“Uzumaki Spiral”, film di Higuchinsky: un’opera tra le più opprimenti dell’intero horror giapponese
Tratto dal celebre e surreale manga del maestro Ito Junji (il Lovecraft del Sol Levante, come è stato più volte definito), Spiral riesce, con una notevole originalità, a riproporre, con intelligenza e inattesa efficacia, il feroce straniamento delle tavole disegnate.
Higuchinsky è davvero abile, in questo senso, a mantenere intatta la misura, per quanto il film sia pirotecnico e visivamente molto vivace, di una storia particolarmente folle, realizzando alla fine un’opera tra le più opprimenti e, a conti fatti, cupe dell’intero j – horror, a cui, nella sostanza, il film appartiene, nonostante si discosti in maniera piuttosto netta da quelli che sono considerati gli stereotipi propri del genere.
Spiral è soprattutto un film bellissimo, che fa della forza delle immagini la sua arma di fascinazione: con una fotografia potente e spesso virata al verde, lunghe carrellate di circolari (a richiamare la spirale – uzumaki, in giapponese – segno e simbolo a cui tende l’intero film) e una quantità di dettagli gore decisamente bassa ma utile a scandire il ritmo, la pellicola di Higuchinsky, nonostante una forte cripticità, appassiona e contemporaneamente spiazza, precipitando lo spettatore in un incubo folle da cui però non si vorrebbe mai svegliare.
È dotato di una sorta di forza ipnotica, il film di Higuchinsky, con le sue spirali che compaiono improvvisamente sullo sfondo, con la sua storia eccentrica e il suo finale aperto.
Non a caso Higuchinsky, infatti, in linea con la migliore lezione del j – horror, spiega poco o nienete nel corso del film, lasciando che sia lo spettatore a colmare i vuoti, con i propri terrori intimi, e si limita ad alludere e a suggerire, lasciando che la storia si incanali in soluzioni inattese, non lineari, in un certo senso incompiute, che alla fine frustrano le attese dello spettatore, senza confermarne alcuna aspettativa, e perciò permanendo nel suo immaginario.
Non appaia, però, tale espediente, una comoda scorciatoia per riempire voragini narrative, buchi di sceneggiatura o mancanza di idee, perché in realtà Uzumaki ribolle di idee a dimostrazione del grande magmache si agita sotto la crosta del j – horror più conosciuto.
Spiraliforme anche nella sua struttura narrativa e linguistica, con una trama che si avviluppa progressivamente e progressivamente si avvicina al centro della spirale, il film ci propone nuove soluzioni ad ogni anello concentrico, fino a che, raggiunto il cuore della spirale attraverso un climax sempre più denso di alterità, si torna ad un nuovo inizio.
Higuxhinsky è talmente bravo nel dipanare le concatenazione della trama attraverso soluzioni linguistiche e di messa in scena funzionali ed efficaci, nonostante siano spesso distorte, grandangolari, sbagliate e grottesche, da rendere plausibili situazioni e personaggi che non lo sono affatto, collocandoli in una sospensione talmente comune (nel senso di condivisa) da divenire normale e logica.
Uzumaki è un film divertente e divertito, che riesce a trasporre il manga omonimo da cui è tratto, e contemporaneamente risulta raccapricciante e inquietante, e poi ancora psichedelico, contorto, incredibile, innovativo e oscuro.
Siamo storditi dalle innumerevoli e sempre più frequenti apparizioni delle spirali, mostrate in maniera quasi subliminale, sottile, come fosse un difetto di vista o un effetto ottico, senza che, in realtà, esse si sostanzino nel rappresentare una metafora di alcunché, restando inspiegabili e inspiegate, contribuendo a rendere il film ancora più inquietante e disturbante.
Written by Alberto Rossignoli
http://youtu.be/m3o0nMG54Wc
Bibliografia
M. Lolletti – M. Pasini, “Storie di fantasmi. Il nuovo cinema horror orientale”, Foschi Editore, Forlì 2011.