“L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio”, l’ultimo libro di Haruki Murakami: il viaggio di un uomo
Sin dall’incipit di L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, l’ultimo libro scritto da Haruki Murakami e pubblicato da Einaudi, la narrazione − effettuata in terza persona − entra nel vivo del discorso. «Dal mese di luglio del suo secondo anno di università fino al gennaio seguente, Tazaki Tsukuru aveva vissuto con un solo pensiero in testa: morire».
In apparenza potrebbe sembrare il tragico epilogo di un romanzo che ha come protagonista un giovane uomo, eppure il tutto non si riduce a questo bensì è qualcosa di diverso.
Al centro si colloca la storia di Tazaki Tsukuru, un ragazzo come tutti gli altri che conduce una vita tranquilla a Nagoya con la famiglia e i quattro inseparabili amici. Sono persone comuni, ma agli occhi del ragazzo appaiono speciali poiché il nome di ognuno di loro indica un colore. È una sorta di patto implicito che a prima vista sembra sancire la loro amicizia. Solo il nome di Tazaki Tsukuru non indica alcun colore, e ciò fa sentire il giovane un po’ fuori dal coro. Da queste premesse pare che sia una tipica storia di amicizia e di relazioni ma, come spesso capita nei romanzi dello scrittore, emergono altri temi come la solitudine dell’uomo e l’irrompere del surreale sulla quotidianità.
Infatti, durante il secondo anno di università Tazaki Tsukuru riceve una telefonata dai suoi amici in cui gli comunicano, senza troppi preamboli, che non vogliono più vederlo. Sicché rimane fuori dal gruppo in cui per anni aveva trovato una sorta di rassicurazione. Egli non riesce a spiegarsi questa improvvisa e strana decisione, con il risultato di chiudersi in se stesso e di rifiutare la vita – in realtà la solitudine dell’uomo è un altro tema ricorrente nei romanzi di Murakami −, ma, dopo sei mesi trascorsi senza mangiare né uscire da casa, cercherà di riprendersi. Ciononostante scoprirà di essere profondamente cambiato. Giunto ormai alla soglia dei trentasei anni, conoscerà una donna che lo incoraggerà a risolvere i problemi che lo hanno tormentato per molto tempo. Di qui inizierà per lui una specie di «pellegrinaggio», appunto, alla ricerca del suo passato e del motivo per cui ha vissuto anni di solitudine.
In 260 pagine Murakami ripercorre la strada che l’ha portato a scrivere il romanzo Norwegian Wood (1987), che l’ha reso popolare. Tuttavia qui c’è un superamento. Infatti, con uno stile fluido – che talvolta sembra approdare nella liricità – l’autore si serve di nuovo dell’espediente metanarrativo per permettere al suo protagonista di crescere psicologicamente. Siamo quindi davanti a un romanzo di formazione in cui l’uomo non si arrende all’inevitabilità della vita, ma avrà la forza e il coraggio di riscattare se stesso. Così, si aprirà per lui una nuova strada fatta di speranza e forse di amore.
In realtà, Murakami ha spiegato la genesi del suo libro con queste parole: «Avevo iniziato a scrivere un racconto breve, ma in modo del tutto naturale si è trasformato in qualcosa di più corposo. Non è una cosa che mi accade di frequente, anzi era ai tempi di Norwegian Wood che non mi succedeva». È perciò impossibile non fare il paragone fra i due romanzi, in cui ritroviamo nessi con la musica classica, il jazz e il rock degli anni Sessanta. Di conseguenza, se Norwegian Wood è un omaggio all’omonima canzone dei Beatles, L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio è invece una vicenda in cui ritorna sempre la composizione per pianoforte di Franz Liszt, Anni di pellegrinaggio.
Tuttavia in entrambi i romanzi scopriamo alcuni flashback che facilitano la comprensione dei fatti accaduti e della psicologia dei personaggi, che Murakami approfondisce sempre con rigore logico; sviluppando inoltre un mondo in parte verosimile, poiché ci sono alcuni elementi che rendono certe parti del romanzo oniriche. Qui è in realtà presente un altro motivo ricorrente nella produzione dello scrittore. Ma anche gli stessi personaggi sembrano degli stereotipi utili a far emergere le varie caratteristiche della società.
