“Coincidenze d’immenso” di Michela Zanarella: la vita è un viaggio che ora parla anche la lingua romena

“Ogni uomo/ cammina scalzo nel suo domani,/ inciampa e poi riprende il passo,/ mentre la sorte/ ha il gergo del mare./ La vita è un viaggio,/ una trama di rossori e sconfitte./ La meta è oltre il tempo,/ nel grembo sicuro/ di un silenzio inatteso”.

Coincidenze d’immenso

Alla sua decima pubblicazione, la poetessa padovana Michela Zanarella – romana d’adozione – si presenta ai lettori con una raccolta di poesie tradotte in lingua romena.

“Imensele Coincidente” ovvero “Coincidenze d’immenso” (Bibliotheca Universalis, 2015) è un’opera bilingue, dove ad ogni lirica dell’autrice corrisponde la traduzione romena di Daniel Dragomirescu, editore della rivista internazionale Orizont Literar Contemporan. Il progetto editoriale, frutto di un’antica collaborazione, ha permesso a questa autrice – che scrive anche articoli di critica letteraria ed è molto impegnata nel sociale – di far conoscere la sua voce oltre i confini del nostro Paese, e di “sdoganare” tematiche che coinvolgono tutti.

La natura posta come punto di partenza per l’osservazione di chi, prima di ogni altra cosa, è una giovane donna in cerca di se stessa, permette di condividerne il pensiero e fa sì che i termini ricercati e mai posti a caso, utilizzati dalla poetessa, non appaiano come immagini lontane, bensì  universalmente riconosciute.

Spesso s’incontrano parole come “cielo”, “sole”, “luce”: parole “limpide” al cospetto delle quali appare liberatorio esplorare l’esistenza. Perché si avverte bellezza nella genesi del mondo, intesa come unione fra cielo e terra, in relazione a quella che si presenta come una natura “fradicia” di vita. A sua volta, l’esistenza è intesa come un viaggio che necessita ottimismo e si lascia meravigliare dal risveglio della natura stessa.

“Il mistero e la malinconia di una strada”, dipinto di De Chirico, è posto in copertina, al quale l’autrice dedica anche uno dei suoi componimenti. “Cantore” del pensiero metafisico, per eccellenza, il pittore tratta la tematica del tempo, e se esso possa essere o meno fermato. Un metro di misura impalpabile, che “attraversa” quel senso della vita dolente in cui non si può far a meno di pensare alla nostra dimensione precaria.

È una terra che muta sotto il passo del tempo, quella descritta in queste liriche, ma che estende lunghe e salde radici, rievocate spesso da parole come “erba”, “verde”, “pianura”: leitmotiv di chi non può dimenticare le proprie origini, sebbene sia tipico dell’essere umano ogni tanto “perdersi”. Eloquente è la figura di quel gabbiano, col quale la raccolta si apre, che unisce la terra e il mare, guardando il quale, talvolta, si può anche mentire a se stessi e fingere di non ricordarne il volo. Come se la libertà venisse meno, per poi essere recuperata quando possibile.

Michela Zanarella

La parte dedicata agli affetti non è trascurata, così come quella riservata all’amore, che è parte integrante dell’intera silloge. Ma che sia un amore avvertito come capacità di esistere e poter gioire delle situazioni contingenti, oppure come un amore di figlia nei confronti di chi le ha dato la vita – una poesia è dedicata alla madre -, si avverte la volontà di trattenere le cose importanti. È l’esempio della lirica “Non dirmi addio”, dove si evince la malinconia di chi “aveva un pugno di sogni” e li ha visti naufragare nella più iniqua delle sventure: la fine giunta prematura.

Non mancano versi pensati per quei letterati che hanno influito sulla vita di Michela Zanarella, come per esempio Giacomo Leopardi, nella cui ginestra è “inciso il tormento”; il passo “cupo e solitario” di Dino Campana; i più amati, ovvero Pier Paolo Pasolini e Alda Merini, rispettivamente “peso e ricchezza del sapere” e “destino nei Navigli”. Un tributo, quest’ultimo, ai due maestri che hanno guidato la sua poesia e ai quali maggiormente essa s’ispira.

C’è “movimento”, nella poetica di Michela Zanarella. Conscia che le cose più belle nascano dall’incontro fra le persone e che una “crescita” possa avvenire soltanto interrogando la realtà circostante, è come se vi fossero sempre nuvole a provocare un turbinio di emozioni. La sensazione è quella di cirri che si rincorrono, e danno un senso di circolarità alla raccolta. Niente è perentorio e definito. Ma ogni cosa sperimentabile e comprensibile, sebbene col tempo. Perché, in sintesi, tutto va e tutto torna, e da quella che sembrava una fine può sempre nascere un nuovo inizio.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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