“Middlesex” di Jeffrey Eugenides: un romanzo di formazione sull’identità sessuale

Middlesex” è un romanzo di Jeffrey Eugenides, edito da Mondadori nel 2003.

 

Middlesex

La Storia umana ci insegna l’istintivo ed atavico bisogno di distinzione fra cose, uomini e idee.

Il sole di giorno; la luna di notte.
Il caldo fa sudare; il freddo dà i brividi.
Gli animali non parlano; gli esseri umani hanno imparato a farlo.

I politeisti hanno un pantheon in cui bruciare effigi; i monoteisti confidano in un unico Dio onnipotente.
Gli onesti lavorano nel rispetto delle leggi; i delinquenti nocciono alla comunità.
I neri hanno la pelle d’ebano; gli indiani d’america di porpora; gli orientali di quarzo giallo; i bianchi di luna.
Gli uomini hanno un fallo; le donne una vagina.

Il romanzo di Jeffrey Eugenides svela la nuda realtà. Nuda e indecifrabile. Nuda e osmotica.

Quando in Europa c’è il sole, in America è notte.
Il caldo è normale per un caraibico, come il freddo per un inuit.
Gli animali, in primis i delfini, hanno codici di comunicazione sorprendenti; gli esseri umani talvolta non subiscono solo lo smacco della torre di Babele.

I monoteisti si fanno guerra da millenni, in nome di un Dio che da padre diventa boia.
Gli onesti a volte sembrano tali e scendono a compromessi per guadagnare, lasciando il lavoro sporco ai delinquenti.

Gli incroci di razze danno vita a sfumature di colore bellissime, che vanno dall’ambra al cioccolato.
Gli ermafroditi hanno un apparato sessuale misto, maschi e femmina come Tiresia e forse capaci di vedere, nella cecità, fra le pieghe del futuro.

Middlesex” è un meraviglioso romanzo di formazione che racconta, in prima persona, la storia del protagonista, nato bambina a Detroit nel 1960 e rinato adolescente maschio nel 1974.

Non c’è il crogiolarsi nel vittimismo né l’indugiare nel morboso: con uno stile avvincente, profondo, introspettivo e perfino ironico, l’autore ci introduce nei segreti di una famiglia di greci scampati, su una nave diretta in America, all’incendio devastante di Smirne, ad opera dei Turchi, dove fingeranno, prima di tutto con se stessi, di non essere fratello e sorella e si sposeranno.

Jeffrey Eugenides

Così inizia l’epopea travagliata di un quinto cromosoma con la mutazione recessiva che attraversa il proibizionismo, i conflitti razziali, la guerra in Vietnam, il boom economico e la depressione a bordo non di una nave, stavolta, ma di una fanciulla di nome Calliope.

Quest’ultima scoprirà di essere geneticamente maschio a quasi quindici anni, la medesima età in cui il mitico figlio di Ermes e Afrodite, allontanatosi per noia da sentieri sconosciuti, incontrò la ninfa Salmace che se ne invaghì al punto da voler fondersi con lui, in un unico corpo, rendendolo metà maschio e metà femmina.

In fondo, su di noi umani contingenti, non grava solo la spada di Damocle, ma anche un cucchiaio d’argento, quello che nonna Desdemona faceva roteare sui ventri tesi di giovani donne, per indovinare il sesso celato nelle viscere.

Da brava Tiresia, indovinò, in quel lontano 1960, ma nessuno le credette, finché gli occhi del mondo e del rinato Cal si aprirono, per bucare il bozzolo in cui all’esordio siamo tutti in preformazione sessuale, spiegare le ali e divenire ciò che si è in potenza.

Il sacro Fato lo si srotola, come un drappo di seta. E da esso se ne cuce un abito: solo nostro, unico, perfetto.

 

Written by Emma Fenu

 

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