“Il Capitale Umano”, film di Paolo Virzì: Premio Miglior Film al David Di Donatello 2014
Una parte della Brianza si è schierata subito contro, quando il film è uscito nelle sale, a gennaio. Ma il punto non è tanto la Brianza, o Como, dove il teatro Politeama non sono riusciti a salvarlo, quanto i derivati e il cosiddetto parco-buoi.
Chi sta di qua e chi di là dalla staccionata del nulla che costa ics, di quella Borsa che ogni mattina pare decida per noi, se dire sì, se dire no, se vivere.
Insomma, se un finanziere che non sa più come non dichiarare bancarotta, incontra per caso un immobiliarista sull’orlo del precipizio, una mano lava l’altra, e insieme potrebbero lavare la faccia. Almeno per un altro paio di giorni, fino a quando un incidente accomuna e avviluppa i loro destini attorno al ragazzo che perde la vita.
Il capitale umano è il risultato di un calcolo banale: quanti anni hai quando muori, quanto avresti guadagnato da lì, all’età di vita media stimata se tu non fossi morto. Fratto sei, moltiplicato per pi greco, ecco stabilito quanto vali. Quanto vale una vita, la tua.
A Virzì non piace banalizzare, lo avevamo già compreso con “Tutta la vita davanti” quando si schiera con i precari, in particolare i ragazzi reclutati per manipolare la gente, quando ancora si telefonava sulla linea fissa proponendo affari singolari. Ancora qualche altro film, e arriva nelle sale con “Tutti i santi giorni”, altro problema che scotta: i figli. Quando farli, adesso, domani, a comando.
Come spesso accade, probabilmente si è puntato di più su certi film che poi hanno avuto meno successo, e “Il Capitale Umano” ha le sembianze di un regalo inaspettato, fino alla statuetta esibita nella mano. Tanta lieta ammirazione per chi ama il cinema italiano che tocca l’animo senza scardinarlo, con quell’esibire attori che hanno già fatto di tutto e riescono ancora a innamorarsi di un ruolo, così come i giovani per la prima volta sullo schermo.
Una Valeria Bruni Tedeschi algida, sensuale, innamorata del teatro proprio per come ci suggerisce Oscar Wilde “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”.
La Golino, che dopo l’esordio come regista riappare qui con un ruolo che le s’incolla davvero molto; un Bentivoglio calato nel fallimento egregiamente, e nuovi volti che disegnano sui vetri, dalle sembianze schizofreniche ma dall’animo profondo e colmo di candore. Lodevole infine la scelta di suddividere il film in capitoli, durante la cui narrazione ciascun personaggio racconta il proprio punto di vista.
La piccola scultura – il David di Donatello – che per prima ha mostrato il nudo dagli anni del 1400, è tra le mani ora di Virzì, che rivolge senza alcun dubbio un grazie a Stephen Amidon, l’autore del libro dal quale si è liberamente ispirato per inscenare il film.
Insieme ci hanno trasmesso non tanto come si calcola il rateo che ingloba interessi e sconti del nostro valore in euro, quanto piuttosto come considerare davanti a ogni cosa, quel valore umanistico che tutti noi siamo: Il Capitale Umano.
Written by Daniela Montanari