Intervista di Michela Zanarella a Bartolomeo Bellanova, autore di “A perdicuore – Versi scomposti e liberati”
“Luogo dato agli spettacoli diurni e notturni:/la strada palcoscenico con le comparse,/mosaico dei punti di vista.”
Bartolomeo Bellanova ha scritto questi versi “scomposti e liberati” tra il 2011 e il 2014, dopo aver tentato di liberare i suoi occhi dai pre-giudizi, dai pre-concetti, dai sentieri battuti e sicuri, perché potessero guardare dentro alle altre anime e attraverso queste, come in un complesso gioco di specchi, provare a vedere più nitidamente nella sua.
In alcuni componimenti ha prevalso l’immediatezza, l’istantanea fissata nel momento dello “sguardo”, la parola traccia-d’inchiostro sulla carta che non riesce a stare al passo col pensiero. Bellanova è autore di poesia e narrativa attento ai temi sociali e di denuncia civile. Fa parte dei fondatori del contenitore on line di scritture dal mondo “la macchina sognante”. “A perdicuore” è la sua nuova silloge edita da ARTeMUSE.
Ho incontrato l’autore per una breve intervista.
M.Z.: Hai scelto un titolo particolare per la tua nuova silloge “A perdicuore – Versi scomposti e liberati”. Ci spieghi che cosa rappresenta per te questa pubblicazione?
Bartolomeo Bellanova: La raccolta contiene una scelta di miei scritti poetici degli ultimi quattro anni e riflessioni critiche sulla nostra società. Questa pubblicazione rappresenta la prima tappa di un percorso personale che inizia con l’osservazione della natura e degli uomini attraverso lo sguardo che emana dagli occhi e dai corpi perché lo sguardo è lo specchio dell’anima. È uno sguardo che, con l’addentrarsi nella raccolta, cerca di liberarsi progressivamente dai pregiudizi, dai preconcetti e dalle consuetudini quotidiane. Ogni sguardo catturato è un’istantanea che vuole fissare un’emozione, un pensiero, un grido e che si trasforma poi in testo scritto per riprodurre il più fedelmente possibile quest’emozione, questo pensiero o questo grido. La scelta del titolo “A perdicuore” è la sintesi di una visione complessiva di vita vissuta senza risparmio, senza calcoli di tornaconto personale, senza secondi fini, inseguendo la nostra liberazione da ogni forma di costrizione o sudditanza, facendone battaglia condivisa con i miei simili.
M.Z.: La tua poesia è diretta, immediata, incisiva e tocca tematiche sociali, descrivi una società dove c’è troppa violenza, troppa morte, troppo poco amore. Possiamo attribuirle una funzione civile?
Bartolomeo Bellanova: Anche se in genere sono contrario all’uso di catalogazioni, credo che gran parte della mia poesia possa essere ricompresa nell’alveo ampio e composito della poesia civile, i cui confini sono comunque abbastanza labili. Anche la poesia, ad esempio, che reclama la libertà d’amare contro ogni pregiudizio è, a mio parere, poesia civile. Sono state scritte centinaia di pagine su quanto possa essere compreso o escluso dalla cosiddetta poesia civile, sulla sua presunta superiorità o inferiorità rispetto ad altre espressioni poetiche. Credo che la vera differenza sia tra la poesia che scuote dentro attraverso le parole, la musica, le immagini e la poesia che passa come acqua del rubinetto sulle nostre mani, per quanto formalmente perfetta possa essere. È una scelta soggettiva di chi scrive e di chi legge appassionarsi a un testo, a uno stile piuttosto che a un altro. Nei miei scritti al centro c’è soprattutto l’uomo in tutte le sue manifestazioni sublimi e le sue bassezze, ci sono i vinti, i delusi, i dispersi da questa società dell’omologazione e della competizione.
M.Z.: La luna è spesso fonte di ispirazione dei tuoi versi, che significato assume nella tua scrittura?
Bartolomeo Bellanova: Sono molto affascinato dallo spettacolo naturale della luna piena, soprattutto nelle tiepide notti estive. In alcune situazioni liriche è una luna palcoscenico rispetto ad azioni compiute da altri, uomini o animali, è una luce che aiuta a rendere la nostra vista più chiara che alla luce del giorno. In altre poesie partecipa ai nostri destini “corrucciata e faceta”. In particolare ne “La luna e la lanterna” è una luna umanizzata: gli sguardi dei poeti, degli amanti e dei gatti solitari in amore che la pregano, la sospirano e la raggiungono, la fanno commuovere le fanno brillare qualche stella. La sua luce riservata e ritrosa entra dagli scuri e la luna s’incanta partecipe degli affetti umani.
M.Z.: In una poesia scrivi: “Sono il buffone, il saltimbanco, il perditempo, l’esaltato e l’estasiato”, e mi viene alla mente il grande Aldo Palazzeschi, c’è qualche riferimento?
Bartolomeo Bellanova: Ti ringrazio per l’immeritato accostamento con uno dei grandi autori che hanno scritto la storia della poesia italiana. Quando ho scritto “Il grimaldello” da cui è tratto questo verso, non intendevo fare riferimenti all’opera di Palazzeschi. La mia poesia continua con un invito al mio vicino a approfittare del parlare schietto e scomodo del poeta la cui presenza si palesa nella notte come quella di un “saltimbanco”: “Annusati ora, inspirati e poi buttati fuori di te/ Approfitta ora di un giro di follia!/ La dittatura ordinata del giorno abbasserà la tua saracinesca arrugginita/ e dentro sentirai ballare/ solo una marmellata di gelatina”. Lo scritto di Palazzeschi mi sembra più focalizzato sulla definizione di se stesso in quanto poeta: “Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. Chi sono? Il saltimbanco dell’anima mia”.
Written by Michela Zanarella