Il califfato nel pensiero politico islamico classico e nel pensiero moderno
L’idea di califfato è uno dei concetti della cultura e della civiltà islamica che nel corso della storia, e oggi più che mai, è stato oggetto di equivoci e improvvisate critiche.

Prima di tutto è importante comprendere e contestualizzare il concetto di califfato e Califfo. Califfo, traduzione di khalifa dall’arabo, significa sostituto, vicario ed è una parola che ha assunto poi, nell’evoluzione del pensiero politico islamico un valore politico, di colui il quale ha una funzione politica e gestisce il potere.
Il termine califfo è un termine coranico, compare per la prima volta nel Corano, solo due volte in riferimento prima ad Adamo e poi a Davide, che nella tradizione islamica sono entrambi profeti.
Quindi in due contesti diversi il Corano attribuisce ad Adamo e poi a Davide, il titolo di califfo, tuttavia in nessuno dei due casi il significato è politico.
“E {ricorda} quando il tuo Signore disse agli angeli: “Io creerò un vicario sulla terra”
L’istituto del Califfato (in arabo khilâfa, “vicariato”) emerge nella storia islamica immediatamente dopo la scomparsa del Profeta Muhammad (632), il quale non aveva designato alcuno dei suoi compagni alla guida della comunità dei credenti, la ‘Umma.
È solo dopo la sua morte che si palesa la necessità di un sostituto, che da un punto di vista politico possa essere un riferimento e una guida per la ‘Umma, ovvero la comunità musulmana. Chiaramente si parla di sostituto non in senso profetico, perché secondo l’Islam la profezia è chiusa con Muhammad, ma l’esigenza è quella di sostituire il profeta nelle sue funzioni di capo della comunità e quindi nelle sue funzioni di “uomo di stato”.
Ecco che nasce allora la funzione politica di Califfo, comunque in un’accezione completamente diversa da quella di oggi. Il primo califfo, successore del Profeta fu Abu Bakr, suo fedele compagno. Esso non ebbe funzioni religiose ma prettamente civili, pubbliche e politiche. Una volta eletto califfo disse pubblicamente di essere “khalifa Rassul Allah” ovvero il sostituto del profeta di Allah e non il sostituto di Allah, proprio per sottolineare il fatto che non rivendicava per sé alcuna funzione religiosa.

Nella sua prima khutba, discorso disse: “Sono stato incaricato, ma non sono il migliore tra voi; […] Il debole tra voi è forte perché io difenderò i suoi diritti, e il forte tra voi è debole presso di me. […] Obbeditemi finché obbedisco a Dio e al Suo Inviato, ma se disobbedisco a Dio non dovete obbedirmi. Se faccio bene, appoggiatemi, se devio, raddrizzatemi”
Successivamente nel 634, dopo la morte del primo califfo, successe Umar Ibn Khattab. Anche Umar non tardò a palesare lo stesso principio, anzi disse di essere “khalifa khalifa rassul Allah” cioè il sostituto del sostituto del Profeta di Allah.
Questo, ovviamente, prefigura una sorta di onestà politica perché asserendo questo i califfi non riconoscevano solo Dio come unico legislatore ma in esso anche una limitazione del loro potere. Consapevoli che il califfato, rappresentasse una funzione sancita dalla legge (sharia) e dalla religione, vivevano questo loro status in funzione e a disposizione della gente.
Il Califfo era semplicemente il titolare di “un mandato pubblico” senza alcun potere nell’ambito legislativo né in quello dogmatico. In quanto il Capo e il legislatore supremo della umma era unicamente Allâh, la funzione del califfo si traduceva nel garantire il rispetto e l’applicazione della legge rivelata, attraverso i giudici qudat. Egli per primo doveva sottomettersi alla Legge, e gli ‘ulama, i dotti, nella loro fondamentale indipendenza dovevano garantire che il potere del Califfo non sconfinasse in zulm (oppressione). Secondo i teorici del califfato, l’oppressione si verificava quando l’agire umano (in questo caso del Califfo) non veniva vincolato alla legge.
Tuttavia i califfi successivi a questi particolarmente santi e eminenti, presero una posizione diversa; Othman e Ali, il capo stirpe del partito sciita, rivendicarono per sé stessi il titolo di califfi direttamente di Allah, quindi pretesero in qualche modo di incarnare nella propria figura, sia il potere pubblico quanto l’autorità religiosa.
In questo senso l’Islam è esattamente il contrario dello stereotipo di teocratico, perché storicamente parlando non troviamo religiosi, ‘Ulema, a rivendicare l’autorità politica ma al contrario, uomini di politica che rivendicano per sé l’autorità religiosa. In questo caso è il potere politico che controlla il potere religioso e non viceversa.

