Life After Death: l’intervista alla poetessa italiana Alda Merini
“Follia, mia grande giovane nemica, un tempo ti portavo come un velo/ sopra i miei occhi e mi scoprivo appena./ Mi vide in lontananza il tuo bersaglio/ e hai pensato che fossi la tua musa; quando mi venne quel calar di denti / che ancora mi addolora tra le spoglie, comprasti quella mela del futuro/ per darmi il frutto della tua fragranza.” – da “Follia, mia grande giovane nemica” nella raccolta “Ballate non pagate”
Chiamo in redazione di Oubliette e domando “Sarò a Milano per la settimana della moda, posso approfittarne per intervistare la poetessa Alda Merini per la rubrica Life After Death?”
Mi rispondono “va bene, ma…..” Forse volevano aggiungere qualcosa, le solite raccomandazioni per gli accrediti che abbiamo su Google relativamente alle notizie di carattere culturale, ma a me è bastato il va bene e sono già partita con l’immaginarmi là. Sono euforica, elettrica, non ci credo. Io che tante volte ho letto la sua lirica intitolata a se stessa in cui scrive “In me l’anima c’era della meretrice della santa della sanguinaria e dell’ipocrita”, potrò sedermi e dialogare con lei, con la poetessa dei Navigli, sopporterò il fumo sospirato mentre la voce le si fa ancora più roca, tollererò qualunque cosa si materializzerà, proprio lì davanti a me, il corpo che da voce a tutti quei pensieri che migrano da un emisfero all’altro quando la leggo.
Qualche intervista lei, la Merini dico, l’ha concessa anche al bar di fronte a casa sua, ma oggi, wow, come faccio a crederci, mi ospiterà in casa sua. Dove accanto al muro a cui è poggiato il telefono, lei ha annotato numeri di telefono con un pennarello. Guardo meglio, forse sono tracce di un vecchio rossetto. I libri sono ammassati ovunque ma chiamarlo disordine sarebbe un malinteso: ha tutto un senso qui.
Lei si siede e muove qualcosa dal tavolo, come per farmi posto. Mi aspettavo che mi abbracciasse, mi ero illusa che per un momento potesse fingere di essermi madre, una stretta di mano almeno invece mi dice “ah sei qui, vieni, è tanto che non parlo. Cosa volete voi, sempre alla ricerca di novità, io di novità non ne ho, credo, da ormai quattro anni, quello che avevo da dire, l’ho già bello e che detto”.
D.M.: A dire il vero non sono alla ricerca di sue novità, noi di Oubliette siamo tutti alla ricerca di noi stessi, davvero, e lo facciamo leggendo e intervistando, chi più chi meno. Io, io, io… non ricordo nemmeno più cosa mi ha spinta fino qui, avevo in mente tante di quelle cose da chiederle che, non lo so, mi sudano le mani.. Alda interrompe il mio improvviso – imbarazzato – silenzio.
Alda Merini: Mi sembri pure una donna matura, dovresti saperlo, la poesia è tutto questo: confusione, emozione, mente annebbiata, la mani che vorrebbero entrare dentro a sistemare le cose. Ma i pensieri cara – com’è il tuo nome pure, me lo ripeti? – Daniela, riesco a dire mentre deglutisco – ecco, brava: Daniela, i pensieri sono eterei, le mani non possono toccarli. Puoi guardarli, puoi sospirare, puoi starci male – Pausa. Alle volte puoi starci così tanto male che ti sembra di non potere altro, poi scrivi. E tutto passa. Ma attenta, perché questa dello scrivere, e del pensare, e dell’amore, lo sai, è una dannazione…
D.M.: Ho letto tante cose di lei, in poesia e in prosa. Ma sa cosa mi succede ogni volta? Mi accade di restare ferma su un punto: come si impara a fidarsi ancora di se stessi e degli altri dopo gli elettroshock? Come si impara a perdonare chi ci fa tanto male vestito da dottore? Ma poi no, scusi, non c’entra con la poesia, le chiedo scusa
Alda Merini: no, c’entra. Se l’hai pensato e se è un pensiero che ti disturba lascialo uscire, non combatterlo. La poesia è un bravo medico, il migliore, e ti aiuta a superare ciò che il ragionamento non può fare. La poesia, è vero che ti ho detto essere una dannazione, ma proprio per questo è una via di fuga. Più ci si sente dannati, e più l’amore che nasce dalle creste iliache sgorga libero e possente salendo verso i tuoi pensieri. Lì avviene la trasformazione, lì si ha la creazione: il miracolo. Scrivere se non conosci il dolore e se non ami, non è possibile. Noi facciamo questo, diamo una spiegazione di quello che accade là dentro, nascosto, dove solo le poesie possono entrare e uscire.
