“Storia di un corpo” di Daniel Pennac: diari di emozioni ed esperienze da vivere

Da sempre, più o meno apertamente, il corpo è stato un mistero a cui letterati e filosofi hanno cercato di fare una personale risposta. Poi è arrivato il XX secolo, con le certezze nate e crollate in pochi decenni, tra cui quelle legate all’essere umano come entità fisica e psichica.

Storia di un corpo

In mezzo allo scorrere del tempo, una persona ha voluto così tenere un diario su cui annotare tutto ciò che riguardava il proprio corpo e di chi gli stava accanto: il protagonista del libro-diario di Daniel Pennac, “Storia di un corpo” (Feltrinelli, 2012), mai citato per nome tra le pagine per preservarne l’identità nota.

Lo stratagemma con cui l’autore presenta l’opera, infatti, è di manzoniana memoria: dopo la morte del padre, un anziano dalla fama internazionale di essere un “vecchio saggio”, Lison riceve i quaderni tenuti dal genitore per tutta la vita, contenenti quello che nessuno si sarebbe mai aspettato da una persona simile. Tanto meno lei!

Tra le pagine, infatti, partendo dall’infanzia negli anni ’30 fino alla fine dei propri giorni, nel 2010, è racchiusa “l’epopea” di un uomo che scopre sé stesso fisicamente e psicologicamente: da “brutto anatroccolo” a ragazzino nel pieno del proprio sviluppo, fino alla senilità le scoperte sono infinite.

Il diario intimo del protagonista non racchiude una trama, né un filone logico che non sia quello temporale: gli unici punti di riferimento, parallelamente agli anni che avanzano, sono i cambiamenti fisici e la sempre più curiosa scoperta di sè stessi.

In un modo forse goffo, ignorando completamente all’inizio ogni aspetto se non ciò che si può vedere anche in una tavola anatomica, ma incredibilmente simile a come tutti noi ci avventuriamo in questo viaggio.

Sì, perché la “storia” non è solo di un corpo, ma del corpo in generale, in cui possiamo riconoscere le nostre innumerevoli sfumature e a cui siamo legati per forza divina, spirituale, fisica, ecc…

Siamo per cui noi quel bambino che scopre come fare pipì più lontano, facendo la conoscenza del prepuzio; e siamo ancora noi quel vecchio che scopre di provare ancora piacere sessuale, nonostante l’età avanzata.

Pennac racconta in un modo estremamente diretto, proprio come farebbe chiunque su un proprio diario intimo, lasciando fuori dalle pagine tutto ciò che non riguarda strettamente con l’argomento centrale.

Daniel Pennac

Le uniche volte che la Storia entra prepotentemente è durante la Seconda Guerra Mondiale, o in modo molto flebile durante le proteste del ’68 a Parigi: tutto, però, raccontato sempre dal punto di vista del corpo.

L’idea che un “vecchio saggio”, come l’autore stesso descrive il “vero” autore dei diari, possa aver tenuto per tutta la vita un resoconto simile di sè sembra quasi una rivisitazione moderna dell’epistolario di Cicerone, che Petrarca scoprì ma ne rimase sconvolto dalla differenza di personalità, rispetto alle sue opere destinate alla pubblicazione. E così il protagonista di questo libro, che unisce linguaggio ricercato alla quotidianità delle esperienze, da quelle passate in bagno agli amori carnali.

Senza mai citarlo, Pennac riesce anche a criticare Freud, le cui convinzioni che la mente influisca sul corpo non appassionano molto il narratore, anzi. A dire il vero, la psiche passa spesso in secondo piano tra le pagine, concedendo ampio spazio al racconto del corpo interno ed esterno, in tutte le sue forme.

Tra le righe, leggiamo la nostra storia, verso cui riusciamo addirittura a provare repulsione per cose assolutamente naturali. Ma forse siamo così abituati alla mercificazione del corpo che non riusciamo a riconoscerlo, se restituito alla sua originalità.

E così facendo siamo uguali a quell’epoca in cui pelle e interiora, sentimenti ed emozioni erano tabù assoluto. Paradosso contemporaneo, in un presente dove tutto è fisico, dietro all’inconsistezza del virtuale.

 

Written by Timothy Dissegna

 

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