FEFF 2016, Sezione Competition – “Mountain Cry” di Larry Yang
Il secondo prodotto del regista e sceneggiatore cinese Larry Yang ha registrato la propria première italiana domenica scorsa alle ore 20:00 ad Udine per il Far East Film Festival 2016.
Si tratta nuovamente di un dramma sentimentale, tratto da un premiato romanzo di Ge Shuipin ambientato nel 1984 in un piccolo villaggio della regione settentrionale dello Shanxi.
Lì, fra meravigliose pendici montane dalle tinte più incantevoli, trova sede il pianto del titolo, “Mountain Cry”, il tormento silenzioso di una madre rinchiusa in un mutismo indotto, causato dalla violenta insensatezza di un marito odiato e patito senz’alcuna possibilità di battere ciglio.
Un giorno cambia ogni cosa, quando una detonazione lo fa accidentalmente saltare in aria, mutilandolo della gamba sinistra e conducendolo in poche ore alla morte.
Dell’accaduto viene accusato un ragazzo che notoriamente si dilettava con le trappole per i tassi, il quale per evitare di costituirsi alla polizia, gettando così cattiva luce su tutti i vicini, a malincuore si accolla le spese di risarcimento accordate con il consiglio degli anziani.
Quello che inizialmente appare nulla più di un asservimento a scadenza indefinita si tramuta col passare dei giorni in un lento e inaspettato avvicinamento alla donna, ben disposta ad accogliere la presenza e l’operato di un’anima finalmente buona.
Più il rapporto diventa intimo, più il pubblico, attraverso un abilmente architettato sistema di flashbacks, ha modo di scavare nel passato segreto della protagonista, che in ogni dove sembra trovarsi ad affrontare i fantasmi delle sue traumatiche esperienze, impedimento difficilmente sormontabile che rende ardua ogni giornata, ogni apparizione, ogni relazione.
L’indagine progressiva che il giovane con tatto conduce lo spinge a prendere con sempre maggiore vigoria le difese della persona che scopre di amare, osteggiata da una comunità fino ad allora ripiegata nell’indifferenza, ma ora intimorita dal disonore che le calerebbe addosso se le autorità giungessero a far luce sul caso.
La tenace resistenza che oppone la coppia trova fondamento nel limpido desiderio di vivere in pace, lei con il suo “salvatore”, lui con la radice della propria redenzione.
Le ambizioni non sono utopiche: l’artigianato tradizionale sopravvivrebbe nelle loro occupazioni, l’umiltà delle condizioni di vita rimarrebbe invariato, nutrito inestinguibilmente dalla bellezza della natura circostante, la stessa in cui sono cresciuti e con la quale hanno imparato a dialogare, in termini di usufrutto e ristoro dello spirito.
Il regista, alla ricerca (come ha dichiarato in varie interviste) di una propria impronta autoriale d’internazionale respiro, riesce a cogliere con ricettiva abilità l’atmosfera di questi luoghi così isolati e incontaminati, e grazie ad una raffinatissima scenografia, deliziosamente rustica, filtrata nelle tinte pastose e materiche della fotografia, raggiunge l’intento di condurre per qualche ora gli spettatori in una terra dalla purezza intima e seducente.
Non mancano in queste descrizioni punte di ironia, di dolcezza (basti pensare alle zuccherine apparizioni della gattina del giovane), ma anche di moderata crudeltà, di elogiabile raccapriccio, senza che mai si lasci all’incuria l’evocazione di ritualità popolari al mondo d’oggi ormai sempre più fuori fuoco.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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