“Bar Sport”, libro di Stefano Benni: non un locale ma uno stile di vita
Una delle tante cose su cui si fonda questo Paese è di certo il caffè. Anzi, ancora meglio è il bar dove si prende il caffè, vero e proprio cosmo e centro pulsante all’interno di centri cittadini più o meno grandi. Ma più di qualsiasi altro locale, ce n’è uno che da tempo conserva propri riti e personaggi unici, figli di un’epoca dove non esisteva nemmeno internet: il bar Sport.
Come quello che Stefano Benni, esilarante scrittore bolognese di lunga fama letteraria, celebra nell’omonimo libro “Bar Sport” (Feltrinelli, 1997) assieme a tutti i suoi mille protagonisti che affollano questo “tempio” di chiacchiere e risate.
Questo posto, sparso a macchia d’olio praticamente dovunque in Italia, è la colonna portante della società da bar descritta da Benni, in un’epoca però (la prima stampa del libro fu nel ’76) nella quale il massimo della tecnologia esistente era l’insegna luminosa mezza scassata del bar che andava a intermittenza. Quando andava.
Oggi lo scenario è diverso, anche se a volte si riaccende qualche barlume nei paesini di provincia, ma le parole conservate in questo libro scaturiscono un’ilarità così forte che ti vien male allo stomaco, a forza di piegarti in due dal ridere.
E non potrebbe essere diversamente, se già dall’ “Introduzione storica” Benni scrive “L’uomo primitivo non conosceva il bar. (…) Gli scapoli, la sera, si ritrovavano in qualche grotta, si mettevano in semicerchio e si scambiavano botte di clava in testa secondo un preciso rituale. (…) Ma questo primo tentativo di bar fu un fallimento. Non esistevano la moviola, il vistoso sgambetto, il secco rasoterra, il dribbling ubriacante e l’arbitraggio scandaloso, e la conversazione languiva in rutti e grugniti.”
Ma è solo un assaggio di quello che si troverà poi, pagina dopo pagina, passando per le mille (dis)avventure del popolo del bar, fatto da cassiere prosperose a lavapiatti che aspirano a fare i camerieri, passando per quello che sa tutto di calcio e anche di più e l’irresistibile playboy-sparaballe.
Tutti “eroi” della vita quotidiana, che sopravvivono all’avvento di TV satellitari che mostrano partite di calcio continuamente e ispirano, ancora oggi, un film (“Bar Sport“, appunto, con Claudio Bisio uscito qualche tempo fa).
Il libro diventa così un vero e proprio “catalogo umano”, ambientato in un angusto locale di provincia dove troneggiano l’immancabile flipper e la Luisona, brioche condannata a rimanere esposta in vetrina fino all’arrivo del mal capitato che la mangerà. Sullo sfondo si alternano vicende sportive e non, luoghi comuni e favole semplici che fanno sorridere per tutto il tempo. Risate a crepapelle fanno da contorno al tutto, tanto che finisci per rileggere la stessa frase anche per dieci volte e ridi come se fosse la prima.
“Bar Sport” è un’enciclopedia del bar all’italiana, dove una volta ci si ritrovava per guardare la partita di calcio la domenica sera, il lunedì per commentare i risultati e tutto il resto semplicemente per cazzeggiare tra amici. Con giochi più o meno violenti, come la scopa che vince chi batte più forte la carta sul tavolo gridando, il bar risplende in tutto il suo umorismo. Quasi quasi vado a prendermi un caffé anch’io…
Written by Timothy Dissegna
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