“1948”, libro dello scrittore israeliano Yoram Kaniuk: gli ebrei vittime o carnefici?

1948 è un libro che dimostra che la scrittura ha infinite potenzialità.

Yoram Kaniuk dimostra che è possibile superare gli ostacoli ideologici più grandi.

Quando sono entrato nell’età delle domande, la coscienza mi ha posto, tra gli altri, il grande problema dell’antisemitismo. La seconda guerra mondiale aveva fatto esplodere una problematica nata secoli prima. Dunque ebrei vittime o carnefici? Mi sembrò da subito ovvio che scegliere in quel modo fosse di fatto un errore. Bisognava contestualizzare. Negli anni successivi al ’45 gli Ebrei hanno costituito lo Stato di Israele.

1948 racconta proprio di questo momento: l’autore ricorda la sua gioventù nell’esercito, in nome della fondazione di Israele. Ma già qui Kaniuk si pone domande fondamentali: come si può combattere per qualcosa che non si ha mai avuto, e che ottenere potrebbe modificare per sempre la caratteristica fondamentale del nostro popolo, ovvero la mancanza di uno Stato? Dietro questo fondamentale paradosso l’autore riesce a mostrare tutte le contraddizioni del caso storico.  Nessuna coscienza di sapere dove si va quando si è vittima recente di un olocausto. Incapacità di recuperare una propria dignità se la vendetta si attua verso una direzione diversa.

Gli storici tendono a sottolineare, oggi, proprio questo lato buio degli Israeliani, ad esempio, nelle commemorazioni per l’olocausto e ancor più nella guerra con la Palestina.

Kaniuk è in questo uno scrittore con le cesoie. Taglia una siepe che lascia vedere le cose in modo equilibrato, sulla situazione.

La cifra stilistica del suo romanzo, la sua scrittura rifinita e grezza che permette quest’operazione al contempo letteraria e storica,  è la continua riflessione sull’incompletezza della memoria: in questo modo lo scrittore non si lascia vincere da nessuna tentazione, e la tendenza generale di non cedere a uno o a un altro stereotipo storico-culturale garantisce la riuscita.

L’autore è isrealiano, e via via spiega che gli Arabi erano i principali nemici degli israeliani già prima della Seconda Guerra Mondiale, e spiega che il “furto” della terra e delle città è non è una giustificazione sufficiente né per gli Arabi, né per gli Ebrei. Insomma, la guerra è insensata, ovviamente.

Come è insensata la scena in cui Kaniuk ricorda l’ingresso degli Ebrei nelle città che occupavano le case appena lasciate dagli Arabi, entrando nella prima che trovavano libera e facendola diventare la propria, per sempre.

«Non sono sicuro di cosa ricordo per davvero, perché non mi fido della memoria. La memoria è furba e non possiede un’unica ed esclusiva verità. E poi che cosa conta sul serio? Una bugia che viene dalla ricerca della verità può essere più vera della verità. Tu pensi e un attimo dopo ricordi solo quello che vuoi. Avevo diciassette anni e mezzo, ero un bravo ragazzo di Tel Aviv finito in mezzo a un bagno di sangue. Sto cercando di pescare me stesso da dentro quel che mi pare siano ricordi».

 

Written by Alessio Barettini 

 

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