“Le anime bianche” di Frances Hodgson Burnett: quel legittimo desiderio di andare oltre la morte
“Se fossi stata più grande quando cominciai ad avere quelle visioni, avrei senza dubbio letto cose nei libri che avrebbero fatto scaturire nella mia mente dubbi e interrogativi; ma ero solo una bambina che aveva vissuto una vita tranquilla lontana dal resto del mondo.”
A chi ama i grandi classici dell’Ottocento, dove a fare da sfondo è una brughiera aspra e selvaggia che tutto copre con la sua fitta bruma, consiglio il romanzo “Le anime bianche” (Panesi Edizioni, dicembre 2015), finalmente tradotto in lingua italiana da Annarita Tranfici. Si tratta di una delle opere meno conosciute della scrittrice americana, ma di origini inglesi, Frances Hodgson Burnett (1849- 1924), ricordata soprattutto per romanzi dedicati al mondo dell’infanzia quali “Il piccolo Lord” e “Il giardino Segreto”.
“Le anime bianche” è uno scritto breve – nemmeno 80 pagine –, diviso in dieci capitoli, dove lo stile elegante ed evocativo dell’autrice è volto ad analizzare un processo di consapevolezza di sé e di capacità che esulano dalla norma. Una narrazione che ha il ritmo apparente della fiaba, intrisa invece di contenuti che vanno al di là di un mondo vissuto da una principessa in un castello, al cospetto di una montagna di libri, contenuti nella biblioteca che tutti vorremmo avere. Tema principale di quest’opera è infatti la morte, o meglio, la perdita della paura per quello che verrà dopo.
Isobel è soltanto una bambina quando perde entrambi i genitori, unica ereditiera di un castello in Scozia. Viene allevata da due tutori che risiedono con lei nella sontuosa dimora, e la educano allo studio dei classici. Il suo scrittore preferito è però – e sempre rimarrà – un certo Hector McNairn, ai suoi occhi uomo perfetto.
Isobel possiede un “dono”, ovvero la capacità di vedere le persone defunte, ma poiché nessuno l’ha mai voluta impressionare, accennando all’argomento, lei non ne è consapevole. Le chiama “anime bianche”, dando alla morte un valore aggiunto di luce e di fulgore, senza attribuirvi mai alcun significato negativo.
È proprio Isobel a narrare la sua storia, in prima persona, ovvero gli effetti di una lenta acquisizione di sé. La vita di questo “strano fantasmino”, così come la giovane ama definirsi, prosegue nella completa solitudine del castello, unico posto dove ama stare, intervallata solo da sporadiche visite a Londra. Con la sola compagnia dei suoi tutori e, in un secondo momento, quando la ragazza cresce, dello scrittore che la raggiunge al castello insieme alla sua anziana madre.
Saranno giorni di letture suggestive; di racconti, di promesse e chiarimenti; di tramonti infuocati vissuti a spasso per la brughiera, senza che nessuno mai osi lamentarsi per l’infausto destino.
Questa storia, che vede il tempo trascorrere lento e con pieno entusiasmo – sebbene lo scrittore sia affetto da una grave patologia al cuore –, ha il potere di infondere serenità e di non fare mai appello alle cose che inquietano. Né mai si lamenta Isobel, per essere rimasta orfana, e soprattutto per avere ricevuto quel “dono” che a qualcuno avrebbe fatto paura.
Solo alla fine realizzerà questa sua capacità di andare oltre la vita, e riuscire ad infondere coraggio a chi le sta intorno.
Sapere cosa ci sia dopo la morte è il grande cruccio dell’umanità. Se questo mistero fosse di pubblico dominio, forse cesserebbe all’istante la paura di morire, perché è proprio l’incertezza ciò che distrugge.
L’autrice, che non si è mai rassegnata al fatto di avere perso il figlio quindicenne Lionel, morto nel 1890 a causa della tubercolosi, ha usato la scrittura come una terapia. Ha concepito questo libro per rincuorare se stessa, e raccontarsi che la morte non è poi così brutta, se diventiamo anime piene di luce, libere di andare per il mondo. Se possiamo rivelarci solo a chi ci può vedere, ma siamo sempre presenti, lì, a vegliare su chi abbiamo amato.
Un po’ come quella vignetta, che spopola in Internet, dove Charlie Brown e Snoopy sono seduti, di spalle, su un pontile. “Un giorno moriremo anche noi, Snoopy” gli fa notare il bambino. “Certo” risponde il suo fedele amico, “ma tutti gli altri giorni no”.
Written by Cristina Biolcati
Buongiorno e buon week-end.
Passo per segnalare con immensa gioia che la casa editrice ha provveduto a stampare la versione cartacea del classico da me tradotto. :D Tutti gli interessati possono fare richiesta direttamente alla Panesi Edizioni tramite questa pagina e richiedere il romanzo al costo di 8 euro (spedizione inclusa): http://panesiedizioni.it/i-nostri-ebook/i-nostri-cartacei/
Pensavo potesse interessare. Grazie per lo spazio! Buona giornata!