“A pietre rovesciate” di Mauro Tetti: orchi e fate in una Sardegna da sempre suggestiva

“Che bello il sole però, sussurrò alla fine di tutto questo. Proprio mentre le farfalle andavano a morire incastrate nei suoi capelli. Le sue ceneri volarono a lungo sfiorando i tetti di Nur, i fili tra gli spigoli delle case e le punte degli alberi. Si posarono sulla superficie dei ruscelli dorati per muoversi convulse e risalire ancora più in alto. E forse Bianca aveva preso il colore dell’aria o del vento.”

A pietre rovesciate

A pietre rovesciate” è il romanzo d’esordio del sardo Mauro Tetti, classe 1986, pubblicato dalla casa editrice Tunué nel marzo 2016. L’opera ha vinto il Premio Gramsci per inediti, e si presenta come un insieme di tanti racconti che hanno il tono della fiaba e inducono a passare, come in sogno, dalla dimensione fantastica a quella reale, con salti temporali anche importanti.

Le tematiche trattate sono attuali e riconducibili alla nostra epoca – mi viene in mente, per esempio, la piaga della violenza sessuale che termina nel femminicidio; l’imposizione di un matrimonio che ancora oggi, in altre religioni, è causa di suicidio; il potere mal riposto in persone troppo avide; il razzismo e le lotte intestine fra bianco e nero, allorquando ci si rende conto che a prevalere non sia il colore della pelle, bensì le qualità di ognuno.

Ciò che dà al romanzo il tono della fiaba, con una sua morale, è lo stile dell’autore. Che talvolta incede sulle parole e spesso vi “ritorna”; che sembra parlare il linguaggio della poesia e, nella riga successiva, appare brusco fino a rasentare il vernacolo. La nenia di una ballata che lentamente si espande, e diviene corale.

Deve avere letto molto di Alessandro Baricco – le intuizioni geniali della sua “Seta” o di “Novecento”; così come l’eloquio confidenziale, adatto ad un pubblico giovane, è quello di John Green. Nella lettura, ho avvertito queste due influenze, piacevoli ed appropriate.

La Sardegna è terra di paesaggi aspri e selvaggi, e di tradizioni secolari tramandate di nonna in nipote; di storie infarcite di fate e streghe – la mitica “coga”. E infatti, il romanzo di Tetti è ambientato a Nur, un piccolo villaggio che rappresenta la Sardegna intera: microcosmo dove tutto inizia e tutto finisce.

Il paese nasce attraverso un capitolo che fa il verso alla Genesi, con un’ironia che ho molto apprezzato. La presenza del Maureddino, primo uomo di colore, che l’autore già colloca accanto al primo uomo e alla prima donna, dona un senso di “contemporaneità” alla storia. Già allora così “furbetti” nei confronti di chi veniva d’oltremare? Così violenti ed usurpatori? Non è azzardo, ma lungimiranza.

Mauro Tetti

Nonna Dora racconta le sue storie al nipote che è protagonista e narratore. Lui sta sempre insieme a Giana – l’innamorata mia – e all’amico Mustafa. L’anziana parla di tanti personaggi che hanno fatto la storia del paese; come per esempio di una regina talmente avara da essere stata tramutata in pietra; di Bianca che era distrofica e non aveva mai visto il sole; di chi si è ucciso per amore, come la bella Cristina Passiu. E infine, di Giana stessa, che non è solo l’innamorata del protagonista, ma è anche morta in circostanze che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Per mano di uno di quegli orchi che troppo spesso compaiono nelle favole. Giana che, per avere sollievo dalla torrida estate sarda, chiedeva al suo innamorato di portarle un po’ d’ombra. Raccogliere l’ombra del campanile di certo non è possibile, sarebbe come chiedere che ci venisse portata la luna. Ma nei sogni tutto è possibile, ed è per questo che “A pietre rovesciate” è un romanzo dalla forte atmosfera onirica.

Nel corso dell’opera riecheggia il numero dodici: si ripete all’infinito, in quella che non può essere una coincidenza. Dodici infatti sono gli anni del protagonista, quando inizia a narrare la storia di Nur per bocca della nonna Dora. In simbologia, il numero 12 segna l’ingresso nella pubertà e dunque suggerisce l’idea di una trasformazione radicale. I riti iniziatici, destinati a far accedere allo stato di adulto, si praticano infatti nel dodicesimo anno di età.

Dodici è un numero che ricorre anche in mitologia – le fatiche di Ercole – e nella religione – i 12 apostoli.

Il romanzo di Mauro Tetti è proprio un connubio di crescita personale e formazione; figure mitologiche ed eventi che hanno a che fare con la religione, fra cui i riti che avvengono a Nuraci, il camposanto del paese.

Nur, con la sua dicotomia di città di “pietra preziosa”, al cui ingresso giacciono carcasse di elettrodomestici, unisce passato e futuro; mentre il presente si lascia vivere nella sua naturalezza, senza opporre resistenza né camuffarsi da ciò che non è. Perché le vere favole, forse Mauro Tetti le ha lasciate agli altri.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

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