“Fahrenheit 451” di Ray Bradbury: il futuro non troppo lontano di un’autorità che nega la conoscenza
“Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia”.
Identificare “Fahrenheit 451” come un romanzo di fantascienza, scritto nel 1953 dallo statunitense Ray Bradbury (1920- 2012), è limitativo. Infatti, non soltanto esso è un classico della letteratura che affascina da sempre lettori di tutte le età, ma è anche un testo attuale, che mette in guardia dal monito di una dittatura che si concretizza attraverso la negazione della cultura.
Di edizioni ne sono state fatte tante, quindi non mi soffermo su questo. Vi dico solo che la mia è la sedicesima, quella del 2000 di Mondadori, nella collana Oscar classici moderni.
L’opera è ambientata in un futuro imprecisato – posteriore al 1960 – dove viene descritta una società distopica, e quindi altamente indesiderabile, in cui possedere libri è severamente vietato. Al fine di contrastare tale reato è stato istituito un apposito corpo dei vigili del fuoco, che invece di spegnere incendi, li appiccano e mettono i libri al rogo.
“Fahrenheit 451” è il classico libro che si studia a scuola, insieme a quello che potremmo considerare il suo antesignano, ovvero “1984” di George Orwell. Nonostante gli insegnanti più all’avanguardia trattino queste due opere in maniera abbastanza approfondita, è sempre consigliabile riprenderne la lettura da adulti, con la maturità che inevitabilmente sopraggiunge. Si noteranno allora delle sfumature nuove, diverse, che prima non avevamo nemmeno calcolato.
In entrambi i casi, Orwell e Bradbury portano nei loro romanzi un eccessivo utilizzo della censura, al fine di limitare la libertà dell’uomo. La vita delle persone odora di regime sottomesso, dove l’impeto è spento e privo di slancio. Ma mentre Orwell sottopone tutto al capillare controllo di un “Grande fratello” che alimenta l’oppressione, Bradbury nega ai suoi personaggi la cultura, sostituendo i libri con la televisione, veicolo a cui spetta il compito di “addormentare” i cervelli.
Così come nel celebre “Storia di una ladra di libri” di Markus Zusak, oppure nell’intero periodo del Medioevo, in “Fahrenheit 451” i libri sono fuorilegge, ma all’ennesima potenza e senza alcuna possibilità di replica. Pertanto, essi vengono bruciati per essere eliminati dalla faccia della terra. L’uomo però, fin dalla preistoria, si è sempre prodigato per aggirare gli ostacoli, ideando soluzioni alternative – volesse anche dire rimetterci la vita o la libertà. E infatti, pochi studenti volontari trovano nell’opera di Bradbury l’espediente di imparare a memoria i grandi classici, per poterli tramandare ai posteri.
Il titolo fa riferimento alla temperatura con cui brucia la carta, anche se in realtà questo dipende dal suo spessore. Nel testo non se ne fa un esplicito riferimento, ma 451 è il numero che compare sull’elmetto del pompiere e protagonista Guy Montag.
Nel 1966 da questo libro è stato tratto l’omonimo film diretto da Francois Truffaut, che personalmente non ho visto e, in base al parere della critica che lo ha giudicato un capolavoro, ritengo che sia un vero e proprio sacrilegio al quale bisognerà presto rimediare.
Il romanzo in sé consta di poco più di 200 pagine – 210 per la precisione – ed è diviso in tre parti. Il protagonista, Montag, non ci sta proprio a conformarsi all’apatia della massa. In un primo momento egli assolve ai suoi doveri di pompiere e brucia tutti i libri che lui e la sua squadra trovano nelle case, previa “chiamata rivelatoria” giunta in centrale: una segnalazione che troppo spesso si scopre essere una “soffiata” di parenti o amici. Con l’idrante riempito a cherosene, Montag si sente anche potente, ma la cosa dura poco, perché egli è di una “pasta” diversa. Ad aprirgli gli occhi è la vicina di casa, la diciassettenne Clarisse, innamorata della vita e curiosa per ogni cosa. La ragazza gli fa capire che lui, a differenza degli altri uomini, prova interesse per le cose, ma non è innamorato di nessuno. La prima parte, con la presentazione della ragazza, è a mio parere la più bella. La prosa evocativa e poetica di Bradbury, nonostante lo scenario apocalittico, fa sognare. A far comprendere a Guy Montag che nei libri si nasconda qualcosa di buono è anche la morte di un’anziana signora, che ha preferito darsi fuoco e morire insieme ad essi, anziché lasciare il compito ai pompieri, e quindi a degli estranei.
“Ci dev’essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare, per convincere una donna a restare in una casa che brucia. È evidente!”.
Guy Montag decide quindi di sfidare la legge e di rubare un libro che porta a casa e legge al cospetto della moglie Mildred. Quest’ultima, donna mediocre e perfettamente succube dello scenario sociale, spenta e priva di ogni spessore, non è assolutamente d’accordo. Mildred passa il suo tempo a guardare quell’assurda televisione pensata per lobotomizzare il cervello, oppure conversando con amiche ancora più superficiali di lei. Tenterà anche il suicidio ingerendo dei barbiturici, dimenticandosi subito dopo dell’accaduto.
Ormai la società in cui Montag è ingabbiato gli va stretta ed egli non può più tornare indietro. Con l’aiuto del vecchio professore Faber, dopo essere stato denunciato e abbandonato dalla moglie, egli troverà la forza di ribellarsi e di fuggire verso un mondo diverso. Un mondo nuovo che gli dia ancora un speranza di futuro.
Di questo romanzo ho amato immensamente la prima parte, mentre la seconda e la terza, a mio avviso, forse avrebbero potuto essere compendiate. Al di là di tutto, “Fahrenheit 451” rimane un capolavoro della letteratura contemporanea, che tutti dovrebbero leggere. Se non altro, per mettersi di fronte all’angosciante quesito: “dove andremo a finire, e che cosa ne sarà dell’uomo, se ci si rassegna a cadere in balia di un’autorità dispotica che vuole impedire la conoscenza?”.
Mai come in questo periodo, la domanda rimane aperta. Almeno questo, dovete concedermelo.
Written by Cristina Biolcati
Molto interessante e ben scritta (cosa rara!) questa recensione. Ho letto anch’io, non troppissimo tempo fa, questo classico moderno e ne ho parlato pure sul mio blog (ti lascio il link in basso :)).
http://daunbailo.over-blog.it/article-libri-al-bando-90676201.html
Ciao Danky Boll, grazie per i complimenti!!
Fai bene a dire “cosa rara” per quanto riguarda il web, ma per noi è la prassi pubblicare delle buone recensioni :)