Intervista di Rebecca Mais alla band DON rodriguez per il loro primo album “L’Indimenticane
14 maggio 2015: in uscita il primo album dei DON rodriguez dal titolo “L’Indimenticane” (Dischi Soviet Studio /Audioglobe 2015). Questo rappresenta il loro primo lavoro ufficiale, 14 tracce registrate a Lari (PI) nel SAM Studio da Ivan Antonio Rossi, che ha anche partecipato alla produzione artistica e in qualità di tastierista all’interno del disco. Il mastering è invece stato realizzato oltreoceano dalla Mistery Room di Milwaukee.
I DON rodriguez nascono in provincia di Verbania, cominciano a suonare nel 2012, e sono Alberto V Bontà, voce e chitarra, Fruvaz al basso e Bovo alla batteria. Sono cresciuti musicalmente negli anni ’90 col movimento di Seattle e con le radici un po’ metal come tutti gli adolescenti di provincia.
La loro musica presenta diverse caratteristiche ma probabilmente il genere che meglio li contraddistingue è l’indie rock, più precisamente essi amano collocarsi tra l’ingenuità degli “anni ’60” e i ritornelli più esplosivi di matrice indie rock americana “anni ’90”.
Un album perciò molto particolare, dalle sonorità orecchiabili e i testi piacevoli e talvolta ironici.
Come primo singolo, uscito il 22 aprile in esclusiva per Osservatori Esterni, è stato scelto il brano “Stazione 28”, il cui video è stato autoprodotto, girato e montato nel 2015 da Jubus – da un’idea di DON rodriguez e Jubus.
In occasione dell’uscita del loro album i DON rodriguez hanno gentilmente dedicato un po’ del loro tempo a noi per questa intervista che permetterà ai lettori di conoscerli un po’ meglio.
R.M.: Benvenuti su Oubliette. La vostra band è composta da tre membri: presentatevi a chi ancora non vi conosce.
DON rodriguez: Siamo tre “quasi ex ragazzi” di provincia che si divertono a fare musica con impegno e dedizione, anche se non è la nostra attività principale. La formula del trio ci convince, è essenziale, diretta, scarna, con pochi compromessi, come lo è la nostra produzione. E poi essere dispari è più facile per prendere le decisioni: cinque ci sembrava troppo, soprattutto perché non disponiamo di un furgoncino.
R.M.: Vi sono dei gruppi, italiani o meno, ai quali vi ispirate per la vostra musica?
DON rodriguez: Sinceramente non saprei cosa rispondere; a me (Alberto) piace molto l’avvocato Paolo Conte, trovo sia magnifico. E anche Max Gazzè è uno che secondo me ha saputo sfornare delle cose bellissime. Fruvaz nutre invece un grande sentimento di stima per i Valentina Dorme. Credo tuttavia che la maggior parte delle nostre influenze derivi da musica di matrice anglofona; abbiamo vissuto il movimento di Seattle degli anni ‘90 con grande convinzione e partecipazione e forse quella è l’ispirazione primigenia che viene fuori maggiormente nei ritornelli delle nostre canzoni.
R.M.: DON rodriguez: come nasce questo nome così spagnoleggiante?
DON rodriguez: La passione per la paella e per la lettura delle guide turistiche spagnole non la potevamo nascondere… Scherzi a parte, ci piace come suona, fermo restando che Don Rodrigo è quello manzoniano e il suo agire si ritrova in molte delle canzoni del disco. Ci fossimo chiamati i “Don Rodrigo” avremmo avuto problemi di copyright e poi è un nome da trio jazz: noi, invece, oltre ad essere rock, il jazz non lo sappiamo fare, tranne quando sbagliamo diteggio.
R.M.: L’Indimenticane, il vostro primo album, esce il 14 maggio: cosa rappresenta per voi?
