FEFF 2016, Sezione Classici Restaurati – “The Way of the Dragon” di Bruce Lee
Ogni anno al FEFF si presentano alcuni titoli sottratti al deterioramento delle pellicole grazie a pregiati restauri in 2K e 4K; l’edizione 2016 offre 5 nuovi film usciti fra gli anni ’70 e ‘80, 4 dei quali a tematica “arti marziali”.
Il classico che ha aperto la selezione sabato pomeriggio presso il Visionario di Udine è “The Way of the Dragon”, scritto, diretto e interpretato da Bruce Lee nel 1972.
In Italia è meglio conosciuto come “L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente”, così ribattezzato a scopo promozionale dato che nei due precedenti lungometraggi con Lee usciti in suolo italiano (“Il furore della Cina colpisce ancora”, 1971, e “Dalla Cina con furore”, 1972) il protagonista si chiamava Chen. In realtà il qui presente maestro di kung fu porta il nome di Tang Lung, un campagnolo venuto in soccorso di un parente (ormai defunto) di un suo amico, il quale ha lasciato in eredità alla bella nipote un ristorante a Roma.
L’approdo dell’hongkonghese è giustificato dalle incessanti minacce perpetrate da un boss della malavita, intenzionato a sfrattare cuoco, garzoni e proprietaria dal locale e ad attuarne una conversione produttiva. La vicenda in questo modo si regge sulla consequenziale saggiatura delle abilità dell’ospite che, vissuta qualche giornata da innocuo turista, si trova ben presto ad ammannire una sonora lezione prima agli scagnozzi del capo, poi ad alcuni esperti lottatori.
Si tratta di un action divertente e alquanto verboso, ambientato in una caput mundi dove tutti sembrano parlare l’americano tranne il primattore, venato di un umorismo a detta dello stesso autore facilmente apprezzabile in estremo oriente, un po’ sfuggente nei paesi occidentali: e in effetti scorgiamo forse in noi sorrisi di circostanza assistendo a quelle ricorrenti smorfie e incontinenze di Tang Lung, quelle effemminate cafonerie che distinguono il gracile braccio destro, quegli accostamenti vagamente agrodolci (un tenero gattino che svicola fra le rovine mentre due titani guerreggiano per la sopravvivenza), quei macchiettistici siparietti che si emancipano qui e lì dalla narrazione principale (come nel caso dell’avvenente prostituta).
Il favore del pubblico per la maggiore si conquista (e si è conquistato, visti gli incassi record all’uscita nelle sale) con le ben coreografate scene di combattimento, immancabilmente accompagnate da musiche ed effetti sonori volutamente ridondanti e dai comici esiti in principio, evocativi in chiusura di un’epica tonalità in precedenza solo suggerita: non a caso lo scontro nel Colosseo fra Bruce Lee e l’esordiente Chuck Norris aka Colt è entrato a buon diritto nelle antologie del genere.
In questa sede un occhio di riguardo va poi ovviamente alla fotografia, resa in tutta la sua pulizia e lucentezza originale, permettendo ancor più oggi di apprezzare l’episodica esaltazione di certi chiaroscuri, la saltuaria efficacia di alcuni specifici tagli delle inquadrature, ma soprattutto la magniloquente impressione dei fisici scultorei dei combattitori.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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