Questi califfi, nell’Islam sunnita, furono tutti elettivi anche se secondo diverse modalità mentre a succedere i primi quattro califfi ben guidati ci furono, dapprima il califfato Omayyade della Siria (661) e poi quello Abbaside dell’Iraq, i quali cominciarono ad applicare un principio di successione completamente diverso, non più elettivo ma di tipo dinastico.
Con i ben guidati e quindi con la morte di Ali, gli Omayyadi e gli Abbasidi non sono più allo stesso livello morale dei ben guidati che sono stati tutti compagni e contemporanei al Profeta, e di conseguenza il califfato comincia un lento ma inevitabile deterioramento.
Questa è un’idea formulata da moltissimi teorici della politica del periodo classico, l’ultimo e più importante dei quali da Ibn Khaldun (1332 –1406), pensatore Arabo, considerato il primo grande filosofo e sociologo della storia del mondo Mediterraneo e latino, non solo del mondo arabo. Ibn Khaldun sostiene che il califfato, straordinario all’epoca dei ben guidati, si è trasformato con gli Abbasidi e gli Omayyadi in potere patrimoniale, curando più i propri interessi che il bene comune. La rovina fu lenta e progressiva fino ad arrivare all’invasione mongola e alla conseguente fine dell’Impero Abbaside. Nel 1258 con l’impero Abbaside ha fine anche il califfato classico.
Con gli ottomani, e in particolare con il sultano Abdul Hamid II, si ripropone la questione del califfato. Ma è Mustafa Kemal Ataturk, nel 1924 con la Repubblica di Turchia, ad aver posto fine anche al discusso “califfato ottomano”.
La questione sarebbe stata poi al centro di attenzioni per tutti gli anni Venti e Trenta del Novecento, da parte di alcuni riformisti islamici, senza però convenire ad una proposta concreta.
Solo negli anni ’40 in Egitto, nell’impegno politico e nella creazione dei fratelli musulmani, viene riproposta l’idea di califfato, ma questa volta con un accezione e una terminologia ancora diversa rispetto alla sua concezione classica. Essa si traduce nell’idea di creazione di uno stato islamico. Un’idea del tutto utopica e assolutamente surrettizia, mai esistita prima. I fratelli musulmani identificano il califfato con l’idea di stato islamico, un modello completamente nuovo, perché quando i teorici classici del pensiero politico islamico teorizzarono il concetto di califfato non lo definirono stato islamico. Il termine stato islamico è una formula mai proposta prima, un’invenzione dell’età contemporanea che inevitabilmente pone caratteristiche “teocratiche” all’istituzione del califfato.

Dai fratelli musulmani in poi, sino alle degenerazione dell’Isis, si elabora un concetto “moderno” di califfato deviante rispetto alla tradizione classica del pensiero politico islamico.
Chi per esempio ravvisa, nell’imamato di Khomeni in Iran piuttosto che nella teorizzazione dello stato islamico, una consonanza al medioevo sbaglia nel modo più assoluto. Il regime di Khomeni o le teorizzazioni dei fratelli musulmani sono concetti assolutamente moderni. Entrambi elaborano e applicano dei concetti che nel Medioveo non esistevano. Sempre perché la tradizione del califfato non è mai stata teocratica, non ha mai fatto parte della storia dell’Islam.
Prevalentemente abbiamo visto una strumentalizzazione del religioso da parte del politico piuttosto che una strumentalizzazione del politico da parte dell’autorità religiosa.
Per questo è sbagliato considerare queste ideologie politiche, il perché di certi orientamenti e di certe scelte (Salafismo, Wahibismo, Fratellanza Musulmana etc..) come esplosioni di cieca irrazionalità. Questa è una banalizzazione, dietro a questi discorsi e a queste ideologie vi è un pensiero estremamente strutturato, molto complesso e molto raffinato.
Written by Amani Sadat
Grazie Amani, un bella lezione politica/teologica
Grazie mille a te alberto :)