“Natale” poesia di Giuseppe Ungaretti: lasciatemi così
“Natale”

“Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare”
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è stato un poeta e scrittore italiano.
L’amore per la poesia nacque durante questo periodo scolastico e si intensificò grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo.
Giuseppe Ungaretti ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata ed una badante argentina.
Attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all’abbonamento a La Voce, alla letteratura italiana: inizia così a leggere le opere, tra gli altri, di Rimbaud, Mallarmé, Leopardi, Nietzsche, Baudelaire, quest’ultimo grazie all’amico Moammed Sceab.
La poesia ivi presentata dal titolo “Natale” è stata scritta a Napoli, esattamente il 26 dicembre del 1916, per la ricorrenza di Santo Stefano. I versi, brevi ed incisivi, mostrano il tipico riflettere del poeta che alla moltitudine preferisce la solitudine. Il focolare diventa oltre che misterico un compagno con il quale discorrere di eterno.
In apparenza serena, ma trasuda smarrimento e angoscia. Forse voglia di morte. L’Italia era in guerra. Da una trincea all’altra non si aveva voglia di sparare. Talora si fraternizzava. Nella fredda trincea si moriva di fango e di freddo, prima ancora che di baionetta.
io ci vedo la solitudine della sofferenza(perché il dolore è personale) e la stanchezza del vivere e l’abbandono come supplica all’intimo raccoglimento .Un grido di dolore addolcito dalle parole.
Natale, di Ungaretti.
Avvertimento della complicatezza del mondo, stanchezza di essa e desiderio di fuga. Nell’ultima strofa, dimostrazione del fatto che la semplicità del vivere ha un fascino anch’essa e può senz’altro bastare alla vita.
Al suo vecchio padre, di Salvatore Paolino.
C’era una luna
senza volto
e stelle assonnate
senza alcuna voglia
amori assopiti
senza tempo
speranze vane
ormai
dentro il tuo cuore
spento.
Operazioni di poesia:
In vecchiaia la natura muta, si distoglie, disfa la bellezza del mondo e inquina l’immaginare. Le illusioni, che della vita son motrici, si ripiegano su se stesse come fiori appassiti. Anche i desideri si disseccano insieme alle speranze e alle voglie d’amore, che fuoriuscendo dal tempo abbandonano il cuore, che ne rimane spento.