles.

Tanti “tu”, tante storie, tanti modi di vivere. Diversi modi di usare il “Tu” protagonista, ecco.

Racconti che tengono con il fiato sospeso e che ti ritrovi a immaginare mentre si muovono come rinchiusi in un sogno che stiamo vivendo, mentre assaporano quegli istanti che li vedono protagonisti. Parole che raccontano, che si formano con velocità nella mente di noi lettori curiosi di scoprire sempre di più dove andrà a finire l’eco di quel “Tu” in cui spesso ci capita di identificarci, di sentirlo vicino. Di non perderlo di vista. Di rincorrerlo.

La scrittura in “SPS” non sembra essere molto apprezzata dai critici, a differenza dei più apprezzati “Io” e “Lui/Lei”; anzi, molto spesso sembra adattarsi perfettamente a filoni letterari del thriller e/o del romanzo psicologico, ma lo vedrei bene anche nei racconti di vita vissuta, quando i protagonisti siamo noi e non vorremo essere identificati da chi legge.

Lo troviamo, inoltre, in molti testi di canzoni e in molte poesie. Io stessa ogni tanto lo uso per sperimentare la mia vena poetica, forse spinta dal desiderio di parlare con un “Tu” che sento vicino, come se fosse al mio fianco, ma non deve per forza essere un amante o un amico (immaginario o reale con cui ci si sfoga o si parla), o magari l’uomo dei sogni, ma possiamo essere anche noi stessi.

È un tu che vorrei ascoltasse le corde del mio e del suo cuore che batte, che ascoltasse il vento che canta mentre osservo il mare in tempesta. Un “Tu” che deve provare a scoprire le radici dei propri sentiment, dei propri pensieri. Un “Tu” che vibra di ogni sorgente di vita.

Insomma, penso che questo “TU” possa davvero raccontare tanto, esprimere la sua visione del mondo, delle persone che incontra e che gli stanno intorno.

Seconda – 15 racconti che danno del TU” è una sfida ben riuscita e penso che i nostri giurati sono stati davvero molto bravi nello scegliere i vari racconti vincitori. Tuttavia, penso sarebbe bello si potesse arrivare alla pubblicazione di una seconda, terza e successive altre antologie, magari con al suo interno anche poesie e canzoni.

Scrivere e leggere in Seconda persona singolare, che sia al presente, al passato o al futuro, può spaventare, ma anche incuriosire. E sorprendere per come ogni artista della parola riuscirà a colorare i propri scritti, le proprie immaginazioni.

 

Written by Daniela Schirru

 

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