Intervista di Katia Debora Melis al Maestro Franco Cartia: un viaggio tra tele e realtà

La pittura per Franco Cartia, nativo di Scicli (Rg), ma stabilmente operante nel Lazio, dove tuttora vive, è la forma prediletta d’espressione artistica fin dalla fanciullezza.

Franco Cartia

Formatosi passando, dopo la Scuola d’Arte, attraverso molteplici esperienze, ha ormai da decenni una ben definita e personale visione pittorica che si estrinseca in uno stile ben riconoscibile e apprezzato da nomi di rilievo del panorama culturale e della critica d’arte, tra i quali, per esempio, Mino Maccari. Sue opere arricchiscono oggi collezioni sia pubbliche che private, mentre altre sono esposte in Gallerie nazionali.

Affascinata dalle sue opere, ho deciso di proporgli una breve chiacchierata e lui, con grande disponibilità, ha accettato di parlare un po’ con noi di Oubliette Magazine.

 

K.D.M.: Alle spalle la Sicilia, la maggior parte della vita a Roma. Quali “distanze” separano le due realtà nell’immaginario, anche artistico, e nel concreto vivere?

Franco Cartia: Non esistono “distanze”, il sangue siculo scorre in me da sempre dovunque io mi trovi e da sempre ha coniugato sensazioni e sentimenti, eventi e accadimenti, in modo semplice e spontaneo.

 

K.D.M.: Una lunga carriera lavorativa presso il CNR e, al contempo, la pittura: com’è nato Franco Cartia pittore?

Franco Cartia: Per un irrefrenabile impulso quando, a tredici anni di età, pretesi da mia madre un brandello di lenzuolo fissato su delle stecche di una cassetta della frutta. Poi le chiesi di comprarmi tre colori e un pennello.

 

K.D.M.: Ci può raccontare le linee fondamentali della sua formazione artistica?

Franco Cartia: Impossibile, tanto sono frastagliate, convulse, innumerevoli. So bene da dove provengo, ma i “topos” in cui mi sono soffermato non sono descrivibili: appartengono a remoti meandri della mente cui anche a me è difficile accedere.

 

K.D.M.: Quali sono stati i suoi maestri?

Franco Cartia _ opera

Franco Cartia: Sono virtualmente legato ad Afro, lo avrei voluto come maestro.

 

K.D.M.: Si può parlare di buoni e cattivi maestri nell’arte contemporanea, in quella che si muove tra rassegne, mostre e concorsi?

Franco Cartia: Sì, certamente. Anche se i buoni si contano sulle dita. L’arte contemporanea si muove troppo nel mondo degli affari e dei guadagni immeritati. L’opera d’arte è quasi sempre avulsa dal dio-denaro, mentre una crosta raggiunge quotazioni iperboliche.

 

K.D.M.: Qual è stato il ruolo di Sebastiano Carta nel suo percorso artistico e quali opere ne segnano maggiormente la distanza?

Franco Cartia: Sebastiano è stato un bohemien che nel 1970 viveva di grappa e caffèllatte che gli scolavano sulla barba mentre si accalorava parlando di comunismo vero. Come non essere colpito da quest’ultimo futurista? Mi ha liberato alcune ali del pensiero proprio mentre il CNR cercava di bagnarmele.

 

K.D.M.: Il colore, anche quando sfumato, e la natura regnano sovrani tra pennellate che creano uno straordinario effetto di piani sovrapposti in un gioco di sottili trasparenze. La figura non si è mai del tutto dissolta, Né figurativo in senso tradizionale né astratto: c’è un messaggio che viaggia dietro questa scelta?

Franco Cartia: Difficilmente uso colori pastosi anche se Vincent me li raccomanda ad ogni piè sospinto, preferisco campiture estese a volte frammentate qua e là da misteriose presenze. Il concetto è guidare, prendere per la mano per quanto possibile l’osservatore per non farlo naufragare in anfratti di difficile comprensione; no, l’astratto no, è frastornante e malefico, mentre qualche accenno di figurativo, di neo-figurativo, può far vibrare la composizione e farla “stare in piedi” tronfia e sicura di sé.

 

K.D.M.: Quanto ritiene calzante il concetto di nuova figurazione per la sua opera?

Franco Cartia _ opera

Franco Cartia: Perfettamente calzante, è la meta stessa del mio sforzo pittorico.

 

K.D.M.: Le sue opere riscuoto uguale ammirazione tra gli specialisti, dotati, quindi, di strumenti conoscitivi specifici, e tra coloro che si pongono semplicemente di fronte alle tele in pura osservazione, da fruitori meno tecnici. Qual è, secondo lei, il principale motivo di questo forte impatto estetico-emotivo della sua opera?

Franco Cartia: Riesco a trasfondere tutto me stesso in quello che i pennelli attuano quasi fossero telecomandati. E siccome sono, per natura, uno stupido sentimental-romantico, quasi sempre le corde del mio pianoforte-grafico suscitano accordi analoghi nell’osservatore.

 

K.D.M.: Di cosa ha bisogno maggiormente oggi il pubblico e di cosa, invece, l’artista, il pittore?

Franco Cartia: L’artista ha bisogno del pubblico, il pubblico dei jeans firmati.

 

K.D.M.: Quali sono state finora le più grandi soddisfazioni che l’arte le ha portato e quali invece, se ci sono state, le delusioni maggiori ?

Franco Cartia: Alcuni premi a livello nazionale mi hanno gratificato e dato la forza di andare avanti. In altri premi ho incontrato lestofanti e bluffatori ai quali non ho dato retta.

 

K.D.M.: Ha in programma altre mostre nell’immediato futuro?

Franco Cartia: Nel mio studio ci sono almeno due o tre personali “pronte”, sto vagliando una galleria che non sia una cattedrale nel deserto.

 

K.D.M.: Cosa pensa del movimento della poesipittura che ultimamente si sta affermando su tutto il territorio nazionale, oltre che in Germania, Polonia, Stati Uniti, Brasile, Argentina? Può avere un futuro?

Franco Cartia

Franco Cartia: Il movimento è ancora giovane, anche se ha già ben attecchito. Sono un convinto assertore dell’incontro interdisciplinare fra più arti, da anni penso ad una musicpittura, a una sorta di realizzazione contestuale dell’opera d’arte mentre fluisce un’improvvisazione musicale o anche un pezzo già noto. Alcuni esperimenti fatti sono molto incoraggianti…

 

K.D.M.: Quali strade vorrebbe ancora percorrere Franco Cartia pittore?

Franco Cartia: Tutte quelle che al mattino si affollano al cavalletto dinnanzi a una tela bianca.

 

Un vivo ringraziamento al Maestro per la disponibilità e un arrivederci alla prossima mostra personale che certamente Oubliette Magazine e i suoi amici seguiranno con vivo interesse!

 

Written by Katia Debora Melis

 

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