“Noi siamo la notte”: il nuovo libro di Giovanni Di Iacovo ci fa viaggiare nelle culture goth e industrial

“Don’t look don’t look/ The shadows breathe/ Whispering me away from you/ Don’t wake at night to watch her sleep.” – Burn, The Cure

 

Pezzo, questo dei The Cure, introdotto dal verso dei corvi – non a caso fa parte della colonna sonora di Il Corvo, film diretto da Alex Proyas e interpretato dal compianto Brandon Lee −, gli animali che per il loro aspetto sono da sempre associati alla notte e al mistero; simboli di una cultura che ha affascinato – e continua a farlo – scrittori, poeti e cantanti, appunto: la cultura goth.

Infatti, è di questo che parla Giovanni Di Iacovo nel suo nuovo libro Noi siamo la notte. Viaggio nelle culture goth e industrial (Galaad Edizioni, 2014), o meglio anche di questo poiché il suo è un affresco dell’esperienza vissuta a contatto con un movimento che ha vissuto in prima persona sia nelle città italiane (tra cui Roma, Bologna e Firenze), sia nel mondo (Londra, Berlino e Tokyo). Non si tratta, quindi, di un «saggio asettico», ci tiene a precisare lo scrittore, bensì di: «Un viaggio narrativo attraverso due culture musicali confinanti con la letteratura, il cinema, l’arte e la sessualità».

Tuttavia prima di addentrarci nel vivo del discorso, e conoscere gli scrittori e gruppi musicali che sono annoverati nel testo, è importante capire che cosa intende l’autore per cultura goth e industrial. Ebbene si tratta di due culture in continuo divenire, che hanno avuto diversi sviluppi secondo il Paese in cui sono state tramandate. Per esempio in Italia tutto ciò che era stato definito ‘dark’ corrisponde al ‘goth’, in altre parole a quel movimento nato nei primi anni Ottanta in Inghilterra e poi diffuso nel resto del mondo. Eppure esso ha radici ben più radicate nell’età vittoriana, sviluppato in diverse forme e altrettante declinazioni.

La parola gothic fu usata, per la prima volta nel mondo della musica, da Ian Astbury − cantante inglese, leader della band rock The Cult – per descrivere la performance del cantante Andi Sex Gand, leader del gruppo gothic rock britannico: Sex Gang Children. In seguito altre band hanno contribuito allo sviluppo del genere. Infatti, fra i massimi esponenti ci sono i Joy Division – dei quali avevo parlato a proposito degli U2, che prendono ispirazione dal cantante Ian Curtis −, i Siouxsie and the Banshees, i Bauhaus e i già citati The Cure. Eppure, Giovanni Di Iacovo annovera altri gruppi che hanno contribuito a diffondere il genere compreso nella corrente new wave. Così oltre alle band che sono state elencate prima, se ne aggiungono altre come i Sisters of Mercy, The Damned, i Fields of the Nephilim e perfino gli italiani Diaframma, i Neon e i primi approcci alla musica da parte dei Litfiba.

Sebbene i The Cure siano stati inseriti in questo filone, essi hanno sempre cercato di allontanarsi dall’etichetta «goth» – lo stesso atteggiamento lo hanno avuto i Sisters of Marcy. Tuttavia, il sound delle loro canzoni − espresse con un particolare tipo di vestiario, rigorosamente «all black» – ha influenzato uno stuolo di giovani che si sono lasciati trasportare dall’immagine che la band inglese ha dato di sé. Ciononostante i The Cure sono considerati come un gruppo post-punk, che pure hanno avuto una fase dark con l’ingresso del tastierista Matthieu Hartley il quale ha contribuito a rendere cupi i toni delle canzoni contenute nel secondo album Seventeen Seconds pubblicato il 22 aprile 1980.

Da questo momento in poi è necessario definire i due generi: il goth e l’industrial. La domanda che si pone l’autore del libro è: «Che ci azzeccano fra loro?». Non molto, in effetti, poiché il primo usa strumenti musicali veri, mentre il secondo adopera tappeti sonori artificiali; il primo si concentra su atmosfere tetre e cupe, mentre il secondo è più sperimentale ed elettronico. Di qui la volontà dell’autore nel classificare il genere industrial, che lo definisce come ‘il nuovo punk’.