DON rodriguez: Un traguardo: dal 2012 suoniamo insieme e da allora abbiamo iniziato a comporre con l’idea che il nostro materiale sarebbe finito su disco. Poi, come tutti i dischi, rappresenta un documento, una testimonianza: qualcosa che rimane, un suggello a quello che abbiamo ‘creato’ e che resterà in “vita” anche quando, un giorno, la nostra esistenza smetterà di essere. Il disco rimane, è una memoria impressa nella memoria collettiva e che continuerà a vivere, soprattutto se qualcuno continuerà ad ascoltarlo.
R.M.: Per quale motivo avete scelto “Stazione 28” come primo singolo?
DON rodriguez: Per due motivi: perché ci è stato suggerito da chi ha più competenze di noi in termini di comunicazione (oltre ad essere un punto di vista esterno alla band – cosa fondamentale per capirsi) ed anche perché è il brano che nelle nostre esibizioni live tende a rimanere più impresso nelle persone, le rende ‘scanzonate’ e ‘leggere’, anche se la tematica è un po’ drammatica, soprattutto con l’arrivo de “l’apocalisse”.
R.M.: La copertina de L’Indimenticane è molto particolare: un cane con un buco sul petto e il cuore in terra davanti a sé, e ai lati le luci di due lampioni con in basso delle scritte in tedesco. Cosa raffigura tutto ciò?
DON rodriguez: Il cane è una rivisitazione del Cardiocane, il cane vestito di cuore. In lui si uniscono il male (cane ha radice comune con cinico) ed il bene (cuore = amore). Il disco è infatti percorso per molti versi da storie di amori (per persone, per luoghi, per momenti vissuti) finiti, mai iniziati o andati alla deriva o esauritisi nel normale esaurirsi di tutte le cose. Il cuore che cade dallo sterno ci sembra rappresenti tutti questi momenti – cui noi cerchiamo di dare un taglio “leggero” e un po’ naïf, anche se non so se ci siamo sempre riusciti. Il “fuori lampioni” crea un clima un po’ dark, oscuro, perché il cane è una bestia oscura, tant’è che si suole dire “vita da cani”. Il tedesco in vero compare in una nostra canzone e questo può aver influenzato il nostro illustratore di fiducia al quale abbiamo dato delle direttive, ma anche delle libertà.
R.M.: Le vostre sonorità, alcuni testi e la voce del cantante ricordano molto quelli di gruppi come i Baustelle, gli Afterhours o i Marlene Kuntz. Pensate possa rappresentare un vantaggio per voi, trattandosi di un genere molto amato in Italia?
DON rodriguez: Ce lo hanno fatto notare in diverse occasioni, ma devo essere sincero: a parte un po’ di Afterhours, i Marlene li conosco poco (Fruvaz il bassista li conosce sicuramente di più) e i Baustelle non mi hanno mai fatto impazzire e quindi conosco una solo loro canzone sentita alla radio. Questo lo dico in modo molto sincero, non per presunzione, non perché i paragoni non mi piacciano, anzi lusingano. Forse con questi tre gruppi abbiamo in comune il background musicale – dev’essere per questo che il risultato ci avvicina a loro. Con Godano nella fattispecie ho in comune la magrezza.
R.M.: Chi vorreste ascoltasse la vostra musica?
DON rodriguez: Le persone che lo faranno perché avranno ritenuto “L’indimenticane” un bel disco.
R.M.: I vostri progetti per il futuro?
DON rodriguez: Continuare a scrivere e suonare le nostre canzoni. Un’idea che ci “tormenta” da molto è quella di incidere la trilogia giapponese con “Sushi”, “La geisha” (brani che eseguiamo dal vivo, anche se non presenti su “L’indimenticane”) e “Kamikaze”, una canzone che vorremmo un giorno scrivere ma – chi lo sa – forse non arriverà mai… perché anche nell’incompiutezza artistica si possono trovare cose degne di nota. Magari sarà “la trilogia giapponese incompiuta”.
P.s. Il sushi ci piace così così.
R.M.: Grazie ragazzi e in bocca al lupo per il nuovo album.
Written by Rebecca Mais
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