D.M.: In una sua intervista dice che le poesie sono scomode, come le sigarette. Nonostante siamo così in tanti, a leggere le sue parole dico, ad aspettarle quasi, lei non crede di doversi sentire qualcosa di più di scomoda?
Alda Merini: ma non c’entra cosa penso io, sono le persone che non hanno più voglia di pensare. Vogliono solo riempirsi la pancia, sembrare belli. Ecco vedi, un’altra cosa che non riesco a fare: scrivere una poesia che parli della bellezza. La bellezza sono le mie collane di perle finte che ho rubato alla sorella di mia madre quand’ero piccola. Io ci vedo la bellezza in queste sfere di plastica, hanno un valore al di sopra di, di ..di chissà quale gioiello. Non ho bisogno di vestirmi alla moda, cos’è la moda? Quando in un giorno mangiamo tre volte, abbiamo un letto caldo, e possiamo dire ti amo, è questa la bellezza, non c’è bisogno di farsi dettare quale abito indossare, cosa tenere nell’armadio. Noi poeti facciamo di tutto per difendere il pensiero, ma finché ci sono i preti.. – Ride, è una battuta ma io l’ho capito solo perché per un momento ha riso. Ma poi no, non voglio neanche dirlo, perché Papa Giovanni era un grande poeta, lui mi ha cullato con le sue parole in tutte quelle notti in cui nacquero le mie due bambine, prima che cominciasse tutto.
D.M.: Alda, in tutte le interviste che ho letto di lei, o che ho guardato, emerge sempre che lei stima di più gli uomini delle donne: nessuno secondo lei, e in nessun modo, le potrà far cambiare questa idea, nemmeno dimostrandole la nostra ammirazione più disinteressata? In un qualche modo, è vero, è un mio problema, nel senso che è come se io stessa mi sentissi rifiutata da lei. Invece, mi creda, vorrei che lei sentisse davvero quanto io sia affascinata dai suoi scritti e da lei come persona.
Alda Merini: non voglio deluderti, il poeta non ama deludere. Anzi, ti dirò, il poeta ama amare, ma non vuole essere amato.
D.M.: È difficile da accettare. (Deglutisco sapendo che non ho assi nella manica e devo continuare questa intervista) È possibile che si sia ammalata perché non riusciva quindi ad amare come lei desiderava?
Alda Merini: Ho sempre amato mio marito anche se è stato lui per primo a farmi rinchiudere. Ma cosa vuoi mai, oggi voi donne giovani non capite, l’uomo – marito o padre – poteva decidere qualunque destino per la donna. E io lo amavo e l’ho amato ugualmente, l’ho anche perdonato, pensa. Perché, vedi, il perdono è un regalo che ho fatto a me stessa. Ho detto “perché devo negarmi l’amore così forte e prepotente? Dovrei trasformarlo in odio solo perché non conosce né me né la mia malattia del vivere?” E allora l’ho perdonato, e amato tutta la vita uomini belli, giovani, pazzi come me, musicisti, attori, bevitori, maestri. L’uomo per me è l’idealizzazione di Gesù in Terra, e io li amo tutti.
Pervasa di cotanta venerazione, certa che mai io stessa potrei provare l’Amore nel suo senso così assoluto rileggo ancora una volta, ed a maggior ragione proprio ora, “Ho bisogno di silenzio”:
Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.
Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina
disorientate dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.
Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Gli amici veri, pochi, uno?
Sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire.
Chi di parole da me ne ha avute tante
e non ne vuole più,
ha bisogno, come me, di silenzio.
Alda Merini
Avrei desiderato stringerla e più che altro farmi stringere, invece sono fuggita con una sola stretta di mano. Ero più confusa che gioiosa, ero troppo piena. Ho impiegato tutto il viaggio di ritorno per cercare un nuovo equilibrio dopo tutte le parole che ancora mi rimbombano. Ho ricopiato tutto alla velocità della luce, ho mandato l’intervista in redazione, che mi ha subito richiamata: “Daniela è un sogno questo che ci vuoi raccontare dell’intervista? La poetessa Alda Merini è venuta a mancare nel 2009, saranno cinque anni tra qualche settimana…”
Come, non lo sapete? La mente non fa alcuna differenza, tra ciò che si è veramente vissuto e qualcosa che si è solo vividamente immaginato…
Written by Daniela Montanari