L’industrial, dunque, è un movimento sorto come provocazione artistica, musicale, politica e sessuale degli anni Settanta ed è stato coniato dalla band Throbbing Gristle il cui slogan recita: Industrial Music for industrial people. In realtà, l’industrial si suddivide in diversi sottogeneri musicali quali: industrial/experimental, electro-industrial, industrial rock e, infine, post-industrial. I gruppi sono diversi, ma è possibile annoverare fra i più conosciuti i Cabaret Voltaire, Covenant, Hocico, Rammstein, Minstry, White Zombie e Rob Zombie, Marilyn Manson, Nine Inch Nails, Suicide, Current 93, Deth in June e altri che hanno partecipato al fenomeno della controcultura.

È nel pieno di questo fenomeno, sia antropologico sia sociologico − originato dai movimenti di contestazione dei giovani americani e in seguito degli europei −, che ha vissuto Giovanni Di Iacovo. Egli, perciò, ci accompagna in luoghi socioculturali diversi fra loro e ci fa scoprire locali storici e festival del genere. Conosciamo, quindi, la storia di un ragazzo che è ammaliato da un mondo fantasioso e misterioso, che tanto fa pensare alla vasta produzione cinematografica di Tim Burton. D’altronde, anche la filmografia del regista è inscrivibile nel genere goth. Si pensi, infatti, a Beetlejuice – Spiritello Porcello (1988), Edward mani di forbice (1990), Il mistero di Sleepy Hollow (1999) e i più recenti La sposa cadavere (2005), Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007), Dark Shadows (2012) e Frankenweenie (2012). Film che ricordano i romanzi di autori come Howard Philips Lovecraft e Edgar Allan Poe.

In effetti, Giovanni Di Iacovo abbina alle recensioni degli album – suddivise secondo il periodo in cui sono stati concepiti – una vasta bibliografia che definisce come ‘letteratura notturna’. Pertanto, egli suggerisce la nota suddivisione fra la letteratura gotica inglese e americana – che ha influenzato notevolmente la musica goth − e la letteratura distopica portata in auge da autori come George Orwell e Aldous Huxley, che qui è associata alla musica industrial.

Di conseguenza, sono elencati romanzi come Frankenstein di Mary Shelley, Dracula di Bram Stoker, Carmilla di Sheridan Le Fanu, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson, Il ritratto di Dorian Grey di Oscar Wilde, Il fantasma dell’Opera di Gaston Leroux, i noti miti di Cthulhu del già citato Lovecraft – che hanno portato i Metallica a scrivere una canzone −, e la più recente saga Il Ciclo di Sookie Stackhouse scritta da Charlaine Harris – da cui è stata tratta la famosa serie televisiva statunitense True Blood, creata da Alan Ball −, il ciclo di romanzi The Vampire Chronicles – da cui è stato tratto il famoso film Intervista col vampiro − e i romanzi dell’italiana Barbara Baraldi come Lullaby, Scarlett e Striges.

La letteratura gotica è talmente vasta che un solo articolo non basterebbe, ma anche quella distopica e cyberpunk non è da meno. Infatti, nel libro di Di Iacovo sono ricordati romanzi come: La notte che bruciammo Chrome, Monna Lisa cyberpunk e Neuromante di William Gibson, Un oscuro scrutare di Philip K. Dick e Cyberpunk di Bruce Bethke, che è il capostipite della definizione ‘cyberpunk’. Se i romanzi di genere gotico hanno influenzato il vasto filone della musica goth, il genere distopico ha invece ispirato gruppi come gli Iron Maiden, ma anche i Minstry, i Throbbing Gristle e tutti gli altri che sono stati citati finora.

Di questo e molto altro parla Giovanni Di Iacovo in Noi siamo la notte. Si tratta, infatti, di un viaggio alla scoperta dei generi ancora oggi diffusi non solo tra milioni di ragazzi, ma anche fra quegli adulti che hanno vissuto i diversi cambiamenti socioculturali. Il libro è quindi dedicato a tutti quelli che apprezzano la cultura goth e industrial, e a chi si avvicina per la prima volta a questo mondo fatto di “suoni costruiti da strumenti veri vs tappeti sonori artificiali, lente danze fascinose vs vorticosi cyberacrobati, non morti vs post-umani, pizzi neri vs tute fluo, tulle vs latex, occhi truccati vs maschere antigas, lenti a contatto bianche vs occhiali da saldatore, Nosferatu vs Matrix”. E come dice anche l’autore, alla fine del volume: «Lunga vita al rock’n’roll».

 

Written by Maila Daniela Tritto 

 

 

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