“Anime frastagliate”, raccolta di Giuseppa Sicura: cancelli e muri chiudono possibili scorciatoie di senso

Di Giuseppa Sicura, autrice siciliana di Ferla, ma da oltre un trentennio residente in Sardegna, avevo già letto la raccolta Muri di pietra, Grafiche del Parteolla 2011, restando colpita dalla capacità d’uso d’una parola netta, dritta al cuore delle cose, siano immagini mentali, sentimenti o luoghi fisici. Passeggiavo agilmente tra le righe in una Sicilia amata e sempre presente in ogni verso.

La lettura di Anime frastagliate, invece, pone il lettore nell’impegnativa posizione di accompagnare l’autrice in un lungo e articolato percorso tutto condotto sul sottile filo di confine tra razionale spirito di ricerca e libera speculazione, da un lato, dogmatismi dall’altro.

La giovanile smisurata fiducia nella ragione ha ormai le armi spuntate dall’esperienza di lunga, estenuante tenzone; non si può più dare ricerca di verità assolute, le cui assiomatiche risposte non fanno altro che eludere le domande fondamentali dell’individuo (Vento filosofale e Sciami di parole). Così la parola si ribalta, come pure lo sguardo speculativo, appena osi riaffacciarsi sull’immobile vastità (Acrobata dell’anima).

Quegli orizzonti che l’anima, nella sua parte speculativa e razionale non sa superare, li varca la natura, icasticamente fotografata nell’azzurro del mare. Solo lo spettacolo della natura sa dare quell’emozione intensa e profonda, di Romantica memoria, capace di aprire nuove vie, in un senso quasi panico, ove la stessa poetessa si sente albero nel bosco. Senza incantesimi, senza illudersi che il tempo possa mutare i rapporti oppositivi tra materia e spirito, luci e ombre, sogni e progetti seminati contro frutti dal sapore sempre acido.

Così l’anima-poetessa, essenza cosciente, in opposizione al corpo e alle sue leggi, indifferente al mondo, quasi si fa beffe di ogni opposizione, stridore, smacco: in fondo Che importa? (All’ombra della vita).

Pur tuttavia, corpo e anima in continua tensione partecipano della vita e camminano insieme. Ragione e sentimento, logica e fantasia, da un lato cercando un senso al vivere quotidiano entro i modi e i tempi storici, dall’altro tentando di fuggire per quelle strade oltre l’orizzonte. Puntuali cancelli e muri arrivano a chiudere gli accessi a possibili scorciatoie di senso. Così il campo semantico legato all’illusione è in assoluto il principale protagonista, poiché essa illusione è ineluttabile, come insopprimibile sussiste la spinta indagatrice attorno ai dubbi esistenziali (La mia penna). Allora il cuore si fa fucina e il canto preghiera. Solo l’annullarsi, divenire uno con la natura, fa disperdere gli usuali e affannati pensieri e si può correre senza meta. Sono attimi di intima profonda esperienza di infinito, l’unica possibile, in pausa dalla vita. Perché la vita altro non concede che scontrarsi in assoluta solitudine con granitiche verità e null’altro resta se non rassegnarsi a finzioni, in una vita inautentica.

Ciò nonostante l’Io-Anima-Giuseppa non è sconfitto in senso assoluto, ma rivendica la dignità di un’indomita volontà di navigazione solitaria. Certa è la morte, senza drammi e l’autrice scioglie le sue accuse contro i poteri della storia, l’uso e consumo di uomini, donne e bambini che ciclicamente si ripete nel tempo, senza fine. Emblema della condizione dell’uomo nel mondo, secondo la visione di GS è Verso traguardi illusori.

Così l’autrice lotta contro la storicità includente e opprimente della vita, contro le guerre, i soprusi, le violenze di ogni sorta, specie nei confronti dell’infanzia, come pure contro un dio, quale che sia:Il tuo sonno millenario / m’inquieta e mi ferisce. Così (Sonno millenario) l’immaginazione poetica crea la risposta divina, distaccata, quasi irridente, ai quesiti e alle lamentele dell’anima umana.

Ma in fondo, in un’ottica che è spesso nella nostra autrice da leggersi rovesciata, il consiglio del dio corrisponde almeno in parte a quello che GS sostiene in alcune pieghe dell’opera:

(…) Non aggrovigliarti indagando

su colpe e giustificazioni

non cercare pene né consolazioni (…)

Si deve vivere nel male nonostante tutto, portando il proprio bene con opere e parole contagiose ricamate d’allegria./ Saranno il virus di una nuova / rivoluzionaria epidemia.

Realismo, ironia e sarcasmo s’inseguono e s’incrociano continuamente sostenendo il tono d’un discorso che, diversamente si sarebbe potuto appiattire, su monotoni toni desolati. Non è questo, invece, né il ritmo né lo stile né il senso del discorso poetico di GS. Tutto è continuamente mosso e commosso in quell’anima frastagliata:

se queste lacrime sono necessarie

per salire la scala che conduce al cielo

(…) piangiamo (…)

Lacrime contagiose piovono

e per mille uomini che piangono

altri mille stanno a guardare (…)

Al perché del dolore non c’è risposta; è la vita che ruba l’anima. Si può solo tentare d’ingannarla, divenuti scaltri di ciò e, consapevoli, invertire le parti. È un gioco continuo di equilibrismo, camminando tra la cenere del falò e gli slanci volitivi di un’anima in lotta per la libertà.

Tutta la vita si rigira tra sogni e aspirazioni, amarezza, indignazione che si traduce in urlo. Così mentre l’anima si contorce (…) il cuore sputa / sfrigola (…) unica opzione! Cambio di rotta / alla ricerca di un nuovo / domicilio / (…) In periferia (…)

Quale sia realmente questo domicilio lascio ai lettori cogliere e ben interpretare ché credo non sia da ritenersi, alla luce del tortuoso e spesso bidirezionale o ciclico percorso attraverso le sfaccettature di una tra le tante anime frastagliate che viaggiano nel mondo, in modo letterale univoco e rassicurante, ma si apra alle mille vie che le sfaccettature infinite d’anima sapranno intraprendere.

Written by Katia Debora Melis

Note sul libro

Autrice: Giuseppa Sicura

Titolo: Anime frastagliate. Poesie

Prefazione e postfazione di Bianca Mannu

Editore: Youcanprint

Anno: 2013

Codice: 978-88-91118-79-0

Prezzo: 10 €

 

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