Del resto, la nuova fatica letteraria dell’autore giapponese si distingue per la struttura coerente e misurata e uno stile fluido che contribuisce alla resa del romanzo. Per questo motivo taluni personaggi restano solo sullo sfondo, mentre altri − come Sara, la donna conosciuta dal protagonista – sono utili a far emergere i diversi lati dell’inconscio. In effetti, Tazaki Tsukuru è “un uomo che sembrava privo di personalità dalle caratteristiche spiccate”, e ancora “lui stesso quando si guardava allo specchio, si trovava irrimediabilmente noioso”. Seguendo quindi la citazione di Sigmund Freud per cui «la vita potrebbe essere molto interessante, solo se si sapesse e si capisse qualcosa di più», il protagonista è alla continua ricerca di spiegazioni utili affinché possa comprendere il suo passato per migliorare il suo presente. In tal senso non è solo un romanzo di formazione, bensì soprattutto di crescita interiore.
Dalla situazione attuale – i trentasei anni del protagonista − il tempo della narrazione si dilata, poiché vi è il ricorso ai flashback che servono ad aumentare la tensione degli eventi in cui affiorano i dubbi e le paure di un uomo che si è sempre sentito un po’ isolato dall’ambiente che lo circonda, con le sue rigide convenzioni e le abitudini che in parte non condivide. Sebbene lo scrittore non lo dichiari esplicitamente, la società in cui si svolge la sua storia è quella del dopo – tragedia dell’11 marzo 2011 – la fatidica data in cui un gigantesco tsunami si è abbattuto sulla zona della costa orientale del Giappone −, che è maggiormente pessimista e incapace di andare avanti.
Eppure il romanzo contiene altri elementi, oltre a quelli appena citati, che si ricollegano tutti al simbolismo. D’altronde, oltre ai nomi degli amici che sono abbinati a uno specifico colore – e perciò ai diversi lati della personalità −, è la stessa passione di Tazaki Tsukuru, quella per i treni, a essere molto simbolica. Infatti, se il treno è in movimento, rappresenta il viaggio alla scoperta del sé, mentre se è fermo, simboleggia una situazione statica in cui è impossibile evolvere. L’uomo sceglie di progredire e di migliorare la sua condizione poiché è dominato “dalla strana sensazione che il suo corpo stia subendo una totale metamorfosi”, e che quindi la sua vita stia cambiando.
Ancora una volta Haruki Murakami riesce a costruire un piccolo mondo intessuto di relazioni personali in cui il lettore può identificarsi e trovare, nel caso di L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, l’appagamento che probabilmente cercava già in Norwegian Wood. In fondo è lo stesso autore che con la sua scrittura si evolve, uscendo dal bozzolo della crisalide e cambiando la fisionomia di un epilogo pieno di speranza.
Written by Maila Daniela Tritto
Ottima Recensione! Brava Maila! :)
Devo aggiungere che mi sono molto rispecchiata in questa storia, anche perché è qualcosa che vivo anch’io, ma, a differenza di Tazaki Tsukuro, non ho mai smesso di mangiare, di seguire i miei sogni. E’ successo che, dopo alcuni eventi, ho smesso di fidarmi di tante persone. Nonostante questo dilemma, continuo ad andare avanti per la mia strada…. :)
Grazie! :) Penso che ognuno di noi possa identificarsi con il protagonista, poiché la vita offre eventi più o meno piacevoli. L’importante è cercare di andare avanti, proprio come fa lui. Anche questa volta lo scrittore riesce a comunicare bene con noi lettori e a trasmettere alla perfezione il suo messaggio.
De nada! ;) Hai perfettamente ragione. Mi sono identificata nei tre protagonisti di Norwegian Wood, nella protagonista de La ragazza dello Sputnik, etc. In tutti i libri di Murakami vi è una sorta di musica del silenzio, che ci porta a vivere queste storie come se fossero davanti ai nostri occhi. :)