“Anche la luna è capovolta. Una volontaria tra Burundi e Palestina” di Simona Raspelli: non bisogna dimenticare
A febbraio di quest’anno le Edizioni Diabasis pubblicano Anche la luna è capovolta. Una volontaria tra Burundi e Palestina di Simona Raspelli, psicologa milanese alla sua prima esperienza letteraria, figlia di Edoardo Raspelli, curatore della prefazione al libro.
Nel compiere il consueto e ordinario gesto di riempiere il serbatoio della propria auto a un qualsiasi distributore self service di benzina Raspelli padre ricorda i racconti della figlia in merito alle esperienze vissute in quel lembo di terra rossa appena sotto l’Equatore, il Burundi, e in quell’altro fazzoletto di terra martoriata, la Palestina, definita dall’autrice «resiliente».
«A me è rimasto l’episodio ‘curioso’, il particolare ‘strano’, il folclore, a mia figlia maggiore il toccare con mano la tragedia, le tragedie. Le pagine di Simona Raspelli danno il loro contributo, il suo contributo a non dimenticare.»
Anche la luna è capovolta. Una volontaria tra Burundi e Palestina di Simona Raspelli si caratterizza infatti proprio dalla volontà, chiarissima anche dalla scelta del registro narrativo, dell’autrice di non solo raccontare ciò che ha visto e vissuto ma di fare in modo che il tutto si focalizzi nella mente e davanti agli occhi del lettore al punto che questi provi i medesimi sentimenti, le stesse sensazioni da lei provate. Il suo scopo sembra essere non solo quello di «non far dimenticare» ma anche e soprattutto quello di far ‘realizzare’ cosa effettivamente accade e si consuma ogni giorno, tutti i giorni, a una manciata di ore di volo dall’ovattato mondo occidentale.
Il testo si apre con la metabolizzazione interiore e la successiva organizzazione logistica del ‘viaggio’ che la Raspelli si accinge a intraprendere, non senza remore, paure, dubbi e incertezze.
Sensazioni ed emozioni che rimarranno in lei, si sommeranno ad altre, ma acquisiranno una prospettiva totalmente differente nel momento in cui toccherà con mano, osserverà con i propri occhi, patirà con il proprio cuore la sofferenza, quella vera, profonda e radicata, derivante non dalla fine di una relazione d’amore o dallo stress per il troppo lavoro, per il parcheggio non trovato, per il graffio sulla carrozzeria dell’auto nuova… no, quella generata dalle difficoltà di sopravvivenza di popolazioni che hanno nulla in confronto a noi occidentali dal punto di vista economico, finanziario, commerciale, industriale, ma tanto da insegnare dal punto di vista umano, sociale, comunitario, spirituale.
«Se arrivate da vite occidentali che si sono inaridite per vari motivi, magari perché avete perso la misura inseriti nel grande frullatore della produttività che va a tutta velocità, o magari perché vi siete fatti risucchiare in un lavoro solo mentale e magari privo di valori ed eticità, o magari perché avete ceduto alla grande piovra del consumismo e il tempo libero lo passate tra un centro commerciale e l’altro, o magari perché vi siete inchinati davanti al corteo degli stereotipi e cercando di adattarvi alle aspettative altrui con la speranza di ottenere consenso sociale o appartenenza, avete dimenticato i vostri desideri e sogni, o magari perché vi siete fatti catturare salendo su comode e luccicanti gabbie dorate… insomma, comunque sia, con questo incontro potreste sentirvi rifioriti e resi di nuovo fertili da questa piccola, grande umanità.»
Simona Raspelli racconta le sue giornate da volontaria e da pseudo-turista come appunti di un diario sul quale annota gli accadimenti, le sensazioni ma anche i suoi personali commenti e in cori, che si affacciano come oblò di una nave all’orizzonte, si rivolge direttamente al lettore evidenziando gli aspetti più cruenti, più reali, più tristi delle sue esperienze vissute calpestando la terra rossa del Burundi o traversando i vari check point della Palestina.
Le notazioni dell’autrice sono come dei simbolici schiaffi rivolti al lettore che magari un attimo prima di leggere pregustava la sua vacanza in un resort, prenotava il suo massaggio in una rinomata spa, ripensava alla sua auto o al suo smartphone nuovi e si crucciava di non aver scelto ulteriori optional o modelli differenti… problemi che diventano incomprensibili se visti attraverso gli occhi di chi si trova dianzi a decine di bambini, di età compresa tra i tre e i dieci anni, affetti da osteomielite, per la gran parte orfani, accompagnati per la medicazione solamente da una straniera per giunta praticamente sconosciuta che non piangono, non urlano, non si dimenano e non chiedono né tantomeno pretendono giochi come ricompensa per aver acconsentito a sottoporsi alle cure necessarie.
«Oggi: i politici in Italia fanno quello che fanno, le veline fanno le veline, i gatti e i cani sono trattati come bebè, i bianchi si lamentano perché il computer è lento o perché l’automobile ha su una riga, molti si affannano per tenere il passo con le nuove tecnologie, i prodotti e i trattamenti per la cura della cellulite spopolano e le riviste ci propinano la passeggiata a piedi nudi sulla terra come metodo antiaging… e a dodici ore di distanza in aeroplano un ragazzo di vent’anni rischia di morire di malaria perché deve aspettare che i suoi parenti se lo carichino sulle spalle e lo portino a piedi all’ospedale che è a tre ore di distanza.»
Viene da sé pensare che bisogna fare il possibile e pure l’impossibile affinché tutto ciò cambi, altrimenti vuol dire che abbiamo perso ogni briciolo di umanità a scapito del progresso e della ‘crescita’ di una ‘civiltà sviluppata’ la quale, fin quando lascerà che simili cose continuino ad accadere, di ‘civile’ ed ‘evoluto’ avrà ben poco. Un cambiamento che non dovrà concretizzarsi in qualche euro in più o in meno donato a Onlus, Ong, Organizzazioni, Missioni e via discorrendo… un cambiamento mentale, culturale, sociale che dovrà fare in modo che simili cose non possano più accadere, né in Burundi né tantomeno in altri luoghi. «Azioni minime hanno un senso, hanno un peso e hanno un effetto.» Lo dobbiamo sempre ricordare, oppure lo dobbiamo imparare.
«Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere» diceva Mahatma Gandhi e Simona Raspelli in Anche la luna è capovolta. Una volontaria tra Burundi e Palestina sembra volerci spronare a iniziarlo questo necessario cambiamento che deve, appunto, partire da ognuno di noi per raggiungere tutti noi.
Written by Irma Loredana Galgano
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