“Szymborska, la gioia di leggere” di Donatella Bremer e Giovanna Tomassucci: saggi dedicati alla poetessa polacca
“Szymborska si rivolge a noi, che condividiamo la sua stessa epoca, come una di noi, lasciando da parte le proprie faccende private: e tuttavia, anche se si mantiene ad una certa distanza, fa riferimento a ciò che ciascuno (o ciascuna) di noi ha imparato della propria vita.” – Czeslaw Milosz
In Italia si legge poco, soprattutto poesia. Il genere viene considerato di nicchia, e talvolta nemmeno le case editrici se ne vogliono occupare. Eppure, nonostante la mancanza di cultura nei confronti di questo genere letterario, un nome spicca su tutti, ed è conosciuto. Si tratta della poetessa polacca Wislawa Szymborska, nata a Kornik il 2 luglio 1923 e morta a Cracovia il 1 febbraio 2012, che è stata Premio Nobel per la Letteratura nel 1996.
Dalla banale constatazione che la Szymborska piaccia al pubblico, e nel tentativo di analizzare il perché di questa popolarità e questo gradimento, nasce “Szymborska, la gioia di leggere” (Pisa University Press, 2016), la prima raccolta di saggi dedicata in Italia all’opera della poetessa polacca. Lo scritto è a cura di Donatella Bremer, Professore Associato di Lingua tedesca presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa; e di Giovanna Tomassucci, docente di Letteratura polacca all’Università di Pisa.
Nonostante il consenso “atipico” che la poetica della Szymborska abbia suscitato nel nostro Paese, poche sono ancora le letture critiche che ci sono pervenute. Per citare le sue parole: “Sono, ma non devo/ esserlo, una figlia del secolo”, si può affermare che Szymborska abbia sollecitato come pochi altri una fruizione di massa della poesia. Una poetessa popolare che, nonostante la lingua madre ostica, si esprimeva in maniera semplice, servendosi del verso libero. Perpetrando col suo proverbiale entusiasmo “l’arte di essere vivi”.
I suoi sono versi dotati di una grande forza emotiva, che commuovono e si lasciano facilmente comprendere. In quest’opera, traduttori e poeti, che l’hanno conosciuta, riportano i loro personali contributi, per celebrarne il personaggio e per rendere omaggio alla persona. Sono testimonianze soggettive, talvolta intime, come per esempio sui tre viaggi che la poetessa ha compiuto in Italia: nel 2007 a Roma, Siena e Pisa; nel 2008 a Catania e Palermo; nel 2009 a Bologna e Udine.
Aule sempre gremite, per lei. Ascoltatori entusiasti, ammaliati dal suo famoso sorriso e dalla sua “aura” di disponibilità. Fra tutti, il ricordo del poeta, saggista e traduttore Jaroslaw Mikolajewski, che ne descrive la spontaneità di fronte ai monumenti italiani, in particolare visitando il Duomo di Siena. Ne parla come della donna “coi cappellini”, che durante una gita sull’Etna ne ha perso uno – il kapelutek –, e che voleva cercare al bordo del cratere. Ma il vulcano ne aveva “inghiottiti” parecchi, e la poetessa ha dovuto cedere e comprarsene un altro, anche se non ce ne erano molti disponibili.
“In aprile sull’Etna non c’erano cappellini di stoffa estivi per anziane poetesse-premio Nobel provenienti dalla Polonia.”
Alla fine ha dovuto optare per un berretto di cotone, grigio come il precedente, che poi Mikolajewski stesso ha ritrovato nell’armadio di casa sua a Varsavia. “In quali misteriosi crateri dell’Etna sarà mai andato a finire il suo immortale kapelutek?” Ewa Lipska, poetessa polacca, ricorda invece l’amica. Una Szymborska che assecondava il marito, lo scrittore Kornel Filipowicz, amante della pesca.
Una perfetta padrona di casa, ospitale e sempre cordiale, che scriveva lettere bellissime. Ne esce un ritratto di una donna che non amava rilasciare interviste né parlare di sé. Lasciava che le sue poesie parlassero per lei, adottando argomenti condivisi, evitando eventi autobiografici.
Alla sua morte, nel 2012, per volontà testamentaria di Wislawa Szymborska viene istituita la Fondazione omonima, che ha il compito di sostenere ogni iniziativa a favore della lettura e della diffusione della poesia. Essa conferisce annualmente un premio internazionale ad autori che si siano particolarmente distinti per le loro opere poetiche. Accanto ad un intervento del suo traduttore Pietro Marchesani, il saggio presenta due inediti della Szymborska.
In copertina il suo collage ispirato alla Torre di Pisa; in appendice una poesia del 1985 dal titolo “Dialettica e Arte” mai apparsa in Italia. In questi versi, ella si rivolge all’artista. Eloquente la strofa finale, che riporto:
“Se dirai No/ ti toglierai la parola/ riguardo al futuro/ Se dirai Sì/ avrai la possibilità/ di ripetere quella parola/ domani dopodomani sempre/ ad ogni nuova richiesta/ a questo modo/ conservandoti/ il diritto di voce.”
Written by Cristina Biolcati