“Omicidi in pausa pranzo” di Viola Veloce: c’è un serial killer in azienda

“Dove si è cacciato il badge? Quando ho timbrato, stamattina, mi sembrava di averlo messo nel portapenne, però ora non c’è. E sono già in ritardo, l’orologio segna le dodici e trentuno”.

Spesso il coraggio e l’intraprendenza vengono premiati. Se poi si aggiungono tenacia e una buona dose d’ironia, il gioco è fatto. È quanto è successo a Viola Veloce con il suo romanzo d’esordio “Omicidi in pausa pranzo”, edito da Mondadori e in libreria a partire dal 3 giugno 2014.

È uno di quei casi letterari nati in rete, che ha avuto successo grazie al passaparola dei lettori, un fenomeno sempre più frequente. L’autrice nel 2013 si era autopubblicata su Amazon e il suo ebook è stato per mesi in vetta alla classifica dei più venduti. Fino a quando è stata notata nientemeno che dalla casa editrice Mondadori. Il resto è storia.

La protagonista del romanzo è Francesca Zanardelli, un’impiegata milanese di 34 anni, che sta attraversando un periodo difficile, a causa dell’ex fidanzato Maurizio che l’ha tradita e abbandonata a pochi giorni dalle nozze.

Nonostante sia già passato del tempo, Francesca sembra non avere più voglia di vivere. È diventata apatica, senza più il coraggio di portare avanti le sue opinioni e vive nell’isolamento totale. Ha voluto volontariamente “sparire”, passando inosservata agli occhi della gente.

La sua soluzione per tutto sembra essere quella di mettersi a letto, tirarsi il piumone sopra la testa e non muoversi più. L’unica costante è il lavoro. Finché un giorno, al rientro dalla pausa pranzo, nei bagni dell’azienda scopre il cadavere della collega e compagna di scrivania Marinella Sereni.

Una quarantacinquenne odiata da tutti, per la sua scarsa attitudine al lavoro e soprannominata “Forforella” a causa della carente igiene personale. La donna è stata strangolata con una corda bianca e poi ricomposta in maniera ordinata, con le braccia incrociate sul petto, come fosse già pronta per entrare nella bara. L’omicidio getta nello sconforto gli impiegati dell’intera azienda, che temono per la loro vita. La polizia brancola nel buio, anche perché il killer è stato molto abile a non lasciare tracce.

Francesca diventa la principale testimone e da lì inizia una serie di avventure rocambolesche che porteranno alla cattura dell’assassino, che nel frattempo è diventato un vero e proprio omicida seriale. Francesca Zanardelli è figlia unica e ha dei genitori, Amedeo e Maria, che sono a dir poco due soggetti surreali.

Essi temono per la vita della figlia, e le consigliano di licenziarsi, ma Francesca è consapevole che avere un posto fisso rappresenti un privilegio tale da essere difeso con le unghie e con i denti. La madre è ossessionata dal fatto che la figlia, dopo la brutta esperienza, non riesca più a trovare marito. Il padre sarebbe più fatalista, ma è del tutto incapace di imporsi e finisce per assecondarla.

Esilarante la parte che vede i “botta e risposta” fra Francesca e la signora Giovanna, un’amica impicciona della madre, che si prodiga in maniera un po’ troppo invadente nella ricerca di un marito perfetto per la nostra protagonista.. Credo che la forza di questo romanzo verta su due punti chiave: ironia e normalità. L’ironia dell’autrice, sempre presente nei dialoghi e soprattutto nei pensieri di Francesca Zanardelli, strappa al lettore non poche risate. Nonostante nella ditta che i mass media chiamano “Azienda omicidi” agisca un serial killer, quella di Francesca è una routine che ben conosciamo.

L’opera descrive la realtà di tutti i giorni, vissuta da milioni di impiegati che tutte le mattine vanno in ufficio, e la sera rientrano stanchi nei loro appartamenti. È un’esistenza universale e condivisa, in cui ci si immedesima. Per questo, l’ironia prevale sul giallo. La Zanardelli è un’eroina dei nostri giorni, neppure troppo coraggiosa, almeno all’inizio della storia, e un po’ petulante nel suo continuo lamentarsi. Ma nel corso degli eventi, la vediamo riscattarsi.

A poco a poco inizia ad impossessarsi della sua vita, ad uscire dal torpore nel quale era caduta, e a prendere in mano le redini del suo destino. È proprio il caso di dirlo, che quando si è se stessi e non ci si nasconde, si è più apprezzati. Ottima prova d’esordio per Viola Veloce, con la quale mi complimento.

Omicidi in pausa pranzo” è un romanzo divertente, avvincente e ben scritto. Frutto, come conferma l’autrice stessa, di diverse operazioni di editing, un processo fondamentale per la buona riuscita di un libro. Sento di consigliare caldamente questo romanzo a chi, come me, considera il senso dell’umorismo l’arma vincente per sconfiggere le brutture della società.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

Info

Le immagini non sono riferite all’autrice del libro ma alle copertine dei suoi ebook prima che venisse rieditata da Mondadori la nuova versione.

 

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