Vincitori e finalisti del Contest Letterario “Legàmi”

Si è conclusa il 9 giugno a mezzanotte la possibilità di partecipare alla gara letteraria di poesia e racconto breve “Legàmi” promossa dalla web-magazine Oubliette Magazine  e dall’autore Pierluigi Curcio.

Una gara che ha visto un totale di 124 partecipazione nelle due sezioni poesia e racconto breve. La giuria (Alessia Mocci, Pierluigi Curcio, Cristina Biolcati, Rosario Tomarchio, Rebecca MaisMaila Daniela TrittoBernadette Amanteha decretato 14 finalisti, resi noti attraverso la pubblicazione su facebook e su email.

Oggi, vi presentiamo i vincitori  della gara che riceveranno a casa una copia della raccolta di racconti horror dell’autore Pierluigi Curcio.

Tutte le opere partecipanti possono essere lette cliccando QUI.

FINALISTI

Sezione A, racconto breve

Luigi Gatti con “The Seeker”

Roberta De Tomi con “La sindone di Lena”

Simone Turri con “Morto”

Lodovico Ferrari con “O.D.I.A.”

Massimo Alvau con “Fu di nuovo notte.”

Loriana Lucciarini con “Il sussurro della morte”

Sharon Minchella con “Caleb”

Sezione B, poesia

Gabriella Pison con “Vampiri”

Tania Scavolini con “Incubo o realtà”

Elena Spataru con “Si fa rampicare”

Carmelo Loddo con “Memorie”

Augusto Leonelli con “Vivo”

Maria Antonietta Milia con “In Te”

Davide Rocco Colacrai con “Il ragazzo dall’anima color degli specchi”

 

VINCITORI

Luigi Gatti con “The Seeker”

RicTheSeeker l’aveva incontrata sul sito di foto: nella polla sorgiva del bosco amico, vestita in turchese, sguardo d’acqua che ti vede, poi travalica all’orizzonte, oltre il folto delle foglie.
SeventhKahlan sapeva ascoltare il ruscello, dal fragore delle cascatelle agl’intimi pensieri avviluppati tra le gole dei gorghi e trasportati lontano.
A piedi scalzi calpestava le foglie, nella stagione della riflessione, per raggiungere il posto dei pensieri profondi.

Poesia e metafora per molto tempo dimorarono nei loro messaggi come riflessi di stagno, idrometre e lobi di quercia: la natura segnava gli spazi coi ritmi leggeri del respiro.
Fata delle sorgenti, inconsistente fantasia… per anni Ric ne indagò l’identità, ma lei sempre risvaniva alla sua convinzione, presente e irraggiungibile.

Finché un giorno, verso Westland, Ric svolta d’istinto per una strada isolata, dove riconosce, di un bosco, luci e atmosfere…
Seguendo il rumore dell’acque ritrova il luogo degli incontri, le radici dell’abete sovrastanti la roccia col muso di coniglio e le altre forme, magiche, che la luce vivifica al cambiare angolazione.
Dietro le felci una piccola grotta; spostata una pietra, un biglietto di carta logora, una scritta: “Ho sussurrato il tuo nome alle acque che gorgogliano, poi a lungo ho aspettato.” Elisabeth – novembre 1875.

 

Roberta De Tomi con “La sindone di Lena”

Estrassi il lenzuolo dall’ultimo cassetto del comò. Profumava di lavanda e di abbracci ancora vivi, che ravvisavo nelle impercettibili pieghe della stoffa, scolorita dai lavaggi. Stesi quel pezzo di passato sul letto, su cui vidi le forme appena accennate, che mi fecero battere il cuore. Nel lenzuolo in cui aveva scontato gli ultimi giorni di malattia, Lena aveva lasciato la sua impronta. Il cellulare squillò. “Dottor Rossi, buongiorno”. Fissai l’appuntamento con lo psichiatra, il quarto, a due mesi dal funerale. Mentre interrompevo la chiamata, il flacone di Sereupin cadeva dal comodino, andando in mille pezzi. “Amore mio!” gridai. Un soffio mi sfiorò le labbra tremanti. Lena odiava i medicinali, diceva che per certe cose, le cure erano dentro di noi. Ma Lena, la mia Lena, sole fatto donna, era morta. Mi aveva abbandonato, mi aveva… Mi fermai. Strinsi la sindone a me. No, non mi aveva abbandonato. Lena era con me, sarebbe stata il mio sorriso, la mia luce. Sarebbe stata la mia vera cura.

