“Occhi rossi” di Andrea Donaera: in un organo di senso un compendio di emozioni

“Noi siamo l’arrendersi delle foglie,/ l’accasciarsi sul catrame quando è umido./ Pronti a cedere alle stagioni – quelle/ più rigide del nostro non averci -/ pronti a stare, nell’attesa del vento -/ che mi soffi via, che ti soffi via”.

Occhi rossi

È uscita nel giugno 2015 la raccolta poetica del giovane salentino Andrea Donaera, pubblicata da Round midnight Edizioni nella collana Billie.

L’autore, il cui nome esprime l’ineluttabilità del suo essere – anagrammando nome e cognome si ottiene Andrea o Andrea – tratta temi importanti, quali la morte vista come liberazione e fuga dall’avvenire sebbene con paura; l’amore di cui si intravede il corpo nudo di lei o i suoi capelli appena lavati, con quelle ingenuità che sanno di giovinezza ma che fanno sentire vivi, come scriverne il nome sulla sabbia o sui vetri appannati; gli amici, a cui “spiega” l’età giovanile che porta a vivere gli eventi con timore, sperando di uscirne al più presto, anche se ci si rende conto che sono quelli i giorni migliori. E poi, l’attaccamento alla terra: quel Salento che lo ha visto nascere, in cui i bambini giocano a pallone e si sente l’odore del mare.

Un filo conduttore unisce tutte queste argomentazioni, ovvero quel dolore di vivere che rimane a mezz’aria, viene “sbattuto” dal vento come fosse sulla spiaggia, e va a ledere la parte più reattiva del nostro corpo: gli occhi, che vedono tutto e si arrossano. Occhi ai quali la verità non sfugge, insieme a tutte le delusioni e le incertezze della vita, che piano piano affiorano e fanno sì che essi non possano “illimpidire”.

Ogni giorno è come se un Andrea, col suo bagaglio di esperienze, morisse, e il giorno seguente un Andrea nuovo riprendesse vita. Pronto a sfidare il mondo e consapevole di doversi ritirare, la sera, con quegli occhi rossi e pregni di delusione. La cenere, da cui l’araba fenice risorge, è in fondo un nuovo inizio, così come si legge nella citazione iniziale: “Chi mi vedrà dirà era un uomo di cenere senz’accorgersi ch’era una rinascita”, dove Eugenio Montale, in fondo, parla a se stesso, confessando di avere “tanta fede”, laddove uomo e poeta si fondono fino a diventare l’uno la voce dell’altro.

L’amore, “fortissimamente voluto” con quel cipiglio di alfieriana memoria, compare sempre come una visione, immersa nella realtà di tutti i giorni.

Andrea Donaera

Non è vero che il poeta e l’amata siano come “l’arrendersi delle foglie”, che cedono all’autunno e quindi alla fine della vita – in questo caso dell’amore.

Perché Andrea Donaera, che non brama ad essere nessun’altro, ma soltanto a capire quel che già è, lascia un messaggio di speranza. Un’interpretazione personale da dare ai fatti. La capacità di farsi un’idea della vita e della morte, dove nulla è perentorio.

Questo si evince dalle illustrazioni di Luca D’Elia, poste a corredare la storia. Ricordano quei test proiettivi di personalità, dove vi sono le inversioni di figura-sfondo. Per esempio, da un albero dalla chioma fluente, appare il volto di una donna dai capelli di Medusa. Oppure macchie di colore, come nei test di Rorscach; o ancora dei puntini, come fossero immagini impressioniste.

Ergo: non è che Andrea Donaera, in queste sessanta pagine, abbia scandagliato il suo animo, con le riflessioni più intime, mettendo continuamente alla prova il lettore?

Occhi rossi” si presenta come un’analisi capovolta, come fosse allo specchio, in cui i temi trattati sono universalmente condivisi. Tutti, in fondo, abbiamo quegli “occhi rossi” che cercano di trattenere emozioni.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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