FEFF 2016, Sezione Competition – “Bitcoin Heist” di Ham Tran
Udine. Proiezione della mezzanotte alla terza giornata del FEFF 2016, “Bitcoin Heist” è un caper movie (unico rappresentante del Vietnam in concorso quest’anno) che in termini di registri e livelli espressivi non ha alcunché da invidiare alla serie incentrata sulla nota compagnia di Danny Ocean.

Scritto, montato e diretto da Ham Tran, alla sua quarta prova nel lungo, è traducibile alla lettera con “colpo in bitcoin”, in riferimento alla valuta digitale che nel 2020 (collocazione temporale idonea a colmare un altrimenti insidioso gap tecnologico) permette di transitare attraverso la decodifica dei QR code ingenti somme di denaro, prevalentemente sporco s’intende.
È questa la principale risorsa del “Fantasma”, un abilissimo gestore della finanza informatica che ama scavalcare i confini della legalità.
L’agente Dada, ingaggiata in una caccia spietata ai suoi emissari, durante un intervento armato esce dagli schemi ed è costretta a dimettersi dal corpo di polizia; determinata a incastrare una volta per tutte l’ectoplasmatico evasore, obbliga Phuc, esperto contabile un tempo al suo soldo, ad assumere il ruolo di talpa; si uniscono alla squadra speciale il brillante illusionista Jack Magique, ex-fidanzato di Dada, il navigato falsario Luhan, sua figlia Linh, agilissima funambola, e infine Vi, avvenente hacker che gestisce assieme al fratello un negozio di telefonia… ma primariamente vive giocando giorno e notte a League of Legends.
Formato lo schieramento, non resta che portare a termine il “colpo grosso”, infiltrandosi nella lussuosissima villa del malfattore per salassarne il luculliano bilancio.

Attorno a questa missione ruota un plot minuzioso, animato da personalità chiassose e ben caratterizzate, sostenuto da una sceneggiatura tagliente e strabordante, umorale e beffarda, dal ritmo serratissimo come indiavolato si rivela (anche troppo) il montaggio, che in alcune sezioni non s’arma sufficientemente di quella ponderatezza atta ad equilibrare i diversi blocchi narrativi.
Come non bastasse, la saturazione dei contenuti cinetici deriva dalla cadenza martellante della musica, la quale, complici gli onnipresenti effetti sonori, gongola in un mare di profondissime basse frequenze; non si prestano a minor impatto le tinte cariche della fotografia, ennesimo elemento che in potenza espone il film ad una risonanza su scala mondiale.

Ham Tran ha effettivamente compreso alla perfezione quali possono essere gli stilemi, fruibili con relativa semplicità dal pubblico connazionale come da quello estero, adatti a rivitalizzare il cinema del suo paese (ma l’esempio è proponibile anche nel caso della Sud Corea o della Malesia), bramoso di sorprendere il pubblico con trovate al limite dell’impossibile, rifuggendo allo stesso tempo uno sterile processo emulativo del più affermato cinema d’oltreoceano, piuttosto metabolizzato, reinterpretato con sbalorditiva convinzione.
È piacevole pensare che un giorno potrebbe non stupire più imbattersi in un prodotto così energico e scintillante sapendolo originario di uno stato medio-sviluppato come il Vietnam; la forma non è tutto, certo, ma è pur sempre vero che astri nascenti come il presente dovrebbero costituire un’importante modello anche per chi, come la nostra scuola italiana, si gloria di aver scritto la storia del cinema e però trascura quel certo grado di ambizione stilistica che, se ben architettata, nuocere non può di certo.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
Info
Far East Film Festival Web Media Partner