“Il cappotto della macellaia” di Lilia Carlota Lorenzo: dal self-publishing alla grande casa editrice il passo è breve
“All’alba di giovedì 7 ottobre 1943, in un paese sperduto delle pampas argentine, fu ucciso un uomo. La verità non venne mai a galla: i morti non parlano, gli assassini non si autoaccusano, l’unico testimone non disse nulla perché era il vero colpevole.”

Frutto di un’autopubblicazione che ha avuto un grande successo di pubblico e di critica, il 10 maggio 2016 è giunto nelle librerie italiane “Il cappotto della macellaia”, romanzo dell’argentina Lilia Carlota Lorenzo, edito da Mondadori.
Trovo che questo libro sia un piccolo capolavoro, strutturato in tanti brevi capitoli in grado di catalizzare l’attenzione del lettore. Ripercorrendo un po’ le ambientazioni di Gabriel Garcia Marquez, ma a ritmo del tango di Carlos Gardel – che tanto ama uno dei protagonisti –, l’opera è il frutto di un’analisi attenta di personaggi che ruotano attorno ad un delitto.
“Il cappotto della macellaia” viene definito un giallo, ma è molto di più. C’è un’indagine profonda di costume e delle dinamiche sociali che si creano all’interno di un piccolo paese, sospeso nel tempo. Lontani da ogni conflitto bellico, gli abitanti si conoscono e sono dediti al pettegolezzo. L’autrice afferma di essersi ispirata ad un fatto di cronaca, raccontatole dalla madre e dalla nonna. Ovviamente, rivisitato alla luce della sua immaginazione.
L’opera è ambientata nel 1943 in un paese della pampa argentina, proprio a ridosso di una tormenta che, con le sue piogge torrenziali accompagnate da lampi e fulmini, è stata la complice ideale nell’evolversi dei fatti. C’è la sarta che ha un marito rozzo ed “inutile”, cacciatore di selvaggina, e un figlio “stordito” che la fa preoccupare.
La donna sta cucendo un cappotto per la figlia del macellaio, detta Pagnottina, una ragazza non ancora ventenne che s’ingozza tutto il giorno di paste con la panna e non fa che ingrassare. Per questo, ogni prova fallisce miseramente. Sperando che la giovane ritrovi presto la forma perduta, alla povera donna non rimane altro che fare e disfare di continuo quel capo, quasi fosse la tela di Penelope.
Mentre l’intera comunità è eccitata per un imminente matrimonio – nei piccoli paesi si sa, basta poco –, la moglie del macellaio e madre di Pagnottina, nonché maestra ufficiale, è alle prese con un alunno, figlio di povera gente, che si rivela un vero e proprio teppista; così come il macellaio subisce il fascino della merciaia, la bella Solimana, una quarantacinquenne senza neppure una ruga.

Solimana, che a dire il vero irretisce un po’ tutti gli uomini del paese, vive con la sorella ritardata Marcantonia: evidentemente il loro padre amava la storia antica, ma avrebbe desiderato due maschi. La storia procede come fosse un enorme mosaico. Alla fine, tutte le tessere andranno al loro posto e tutto sarà chiarito, ma soltanto al colpevole e al lettore.
Le domande sono sostanzialmente tre.
Cos’ha visto il figlio “stordito” della sarta in casa di Solimana, tanto da fuggire terrorizzato ogni volta che la incontra?
Perché Solimana attira nel suo salotto tutti gli uomini del paese?
E soprattutto, quale segreto custodisce la povera Marcantonia?
Altri personaggi secondari spiano nell’ombra. Come l’anziana telefonista, da anni barricata in casa; e un immigrato greco in pensione che osserva attraverso la toppa di una porta. Di questo romanzo ho adorato tutto. Ho amato lo stile ironico anche se talvolta scurrile dell’autrice, perché appropriato nel dare veridicità ai personaggi.
Mi sono piaciute le situazioni surreali in cui un campione di umanità – lontano, in apparenza, eppure così vicino – è venuto a trovarsi, peccando, con modalità bigotte, in maniera capitale.
“Il cappotto della macellaia” è davvero una storia originale e ben scritta, la cui lettura consiglio caldamente. Del tutto meritevole del successo che sta avendo.
Written by Cristina Biolcati