Intervista di Daniela Montanari ad Andrea De Carlo, autore de “Cuore Primitivo”
È difficile raccontare brevemente chi è Andrea De Carlo: è conosciuto come scrittore secondo gli ultimi suoi libri come “Durante”, “Leielui”, “Villa Metaphora” ma c’è anche chi lo conosce per “Due di due”, o “Di noi tre”.
Oltre le narrazioni, si percepisce che qualcosa dei suoi personaggi gli viene direttamente da dentro, da dove abita o ha abitato il suo lato più interiore, e quelli oscuri e meravigliosi (le sfaccettature del suo carattere e le persone che ha incontrato nella vita) riescono a farsi colonne portanti delle trame, che davvero poco importa quando e come cambiano rispetto a come ci si sente, via via, parte di ogni suo personaggio.
Dimessosi dalla giuria del Premio Strega, e giudice nel programma su Rai Tre Masterpiece, non sfoggia le sue innumerevoli influenti conoscenze (da Michelangelo Antonioni, a Federico Fellini, a Oliviero Toscani, e molti altri) ma anzi ritroso ai gossip tanto di moda per chi insegue il successo. Il suo ultimo lavoro parlerà al suo, oppure al nostro, di “Cuore Primitivo”?
“Guidi come una dea – Chi è, quest’uomo seduto di fianco a lei?” Craig Nolan è caduto dal tetto, è un antropologo ma questo non lo tutela dallo scivolare incautamente, soprattutto se il tetto è vecchio e non più resistente. Poi c’è Mara, sua moglie, che tenta con lo scalpello, di raffigurare gatte: non sarà il suo istinto felino che va cercando?
E infine arriva “Ivo il delinquente”, uno squattrinato imprenditore edile, o forse solo un disgraziato in cerca di fortuna o forse solo il fulcro attorno cui si snoda la storia. Fatto sta che a pagina novanta non è ancora successo nulla rispetto all’inizio eppure è già tessuta la storia, che in questo libro è corredata improvvisamente di suoni onomatopeici che si rincorrono come bambini quando gridano all’aperto. È qui che desidero introdurre la mia intervista.
D.M.: Grazie molte a te Andrea e al tuo ufficio stampa, per questa disponibilità cortese e tempestiva. Stok! E skerak! Spank! Zazazazazaza, cocaucoueeè hanno una forza non di poco conto anche se, inizialmente, sembrano buttati lì per fare effetto scenico. Li hai usati soltanto per scelta-effetto? Io per esempio li ho interpretati come liberatori, con un effetto catartico.
Andrea De Carlo: Giusta interpretazione. Nel romanzo tutte le onomatopee sono nei capitoli raccontati dal punto di vista di Mara. È un modo di rappresentare il suo spirito di donna naturale e istintiva, in contatto con tutti i propri sensi.
D.M.: Nei primi libri – se posso azzardare la parola “intercalare” – usavi, direi madonna. Ora non la usi più, la scrittura si è molto articolata, nella scelta dei dettagli da mostrare al lettore intendo, però rimasto Eh! Ti piace molto o si presta maggiormente?
Andrea De Carlo: Per scrivere un dialogo devo sentirlo con il mio orecchio interiore: ogni voce deve avere una sua naturalezza e una sua vitalità, e deve corrispondere al carattere di chi sta parlando, e allo spirito di quel momento nella storia.
D.M.: Il punto di vista narrato di volta in volta dai tre protagonisti è il nuovo timone narrativo, che si vede anche sul grande schermo, ma per chi ti ha sempre letto la trova più una normale evoluzione, soprattutto dopo “Leielui” e “Villa Metaphora” che già introducevano questo incedere. Tu come ti senti, più che stai al passo con i tempi o più libero di convertire la storia secondo chi la racconta in questo tuo “Cuore Primivito”?
Andrea De Carlo: Usare punti di vista diversi che si alternano mi piace perché mi libera dalla schiavitù del narratore unico, e mi permette di rappresentare la soggettività di ogni esperienza. In altre parole, raccontare degli altri mi interessa molto più di raccontare me stesso. E comunque negli altri c’è sempre una parte di noi.
D.M.: Andrea, se applicassimo l’antropologia ai tuoi libri e analizzassimo attraverso di essi, che tipo di persona è l’autore, sarebbe un “Cuore Primitivo”? Originario, ancestrale nel modo in cui ama la vita?
Andrea De Carlo: Direi che è una persona curiosa, e consapevole della complessità spesso contraddittoria che abita ogni essere umano. È certamente in contatto con il suo cuore primitivo, ma riesce anche a fare un passo indietro per mettere in prospettiva le proprie reazioni ai segnali del mondo.
D.M.: Molta stabilità alla storia è mantenuta – così almeno sembra – dalle frasi lunghissime e tutti quegli interrogativi sparati a raffica che costringono il lettore a supportare gli stessi pensieri. È il tuo modo di districarti le immagini o più una tecnica?
Andrea De Carlo: È un modo di condividere con chi legge le molte domande che mi pongo sulla vita, sui rapporti tra le persone, sul senso ultimo di tutto.
D.M.: Vorrei porti decine di domande e dialogare con te come fosse una lezione di scrittura, ma non volendoti scomodare oltremodo, ti pongo l’ultima di questa intervista. Ho letto in qualche tuo intervento che i personaggi, mentre scrivi una storia, arrivano, li lasci muovere, li ascolti e sono loro che poi danno seguito alle tue trame. Io invece ti chiedo: quando la storia termine, quando metti l’ultimo punto, prima dell’indice, poi dove se ne vanno Ivoildelinquente, Mara, Craig Nolan? E non tornano mai, dopo che il libro è già uscito in libreria, per dirti ancora una cosa, soltanto una e che possa rimanere tra loro e te?
Andrea De Carlo: A volte mi chiedo anch’io dove vadano i personaggi dei miei romanzi, dopo che ho finito di scriverli, però non riesco a darmi una risposta definitiva. Mi rimane la curiosità per qualcuno che ho conosciuto molto da vicino in un periodo della mia vita, e che poi non ho più sentito.
D.M.: Grazie Andrea De Carlo, sentitamente
Andrea De Carlo: Grazie a te, Daniela. Ciao.
Written by Daniela Montanari