 

Gabriella Pison con “Vampiri”

Kuang Shi….Nachzehrer
Aswang
Baital…..al…al…
la notte dei non morti
il potere del nome
scuote le anime e le membra
Algul
Talamur… Danag Jaracas…as…as…
Bianche le facce
Invisibili alle anime mortali.
Ombre dalle unghie adunche
Dal ghigno feroce in cui si confondono
Zampilli di sangue e voci con cui nessuno parla
Un soffio di vento nei capelli
E poi l’abisso in cui non c’è solo dolore
Ma nomi occulti che nessuno possiede.
Vourdalak….ak…ak…
Cuori e ventricoli senza testa
Calpestano le tombe per farle risorgere
Dall’oblio infinito
Per trasformarle in fantasmi
Senza colori e senza paradisi.
Varacolaci… Langsuir…ir…ir…
notti in cui ombre si confondono nelle ombre
in cui vagano uomini dal colore di cenere
e specchi che non riflettono volti,
ma gelide memorie di bambole decapitate.

 

Maria Antonietta Milia con “In Te”

Sempre ti accompagno.
Tu collezioni persone, parole, suoni, rumori, strade, finestre estranee
riempi il vuoto che ho creato aggiungendo inconsapevole altro dolore
Soffochi il mio grido, il rantolo, il rumore di denti putridi
mentre mastico incessante il sudario
della tua mente.
Non c’è luogo che ti sia rifugio
che tutto inaridisco
in te mi porti.
Ti striscio nel ventre
sarò lama che ti squarta.
Mi avvolgo attorno alle tue ossa
abbraccio perverso dalle spire laceranti.
Rodo i tuoi pensieri, i tuoi gesti, i tuoi attimi
tarlo brulicante nel marciume del legno.
Ti accarezzo con dita avvizzite che ripugnano
ma brami per il sollievo di segreta giustizia.
Il mio odore è la tua misura.
Zampe d’insetto risalgono membra paralizzate, madide, gelide
insinuandosi ovunque pertugio lo permetta.
Teschio cieco, coppa traboccante veleno
color rimorso e rimpianto.
Parole lamette accarezzano labbra morbide
vermiglio morte
mentre suggi il tuo stesso ferroso sangue grondante.
Rubo al sonno il tuo respiro,
fiato di schegge vitree incuneate
alito muto che non può raccontare,
gola strozzata da mani avide
unghie stritolanti nel tuo petto schiacciato.
Sipario lacero calato su uno spettacolo consumato
tetra giostra di fantasmi che girano all’infinito
clessidra di pietra dall’istante imprigionato.
Fame incessante, implacabile ripetere di me,
mi cerchi e nutri inconsapevole con ogni sussulto,
perché sei il mio cibo e nel pasto immondo ti consumo.
Ombre si apprestano accanto al tuo volto
ragnatele di ieri, cappio di domani.
Altri individui davanti a te
specchi come pozzi senza fondo davanti ai tuoi occhi
Temili!
Potrebbero guardare nel tuo buio e trovarmi.
Incapaci di vedermi e riconoscermi in loro stessi
assolvendosi
ti offriranno il veleno del giudizio, dell’accusa, del disprezzo.
Indossa quindi la tua lapide,
maschera ipocrita sul volto
seppellisci l’Anima, rinnega l’Essenza.
Tu mi sei madre e padre.
Padrone e schiavo.
Gabbia e chiave.
Tu esisti, vivi.
È la tua condanna
non c’è perdono né lacrima che possa purificarti davvero
lo sai.
Sentimi! Vedimi! Consumami! Trasformami! Lasciami andare!
Ti urlo il mio nome
aghi negli occhi
sparo di fucile
‘Colpa’!

 

I vincitori saranno contattati via email per l’invio del premio.

Complimenti ai vincitori, finalisti e partecipanti!

 

Info

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