Intervista di Irene Gianeselli al pittore Antonio Squicciarini: la libertà di essere artisti

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 «Ci fu un tempo in cui avevo due teste, vi fu un tempo in cui questi volti erano bagnati dalla rugiada dell’amore e disciolti come profumo di rosa». – Marc Chagall

Antonio Squicciarini ed Ennio Morricone

Federico Fellini, Marc Chagall, Giò Pomodoro, Ennio Morricone, Dario Fo sono tra gli estimatori dell’arte di Antonio Squicciarini, il pittore innamorato dell’amore, scultore barese nato nel 1957 che a soli 19 anni partecipava a Zurigo alla collettiva “I maestri del colore”, sicuro punto di riferimento nel panorama artistico nazionale ed internazionale.

Numerose le sue esposizioni personali oltre alle collettive in tutta la regione Puglia in virtù della partecipazione al gruppo Gap: da Francoforte a Palma di Majorca, da Amsterdam a New York.

Giovanissimo si avvicina alla scultura e conosce Bruno Cassinari che per tre anni sarà il suo maestro. Si trasferisce a Milano dove si iscrive all’Accademia di Brera e frequenta gli studi di grandi artisti contemporanei come Ernesto Treccani e Domenico Purificato. Assieme ad altri giovani artisti proprio a Milano diviene il fondatore della corrente pittorica “Nuovo Realismo” e organizza mostre nei locali notturni, attività che gli meriterà la fascinosa definizione di “pittore della notte”.

Antonio Squicciarini mi ha incontrata nel suo studio di Bari mostrandomi i suoi più recenti cataloghi e le foto che lo ritraggono giovanissimo mentre si affaccia negli ambienti milanesi e propone le sue opere a grandi artisti entusiasti. Antonio Squicciarini ama definirsi un artista solitario, geloso della propria libertà intellettuale e racconta in esclusiva ai lettori di Oubliette Magazine il suo percorso artistico.

 

I.G.: Hai esordito come pittore a Bari, che rapporto hai avuto con la città?

Antonio Squicciarini – Incantesimo

Antonio Squicciarini: Avevo tredici anni e mio padre organizzò una mostra al Circolo della Vela e poi allo Sporting Club (i locali del Teatro Margherita). Da giovanissimo mi spostai a Milano, poi a Roma e a Parigi. Questo perché Bari in quegli anni non era interessata ai giovani artisti, li considerava provinciali. Cercai un gesto eclatante per attirare l’attenzione della città sulla condizione dei giovani artisti baresi che erano ignorati ed emarginati dagli “addetti ai lavori”, interessati invece solo ai grandi pittori del panorama italiano e straniero e nel 1984 bruciai cinquantasei mie tele sul muretto del Castello Svevo. La gente si ammassò per ascoltarmi mentre esponevo le mie ragioni e dovetti subire le conseguenze del mio “gesto di ribellione”. La stampa locale di allora nemmeno passò la notizia e nessun altro giovane artista si unì a me, evidentemente accettando la propria condizione di “artista per hobby”, ma diventai famoso fuori città: fui ospite di Maurizio Costanzo, ricevetti molte lettere di solidarietà. Mio padre non poteva aiutarmi, così decisi di sfruttare questo mio dono e cominciai a lavorare in giro per i quartieri di Milano per mantenermi agli studi all’Accademia di Brera, proponendomi come ritrattista nei locali e nei posti più “difficili” della città. Riuscii a guadagnare tanto da poter mandare del denaro anche alla mia famiglia. D’estate poi andavo a Rimini, lavoravo nei lidi fino a Riccione. Sotto l’ombrellone famiglie intere si sono fatte ritrarre da me. Sono andato via da Bari e ho lavorato per strada. Milano mi ha adottato e mi ha amato. Ad esempio ricordo che la Libreria Cortina comprava ed esponeva le mie tele. Bari è una città di cultura, ricca di giovani creativi che però è necessario incoraggiare, bisogna aiutarli a raggiungere la propria felicità, a far comprendere loro l’importanza del dialogo. A Bari ci sono grandi possibilità ma mancano politiche adeguate.

 

I.G.: Come hai scoperto la tua vocazione?

Antonio Squicciarini

Antonio Squicciarini: A cinque anni a scuola noi bimbi disegnammo San Francesco in occasione della celebrazione del 4 ottobre. Quando la maestra vide il mio disegno cominciò a prendermi a ceffoni, perché mi accusava di aver copiato l’immagine con la carta copiativa. Un mio compagno di classe prese le mie difese. “L’ho visto io disegnare, non ha copiato ” disse alla maestra. Allora la maestra mi chiese di rifare il disegno alla lavagna. Subito disegnai San Francesco che parlava agli uccelli e allora lei in lacrime chiamò la direttrice, scusandosi con me per non avermi subito capito. Cominciò così la mia avventura, con i vari concorsi regionali fino allo Zecchino d’oro con Mago Zurlì, dove vinsi un terzo premio a livello nazionale per la mia illustrazione.

 

I.G.: Come definiresti l’artista?

Antonio Squicciarini: L’artista è un uomo puro, la sua purezza sta nel fatto di essere un eterno bambino. Tutti sono artisti a patto che conservino il bambino che hanno dentro e diventino uomini e donne coltivando la propria creatività che non si cerca nei talent show. È necessario provare la sofferenza della costruzione della propria vita, fatta anche di lacrime e sangue. Non amo parlare di me, rilasciare interviste. Sono felice di parlare con te perché credo negli incontri che si fanno e il tuo entusiasmo mi ha convinto. Bisogna mettere amore in tutto quello che si fa, qualsiasi mestiere deve essere supportato dalla forza dell’amore per quello che si sta facendo, altrimenti tutto è perduto.

 

Written by Irene Gianeselli

 

 

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