“La tristezza ha il sonno leggero” di Lorenzo Marone: per essere felici bisogna essere pronti a liberarsi del passato
“Si dice che il carattere di una persona si formi nei primissimi anni di vita. Sono i primi anni che influenzano tutto il resto. Una bella fregatura. Perché basta che per un motivo o per l’altro quel periodo non vada per il verso giusto, che sei rovinato per sempre.”

Sarà perché l’età è più o meno la mia – così come anche quella dell’autore – e che quando si legge e si scrive di cose che si sperimentano tutto risulta più credibile, ma ho amato tantissimo Erri Gargiulo, il protagonista del secondo romanzo dello scrittore napoletano Lorenzo Marone.
Non che il Cesare Annunziata del primo libro non mi fosse piaciuto, non intendo quello. Ma, essendo lui un uomo anziano, ho scoperto di ritrovarmi meglio in Erri, poiché condivido un passato di bambino degli anni Ottanta, fatto di scambi di figurine Panini, di telenovele sudamericane e di una parola come “divorzio”, non ancora tanto entrata nell’immaginario collettivo, che sapeva di catastrofe imminente.
Ad un anno da “La tentazione di essere felici”, Lorenzo Marone torna con “La tristezza ha il sonno leggero”, sempre edito da Longanesi. Un romanzo che dedica al figlio, nato da poco.
E che ritorno! Oserei dire, davvero in grande stile. Con una storia coinvolgente, che si snoda davanti agli occhi del lettore come fosse un film. Che sa far sorridere, per le sue scene surreali e le battute esilaranti dei personaggi, così come trattare argomenti drammatici ed attuali, quali ad esempio la sterilità in una coppia o l’abuso sessuale sui minori.
Una riunione di famiglia – una famiglia “allargata” come si usa oggi – dà modo al protagonista di ripercorrere le tappe della sua infanzia. Erri Gargiulo è un quarantenne di Napoli che non brilla di particolare bellezza, ma che evidentemente risulta “empatico”, visto che tutti lo scelgono come “confessore” e si sentono in dovere di raccontargli i loro fatti personali. L’infanzia felice di Erri termina a cinque anni, quando i suoi genitori decidono di separarsi, lasciandolo il balìa della paura di non essere più amato. A sua detta, il suo carattere pavido, gli ha sempre impedito di cogliere l’attimo, e di reagire. Un atteggiamento passivo nei confronti degli eventi, che lo ha portato a non esternare mai i suoi sentimenti, bensì a “somatizzare” e a fare un largo utilizzo di digestivi. Un difetto che gli ha infuso un’aura da perenne “sfigato”; catalogandolo come quel figlio di genitori separati e dall’infanzia infelice.
Quando però la moglie Matilde, dopo i loro numerosi tentativi di avere un figlio andati a vuoto, lo tradisce con un attempato collega e lo lascia, in Erri scatta la molla del cambiamento. Basta con quel “personaggio” schivo ed accomodante che si era ritagliato negli anni. Egli si rende conto che è ora di prendere in mano le redini della propria esistenza, e non importa se questo vorrà dire anche imporre la propria volontà su quel mare di parenti – sorelle e fratelli acquisiti e non.

La figura di una madre da sempre fortemente ingombrante, deve concedere prima o poi una tregua, allorquando la mente che ne elabora i trascorsi non è più quella di un bambino che punta unicamente il dito, ma di un adulto che sa farsi un esame di coscienza e capire che ci sono state anche cose belle. Come la presenza di Mario, il patrigno, autenticamente a lui affezionato, quasi fosse un padre vero. E Arianna, la figlia del primo matrimonio di lui, con la quale Erri ha condiviso emozioni e segreti. Forse la persona che meglio lo conosce e con la quale ci sarà sempre un legame speciale. Gente che non avrebbe mai incontrato, se i suoi genitori fossero rimasti insieme.
Non tutto il male viene per nuocere, insomma. La vita difficilmente toglie. Piuttosto, la vita dà. Arricchisce di esperienze e di affetti, perché il bene non si divide, ma si moltiplica. L’importante è saper guardare e dare a tutto un giusto spazio.
Written by Cristina Biolcati